Migliaia di persone sono scese in piazza questa mattina a Taranto per chiedere al governo di intervenire e salvare il polo siderurgico dell’ex Ilva dall’ipotesi sempre più concreta di fermata degli impianti.
Una grande giornata di mobilitazione quella di oggi (29 gennaio), che riguarda l’appalto, che parla a tutta la città, al territorio, e rivendica la questione ambientale, occupazionale e di rilancio industriale di questo stabilimento.
L’Ilva è l’acciaieria più grande d’Europa. Il suo stabilimento maggiore, quello di Taranto, nato nel 1961, ha creato diversi problemi. Le emissioni inquinanti del sito produttivo hanno causato negli ultimi decenni la morte di un numero molto elevato di operai e di abitanti della città pugliese.
È essenziale intervenire nell’immediato attraverso un rilancio pubblico dello stabilimento per garantire una transizione ecologica e sociale del polo dell’ex-Ilva. Noi, come Fiom e come Cgil, abbiamo lanciato da tempo una sfida: occorre fare tutte le attività di bonifica necessarie per rilanciare la siderurgia e per evitare la contrapposizione di due diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione, il diritto alla salute e il diritto al lavoro. Entrambi questi diritti possono camminare insieme”.
La situazione in cui versa attualmente lo stabilimento siderurgico di Taranto era già prevedibile. Infatti, era del tutto evidente che la cattiva gestione degli impianti e le conseguenti problematiche ambientali avrebbero portato all’attuale situazione di criticità che rischia di diventare irreversibile sia per la continuità produttiva che per il processo di transizione ecologica”. Lo dichiara in una nota Francesco Brigati, segretario generale Fiom Cgil Taranto.
È necessario archiviare immediatamente la stagione di Arcelor Mittal e affrontare il futuro, che non può passare per il fermo degli impianti e la collocazione in cassa integrazione dei lavoratori. L’acciaio e la decarbonizzazione si fanno con le persone che lavorano, tutelando la salute e l’ambiente”.
La multinazionale indiana aveva sottoscritto nel 2018 un accordo con l’allora ministro Calenda per assumere il controllo parziale dell’acciaieria ‘affittando’ l’acciaieria e obbligandosi a procedere in seguito alla sua acquisizione.
Il mancato scudo penale proposto dal governo Conte sui danni ambientali dell’acciaieria hanno però fatto allontanare l’Arcerol-Mittal.
La conseguente incertezza giuridica e operativa del mega stabilimento tra investitori stranieri in fuga (con il portafoglio clienti) e commissari del governo, ha ulteriormente e significativamente compromesso la capacità di effettuare necessari interventi presso Ilva e di gestire lo stabilimento di Taranto.
Le migliaia di lavoratori dell’azienda e del suo indotto chiedono ora una risposta al governo.