COMMENTI: L’edizione 2024 degli Stati Generali della natalità di Roma ha visto un gruppo di universitari contestare il Ministro della Famiglia Eugenia Roccella per la presenza di associazioni di aiuto alla vita negli ospedali dove si pratica l’aborto.
“Gli Stati generali della natalità” sono un evento annuale a Roma, che dichiara di voler affrontare le problematiche demografiche italiane. Quest’anno l’iniziativa si è svolta nell’Auditorium di via della Conciliazione, trattando le politiche di welfare a sostegno delle famiglie, equilibrio tra lavoro e vita familiare e accesso all’abitazione per le giovani coppie.
Secondo le proiezioni Istat, nel 2050 gli anziani supereranno di gran lunga i giovani, mentre il numero delle nascite continuerà a diminuire.
L’edizione degli Stati generali 2024 è stata caratterizzata da una contestazione verso la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella.
La ministra non è riuscita neanche ad elaborare il suo intervento quando un gruppo di studentesse e studenti dalla platea ha gridato “Vergogna, vergogna!” esibendo cartelli di protesta.
Una ragazza è stata poi invitata sul palco, dove ha letto un comunicato di contestazione alle politiche familiari del governo Meloni: “Sui nostri corpi, decidiamo noi“. Di fronte a questa situazione, Roccella ha abbandonato il palco.
“Non si è trattato soltanto di una censura verso di me o verso il governo, ma di una profonda ostilità verso la maternità e la paternità” ha commentato la ministra dopo aver abbandonato il palco della manifestazione.
La contestazione fa riferimento all’ultimo disegno di legge che permette alle associazioni pro-vita e anti-abortiste di entrare nei consultori ed è stata organizzata da una cinquantina di attivisti di collettivi studenteschi come Collettivo Transfemminista, Aracne e Collettivo Artemis.
L’atteggiamento censorio degli studenti de’ La Sapienza, Università fondata da Papa Bonifacio VIII e avente come stemma un cherubino, ricorda il loro rifiuto ad accogliere nel 2008 Benedetto XVI per l’inaugurazione dell’anno accademico.
Il discorso del Papa fu pubblicato successivamente dagli organi di stampa soprattutto laici. Si capì da subito che i suoi oppositori erano poco onesti intellettualmente e che si erano lasciati guidare da un pregiudizio anticlericale.
Quel giorno, era il 17 gennaio 2008, fu il mondo della scienza a perdere un’opportunità e l’università italiana non se ne uscì bene come immagine a livello internazionale.
Si scadde nel laicismo bigotto o nel fondamentalismo laicista.
Una citazione di Evelyn Beatrice Hall, attribuita erroneamente a Voltaire, dice infatti: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo».
È chiaro che la censura al ministro Roccella è la risposta alla censura della RAI a Scurati, così come il diritto all’aborto immesso nella Costituzione francese è la risposta alla cassazione della sentenza Rode vs Wade. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria avrebbe detto il buon Newton nel terzo principio della dinamica.
In questa querelle e nella successiva passerella tra i messaggi istituzionali di solidarietà o di “ben ti sta”, occorre ricordare che Eugenia Roccella proviene da un passato nel movimento radicale nel quale fu una convinta abortista.
Decenni più tardi, in rottura con Marco Pannella, conobbe una revisione politica e ideologica assumendo posizioni diametralmente opposte al passato e spostandosi verso il centrodestra berlusconiano.
Il ministro Roccella, quindi, conosce bene le istanze dei suoi giovani contestatori con i loro limiti e contraddizioni.
La prima rivendicazione è quella della libertà.
Sappiamo che una donna non decide mai a cuor leggero di interrompere volontariamente la gravidanza e che spesso, una decisione che le peserà in coscienza per tutta la vita, è imposta dall’esterno: compagno, “facciata sociale”, disagio economico, lavoro…
La vera libertà è fare sempre la scelta migliore e non delegare una decisione fondamentale alla situazione contingente.
In secondo luogo, è ritornato lo slogan dell’autodeterminazione sul proprio corpo, lo stesso che proprio l’allora giovane Roccella inneggiava nei cortei degli anni Settanta: “L’utero è mio e lo gestisco io”.
Il problema di fondo dell’intero dibattito sull’aborto è che non si tiene conto del fatto che il feto ha un’identità che prescinde da quella della madre.
Nessuno ha diritto di sopprimere una persona già autentica con potenziale di sviluppo, perché il feto è “uno di noi”, così come recitava uno slogan del Movimento per la Vita.
La polarizzazione politica Destra-Sinistra è poco pertinente all’appropriazione della difesa della vita.
Il capitalismo selvaggio e l’edonismo generano le condizioni culturali per la promozione dell’aborto.
Il “proletariato” dovrebbe invece considerare, fedele a Marx, che il fattore umano e quindi il lavoro, insieme al capitale e alla terra è indispensabile allo sviluppo.
La priorità del “come” i nostri figli vivranno, sul “quanti ne saranno”, che le associazioni universitarie pro-choice promuovono, è un sofisma che produrrà un disagio sociali alle generazioni attuali di adulti e all’esigua risorsa umana giovanile di domani.
Un’Italia che invecchia e si impoverisce meritava in questo momento una politica bipartisan sulle questioni della natalità e della famiglia che invece ha trovato un centrodestra impreparato e un centrosinistra poco strategico.
Papa Francesco invitato all’evento ha raccontato di uno studioso di demografia che gli ha detto: “In questo momento gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e gli anticoncezionali. Uno distrugge la vita; l’altro impedisce la vita”.
La vita umana non è un problema, è un dono. Il problema del nostro mondo non sono i bambini che nascono: sono l’egoismo, il consumismo e l’individualismo, che rendono le persone sazie, sole e infelici