Nel discorso rivolto ai docenti dell’Università Cattolica di Leuven, Papa Francesco invita il mondo accademico a riscoprire la propria missione fondamentale: “Allargare i confini della conoscenza”. Questo non si riferisce solo all’accumulo di nozioni, ma alla capacità di rendere la formazione uno spazio vivo e aperto che sappia parlare alla vita concreta. La conoscenza, infatti, non è mai fine a sé stessa e non deve trasformarsi in un tecnicismo sterile o in una realtà isolata dalle sfide del mondo.

Il pericolo delle “cattedrali nel deserto”

Il Papa, con il suo stile diretto e profetico, mette in guardia contro la tendenza delle università a diventare delle “cattedrali nel deserto”. È un’immagine potente che descrive le istituzioni accademiche che, sebbene piene di cultura e sapere, rischiano di essere scollegate dai bisogni reali della società e dell’uomo. Francesco richiama invece a un approccio diverso: l’università deve essere un luogo propulsore di idee, un contesto dove si formano persone capaci di progettare il futuro e interpretare il presente con uno sguardo critico e propositivo.

Tra pensiero debole e razionalismo senz’anima: due rischi opposti

Il Santo Padre individua due pericoli che minacciano la cultura contemporanea e che rischiano di manifestarsi anche nel mondo universitario: da un lato, il “pensiero debole”, che rifiuta la verità in nome del relativismo, e dall’altro, il “razionalismo senz’anima”, che riduce l’uomo a un essere meramente materiale, limitato a ciò che è quantificabile e misurabile. In entrambi i casi, osserva il Papa, il pensiero si restringe, perde la capacità di stupirsi e diventa incapace di affrontare le grandi domande esistenziali: “Perché vivo? Qual è il senso della mia vita?”. Questa perdita di slancio intellettuale, afferma Francesco, conduce a una paralisi culturale, dove la passione per la verità viene sostituita dall’apatia o dalla chiusura dogmatica.

Allargare i confini: la preghiera di Iabes come ispirazione

Per contrastare questa tendenza, Papa Francesco propone l’esempio biblico di Iabes, figura poco nota ma significativa del Primo Libro delle Cronache, che prega Dio dicendo: “Se tu mi benedicessi e allargassi i miei confini” (1 Cr 4,10). È un’immagine che incarna il desiderio umano di uscire dalle chiusure, di aprirsi a nuove possibilità e di entrare in spazi più ampi e accoglienti. Questo è il compito dell’università: diventare uno spazio aperto per l’uomo e per la società, allargando i confini non solo della conoscenza, ma anche della solidarietà e della compassione.

Un ruolo profetico per le Università cattoliche

In modo particolare, Papa Francesco sfida le Università cattoliche a non rinunciare alla loro identità evangelica. Esse sono chiamate a portare nel mondo accademico il “lievito, il sale e la luce del Vangelo”, come dice il Papa citando la Costituzione apostolica Veritatis Gaudium. Non si tratta di creare enclave di pensiero confessionale, ma di essere “lievito buono” in una società frammentata, promuovendo una cultura dell’inclusione, della giustizia e dell’attenzione ai più deboli.

Un faro di speranza e di dialogo

Alla fine, il messaggio del Papa alla comunità universitaria di Leuven è un invito a essere protagonisti nel costruire un futuro di speranza, dove l’educazione diventa uno strumento di crescita e di trasformazione. “Siate inquieti, cercatori della verità”, esorta Francesco, perché solo così l’università potrà continuare a essere quel “roveto ardente” che permette alla presenza di Dio di illuminare il mondo con la luce della verità e della speranza.

Le parole del Papa ci ricordano che l’università, lungi dall’essere una torre d’avorio, deve rimanere uno spazio vivo, in grado di dialogare con le sfide contemporanee e di promuovere una cultura che non escluda nessuno, allargando costantemente i propri confini.