Jerry Fodor, uno dei più eminenti filosofi del XX secolo, ha sviluppato una teoria innovativa sull’architettura della mente che ha ridefinito il panorama delle scienze cognitive. La sua Teoria Rappresentazionale-Computazionale della Mente postula che la mente funzioni come un sistema che elabora rappresentazioni mentali attraverso processi computazionali. Secondo questa visione, ogni stato mentale – credenze, desideri o percezioni – è una relazione con rappresentazioni interne che possiedono proprietà semantiche definite. Le rappresentazioni mentali, per Fodor, non sono entità astratte ma strutture fisicamente realizzate nel cervello, dotate di un linguaggio simbolico innato noto come Linguaggio del Pensiero. Questo linguaggio, che Fodor descrive come un “mentalese”, è una struttura simbolica che consente l’elaborazione ricorsiva e combinatoria di concetti, rendendo la mente capace di generare pensieri produttivi e sistematici.
La sua Teoria integra il funzionalismo, un approccio che definisce gli stati mentali in termini dei loro ruoli causali piuttosto che della loro natura fisica. Nel merito tale pensatore critica il comportamentismo, dominante nella psicologia del primo Novecento, per la sua incapacità di spiegare la complessità dei processi mentali senza ricorrere a stati interni. Attraverso il funzionalismo, Fodor supera la dicotomia cartesiana tra mente e corpo, offrendo una visione compatibile con il materialismo scientifico. L’ipotesi del “Linguaggio del Pensiero” è centrale per spiegare la capacità della mente umana di rappresentare il mondo esterno e di rispondere a esso attraverso regole computazionali che manipolano simboli con una semantica ben definita. In questa prospettiva, pensare che “l’erba è verde” equivale a intrattenere una relazione con una rappresentazione simbolica che porta quel significato, una relazione che rispetta regole sintattiche e semantiche rigorose. Questo modello ha influenzato non solo la filosofia della mente ma anche discipline come l’intelligenza artificiale e la linguistica computazionale, fornendo una struttura teorica per comprendere i meccanismi sottostanti al ragionamento e al linguaggio.
Modularità cognitiva e semantica delle rappresentazioni mentali
Un altro elemento distintivo della ricerca di Fodor è la sua teoria della modularità della mente, esposta nel suo libro The Modularity of Mind. Egli, in suddetta opera, sostiene che la mente non sia un sistema unitario, ma una struttura composta da sotto-sistemi o “moduli” che elaborano informazioni specifiche in modo autonomo e rapido. I moduli, come il sistema visivo o quello linguistico, sono caratterizzati da specificità di dominio, funzionamento autonomo e impenetrabilità cognitiva, ossia la loro indipendenza dai processi centrali di alto livello. Ad esempio, il sistema visivo è in grado di elaborare immagini anche quando l’informazione cognitiva disponibile potrebbe suggerire una percezione diversa, come nel caso delle illusioni ottiche. Tuttavia, Fodor distingue nettamente tra moduli periferici, che elaborano input sensoriali, e sistemi centrali, responsabili di processi complessi come la pianificazione e la formazione di credenze. Questi ultimi, secondo Fodor, non sono modulari e operano in un contesto aperto, integrando informazioni da molteplici fonti.
Parallelamente, negli anni ’80 e ’90, Fodor approfondisce il tema della semantica delle rappresentazioni mentali, cercando di rispondere alla domanda fondamentale: cosa conferisce significato a una rappresentazione mentale? Egli sviluppa una teoria referenzialista, in cui il contenuto semantico di una rappresentazione è determinato dalla relazione causale tra la rappresentazione stessa e gli oggetti o le proprietà del mondo che essa rappresenta. La sua proposta, nota come atomismo informazionale, combina due assunti principali: i concetti di base sono privi di struttura interna e il loro significato deriva da una relazione di covarianza causale con il mondo esterno. Ad esempio, il concetto mentale di “gatto” è attivato dalla presenza di gatti e non da altre entità. Fodor rigetta le teorie olistiche del significato, che legano il contenuto di un concetto all’insieme delle relazioni inferenziali che esso intrattiene, poiché queste teorie non possono spiegare la natura pubblica e condivisa dei concetti né la loro composizionalità. Inoltre, l’atomismo informazionale sostiene che le proprietà semantiche delle rappresentazioni mentali siano determinate da relazioni esterne alla mente, una posizione nota come esternismo.
Naturalizzazione dell’intenzionalità e critiche al modello Darwiniano
Uno degli obiettivi più ambiziosi di Fodor è stato quello di naturalizzare la proprietà di avere un contenuto(intenzionalità), integrandola nel quadro delle scienze naturali. Egli ritiene che l’intenzionalità sia una proprietà reale degli stati mentali, ma non intrinseca: essa dipende dalle relazioni causali che collegano le rappresentazioni mentali con il mondo esterno. La sua teoria della dipendenza asimmetrica cerca di spiegare come una rappresentazione mentale possa essere semanticamente corretta o scorretta, affrontando il problema della rappresentazione erronea. Ad esempio, la rappresentazione “cavallo” può essere attivata da una mucca in condizioni di scarsa visibilità, ma rimane semanticamente legata ai cavalli grazie a una relazione causale primaria che prevale su quelle secondarie. Questa teoria si distingue dalle approcci tradizionali che fanno affidamento su condizioni normali o ottimali per spiegare l’errore semantico, evitando la circolarità che affligge molti tentativi di naturalizzazione.
Fodor ha anche affrontato temi controversi al di fuori della filosofia della mente, come la critica al darwinismo nel libro What Darwin Got Wrong. In quest’opera, egli mette in discussione l’idea che la selezione naturale sia il meccanismo primario dell’evoluzione, sostenendo che molte caratteristiche biologiche non possano essere spiegate in termini di adattamento selettivo. Questa posizione ha generato un acceso dibattito con molti critici che lo hanno accusato di avvicinarsi al creazionismo, accusa che Fodor ha sempre respinto. Tuttavia, questo lavoro riflette la sua propensione a sfidare le ortodossie scientifiche e a esplorare nuove direzioni di ricerca, pur rimanendo radicato nel suo impegno per una spiegazione rigorosa e naturalistica dei fenomeni mentali.