L’editoriale di Danilo Paolini su “Avvenire” intitolato “Dove porta il filo di Arianna?” apre uno squarcio su una delle più antiche tensioni della politica italiana: il conflitto tra giustizia e potere. In questo scenario, si potrebbe dire che la vicenda di Arianna Meloni si intreccia con il mito del labirinto di Cnosso, dove Teseo, con l’aiuto del filo di Arianna, riuscì a trovare la via d’uscita dopo aver ucciso il Minotauro. Ma cosa succede quando il filo di Arianna si smarrisce nel labirinto della politica e della giustizia?
La metafora mitologica non è casuale. Proprio come nel mito, anche oggi ci troviamo di fronte a un labirinto intricato di accuse, sospetti e scontri che sembrano non avere fine. Tuttavia, mentre nel mito il filo rappresentava la guida verso la salvezza, in questa moderna odissea italiana, il filo sembra essersi trasformato in un’arma di contesa, tirato ora da una parte, ora dall’altra, in un gioco politico che ha poco a che vedere con la giustizia e molto con il potere.
L’indagine presunta su Arianna Meloni, evocata da giornali e politici, si inserisce in un contesto già saturo di tensioni tra magistratura e politica, un contesto che ricorda le faide di Mani Pulite, ma che oggi assume contorni ancora più nebulosi e insidiosi. La stessa Giorgia Meloni, in preda alla rabbia, non esita a paragonare la situazione a quella vissuta da Silvio Berlusconi, evocando un “sistema di potere” che utilizza ogni mezzo per abbattere il nemico politico. Eppure, la sensazione è che ci troviamo di fronte a una versione contemporanea del mito, dove non c’è un chiaro eroe o villain, ma solo un intreccio confuso di accuse e controaccuse.
Nella mitologia greca, il Minotauro era il mostro da sconfiggere, ma oggi sembra che il vero mostro sia un sistema giuridico-politico che ha perso la sua bussola, trasformando la giustizia in un campo di battaglia dove si giocano partite che nulla hanno a che fare con il diritto, ma tutto con la lotta per il potere. In questa Repubblica del Sospetto, ogni mossa è un passo in più nel labirinto, e il filo di Arianna non conduce più all’uscita, ma sembra annodarsi sempre di più, intrappolando chiunque vi si avventuri.
Il rischio è che questa continua lotta tra pseudo-garantisti e pseudo-giustizialisti soffochi il dibattito su temi realmente cruciali, come la riforma della cittadinanza, relegando la politica a un perpetuo scontro senza costrutto. E, come nel mito, chi rimane prigioniero nel labirinto, incapace di trovare la via d’uscita, finisce per essere divorato dal mostro che esso stesso ha creato.
Così, mentre l’Italia guarda con apprensione a questa nuova battaglia, la vera sfida resta quella di riuscire a dipanare il filo di Arianna, non per continuare a giocare a nascondino nel labirinto della politica, ma per trovare finalmente una via d’uscita verso una giustizia che torni ad essere giusta, e una politica che torni a essere al servizio dei cittadini, non delle proprie ambizioni.
Non è possibile che tutto vada sempre in caciara. Se Arianna non ha nulla da temere, lasci la giustizia fare il suo corso senza la chiamata alle armi degli alleati politici e dei giornali che appartengono al centroodestra.
Credo l’articolo abbia trattato in modo succinto e compendioso l’argomento con un linguaggio da editoriale. Chi vuole capire capisca…