Il 15 gennaio 2025, il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol è stato arrestato presso la sua residenza ufficiale a Seoul, segnando la prima volta nella storia del paese che un capo di stato in carica viene detenuto. L’arresto segue settimane di tensioni e resistenze, culminate in un’operazione che ha visto coinvolti oltre 1.200 agenti di polizia e investigatori dell’Ufficio per le Indagini sulla Corruzione dei Funzionari di Alto Rango (CIO). 

Le accuse mosse contro Yoon includono insurrezione e abuso di potere, derivanti dal suo tentativo, il 3 dicembre 2024, di imporre la legge marziale in risposta a un conflitto politico con l’opposizione parlamentare. Questo atto ha scatenato un’immediata reazione da parte dell’Assemblea Nazionale, che ha votato per l’impeachment del presidente il 14 dicembre, sospendendolo dalle sue funzioni in attesa della decisione finale della Corte Costituzionale. 

Nonostante l’emissione di un mandato di arresto il 31 dicembre, l’esecuzione è stata ritardata a causa della resistenza del servizio di sicurezza presidenziale e dei sostenitori di Yoon, che hanno formato barricate umane per impedire l’accesso delle forze dell’ordine alla residenza. Solo dopo ripetuti tentativi e negoziazioni, Yoon ha accettato di consegnarsi, dichiarando di voler evitare spargimenti di sangue. 

Attualmente, Yoon è detenuto presso la sede del CIO, dove si è avvalso della facoltà di non rispondere durante gli interrogatori iniziali. La Corte Costituzionale ha iniziato le udienze per determinare la legittimità dell’impeachment; una conferma porterebbe a nuove elezioni presidenziali, mentre una revoca potrebbe reintegrare Yoon nelle sue funzioni. 

Questo evento senza precedenti ha scosso profondamente la politica sudcoreana, sollevando interrogativi sul futuro della democrazia nel paese e sulle implicazioni per la stabilità regionale, specialmente in un contesto di crescenti tensioni con la Corea del Nord e la Cina.