Gli Stati Uniti hanno condotto una serie di attacchi aerei coordinati contro cellule dello Stato Islamico (ISIS) in Somalia, segnando la prima operazione di questo tipo nel secondo mandato di Donald Trump. L’azione, ordinata direttamente dal presidente americano e coordinata con il governo somalo, ha colpito basi jihadiste, con l’obiettivo dichiarato di eliminare un pianificatore senior dell’ISIS e le sue reclute.

Il ritorno della guerra al terrorismo nel mandato di Trump

Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha confermato che l’operazione è stata diretta personalmente da Trump, il quale ha utilizzato i social per commentare gli attacchi, affermando:

“I nostri militari hanno preso di mira questo pianificatore di attacchi ISIS per anni, ma Biden e i suoi compari non avrebbero agito abbastanza rapidamente per portare a termine il lavoro. L’ho fatto io! Il messaggio all’ISIS e a tutti gli altri che vorrebbero attaccare gli americani è chiaro: TI TROVEREMO E TI UCCIDEREMO!

L’ex presidente ha quindi sottolineato la differenza tra la sua amministrazione e quella precedente, accusando Joe Biden di mancanza di decisione nelle operazioni contro il terrorismo jihadista.

L’operazione ha distrutto le grotte in cui si nascondevano i combattenti ISIS, senza – secondo il Pentagono – causare danni ai civili. Tuttavia, Trump non ha confermato se il leader jihadista preso di mira sia effettivamente tra le vittime.

Perché l’ISIS è una minaccia crescente in Somalia?

Negli ultimi anni, la Somalia è diventata un’area strategica per l’ISIS, che ha trovato rifugio soprattutto nelle montagne di Cal Miskaat, nella regione di Bari, Puntland. Secondo l’International Crisis Group, il numero di combattenti affiliati all’ISIS nel paese è stimato a diverse centinaia, sparsi in cellule che operano sia in zone remote sia nelle città.

L’intelligence statunitense ha segnalato che i jihadisti ricevono direttive sempre più frequenti dalla leadership centrale dell’ISIS, che negli ultimi anni si è trasferita proprio nel nord della Somalia. Tra le nuove strategie del gruppo vi sarebbero:

• Rapimenti di occidentali per ottenere riscatti

• Addestramento militare avanzato per migliorare la capacità di combattimento

• Tecniche per sfuggire ai droni da ricognizione e attacco

• Sviluppo di piccoli droni kamikaze (quadricotteri)

Questa evoluzione rende sempre più difficile neutralizzare le cellule terroristiche, che hanno imparato a nascondersi, a riorganizzarsi e a operare senza una struttura gerarchica fissa, sfruttando l’instabilità del paese.

Il nuovo approccio di Trump: più attacchi mirati?

Gli attacchi aerei in Somalia non sono una novità per gli Stati Uniti, che già sotto le amministrazioni precedenti hanno colpito Al-Shabaab e ISIS, i due principali gruppi jihadisti attivi nel paese. Tuttavia, la differenza sta nella retorica aggressiva con cui Trump ha presentato l’operazione.

L’ex presidente ha sempre preferito un approccio più offensivo rispetto ai suoi predecessori, privilegiando attacchi mirati con droni e forze speciali piuttosto che strategie di contenimento.

L’attacco di questi giorni potrebbe essere solo il primo di una nuova serie di operazioni militari dirette da Trump per colpire l’ISIS in Africa, consolidando il ruolo degli USA nella guerra globale al terrorismo.

Conseguenze per la Somalia

L’intervento statunitense potrebbe destabilizzare ulteriormente il paese, già martoriato da decenni di guerra civile e dal dominio di gruppi jihadisti come Al-Shabaab, rivale dell’ISIS ma ugualmente pericoloso.

Se da un lato gli attacchi USA potrebbero ridurre la capacità offensiva dell’ISIS, dall’altro potrebbero portare a ritorsioni contro il governo somalo, che rischia di essere percepito come un alleato dell’Occidente.

La strategia di Trump sarà efficace? Il tempo lo dirà. Quel che è certo è che la Somalia rimane uno dei teatri più caldi della guerra al terrorismo globale, e la lotta contro l’ISIS in Africa è tutt’altro che finita.