Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato ieri che Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo preliminare in tre fasi per una tregua e la liberazione degli ostaggi. Sebbene Biden abbia sottolineato che rimane ancora del lavoro da fare per risolvere questioni complesse, ha dichiarato che entrambe le parti hanno concordato sull’impianto generale dell’intesa. “C’è ancora da lavorarci – ha detto Biden – perché ci sono questioni complesse da affrontare, ma sia Israele che Hamas hanno concordato sull’impianto generale dell’intesa”.

Sfide e ostacoli alla tregua

Resta però da capire quale potrebbe essere il punto d’incontro tra il cessate il fuoco permanente richiesto da Hamas e le dichiarazioni reiterate del primo ministro israeliano Netanyahu, secondo cui “la guerra andrà avanti fino a quando saranno raggiunti tutti gli obiettivi”, tra cui l’annientamento del movimento islamico. Nonostante l’ottimismo di Biden, un alto funzionario israeliano coinvolto nei negoziati ha rivelato al Times of Israel che Netanyahu sta ostacolando l’accordo con nuove richieste che potrebbero bloccare i colloqui per settimane. La fonte ha avvertito che “potrebbe non esserci nessuno da riportare a casa”. Hamas, dal canto suo, richiede garanzie scritte sul rispetto della tregua da parte di Tel Aviv e propone un governo “non di parte” per la Striscia di Gaza nel dopoguerra, definendo il problema una “questione interna palestinese”.

Situazione umanitaria critica a Gaza

Nonostante i negoziati, la situazione sul campo a Gaza rimane drammatica. Ieri, quattro operatori umanitari sono stati uccisi in un raid israeliano vicino a Khan Younis mentre distribuivano aiuti per conto della fondazione britannica Al-Khair. All’inizio della settimana, altri sette operatori della ONG statunitense World Central Kitchen erano stati uccisi in circostanze simili. La riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, richiesta dall’Algeria, ha discusso il rischio sempre più concreto di carestia a Gaza e l’escalation di attacchi contro operatori umanitari, giornalisti e personale sanitario. Secondo le autorità sanitarie di Gaza, il bilancio delle vittime è salito a 38.345, inclusi i corpi di almeno 60 palestinesi rinvenuti nell’area di Tal al-Hawa a Gaza City.

Proposte per il dopoguerra

Hamas ha suggerito ai mediatori di USA, Qatar ed Egitto la formazione di un governo indipendente che gestisca sia Gaza che la Cisgiordania nel dopoguerra. Husam Badran, membro dell’ufficio politico di Hamas, ha dichiarato che un governo imparziale di competenza nazionale dovrebbe amministrare entrambe le aree, sottolineando che l’amministrazione della Striscia di Gaza dopo il conflitto è una questione interna palestinese.

Nuovi sviluppi nei negoziati

Nel frattempo, una delegazione israeliana guidata dal capo dello Shin Bet, Ronen Bar, è arrivata al Cairo per riprendere i negoziati su una possibile tregua e il rilascio degli ostaggi. I media riportano che Israele ed Egitto stanno studiando un sistema di sorveglianza elettronica lungo il confine con Gaza per impedire il contrabbando di armi ad Hamas. Se attuato, questo potrebbe portare al ritiro delle truppe israeliane dal ‘Corridoio Filadelfia’, un punto controverso nei negoziati.

Hamas e il cessate il fuoco

Hamas avrebbe ammorbidito alcune delle sue posizioni nei negoziati a causa dell’indebolimento della sua posizione militare. Tuttavia, il primo ministro israeliano Netanyahu ha inasprito le richieste di Israele, cercando di sfruttare la debolezza di Hamas per ottenere il massimo possibile, con il rischio che i negoziati possano fallire. Funzionari israeliani e americani coinvolti nei negoziati hanno riferito che alti comandanti di Hamas a Gaza hanno comunicato alla leadership politica di Hamas a Doha la necessità urgente di un cessate il fuoco.

L’evoluzione della situazione rimane incerta, con molteplici fattori in gioco che potrebbero influenzare l’esito dei negoziati e la stabilità della regione.