Negli ultimi anni, l’aziendalizzazione degli ospedali, volta a ottimizzare i guadagni riducendo i costi, inclusi quelli del personale, è diventata una realtà consolidata in molti paesi europei. Tuttavia, la pandemia di COVID-19 ha messo in luce l’insufficienza di personale medico e paramedico, rivelando le criticità di un sistema che continua a limitare l’accesso alle professioni sanitarie attraverso il “numero chiuso” nelle università di Medicina. Questo sistema perpetua, inoltre, il fenomeno del baronato e del privilegio di casta, dove la professione di medico spesso si trasmette di generazione in generazione.
A Cagliari, l’indignazione è montata per la chiusura del pronto soccorso durante alcuni giorni di agosto, ma un caso ancora più eclatante si è verificato a Isili, dove il pronto soccorso dell’ospedale è stato chiuso fino al 19 agosto, apparentemente per mancanza di medici. “È davvero inaccettabile – denuncia il segretario della Cgil Sardegna, Fausto Durante – che migliaia di cittadini, pazienti e utenti dei servizi sanitari in quella zona siano costretti, in caso di bisogno, a lunghi spostamenti e sicuri disagi per avere accesso alle prestazioni di emergenza-urgenza”. Per la Cgil, questo è il risultato di anni di tagli alla spesa per la sanità pubblica, di mancati investimenti in personale e infrastrutture, e di un progressivo spostamento di risorse verso le strutture private. “A questa situazione bisogna dire basta, rivendicando una chiara inversione di tendenza,” aggiunge Durante, anticipando che la Cgil solleciterà una risposta chiara alla presidente della Regione Alessandra Todde e all’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi nell’incontro previsto per il prossimo 21 agosto.
La crisi della sanità non è limitata all’Italia, e anche in Francia la situazione è allarmante: quest’estate, come negli anni precedenti, numerosi ospedali hanno dovuto chiudere temporaneamente reparti e letti a causa della mancanza di personale. Marc Noizet, presidente del Samu-Urgences de France, ha evidenziato come questo problema non si verifichi solo durante l’estate, ma si estenda a tutto l’anno. Le ferie del personale sanitario, spesso non sostituito, mettono in evidenza la cronica carenza di risorse umane.
Nelle zone costiere, dove l’afflusso turistico cresce notevolmente nei mesi estivi, la pressione sui servizi di emergenza aumenta esponenzialmente. A Montaigu, in Vandea, l’accesso alle emergenze è stato completamente chiuso dal 13 luglio al 19 agosto, causando un sovraccarico per l’ospedale di La Roche-sur-Yon, che ha dovuto gestire l’afflusso dei pazienti provenienti dalle strutture vicine. La crisi è così grave che persino territori meno interessati dal turismo di massa, come la Mayenne e la Dordogna, sono stati costretti a chiudere letti d’ospedale.
In Bretagna, i medici e gli infermieri del CHU di Brest-Carhaix hanno eretto un “muro della vergogna”, sul quale sono stati affissi i nomi dei pazienti, la loro età e il tempo di attesa al pronto soccorso. Un esempio tragico è quello di una donna di 91 anni, costretta ad attendere 31 ore su una barella nei corridoi dell’ospedale. Tra il 10 luglio e il 7 agosto, 127 pazienti oltre i 75 anni hanno aspettato in media 23 ore prima di essere assistiti.
Il personale medico ha lanciato un grido d’allarme: il ritardo nelle cure dovuto alla carenza di letti e personale può risultare fatale. Un’indagine del novembre 2023, condotta dall’AP-HP, dall’Inserm e dall’Université Sorbonne, ha rivelato che una notte trascorsa su una barella aumenta del 40% il rischio di mortalità ospedaliera per i pazienti anziani.
Nonostante queste criticità, il “Pacte de refondation des urgences”, avviato nel 2019 dall’allora ministra della Salute Agnès Buzyn, prevedeva l’introduzione dei Servizi di Accesso alle Cure (SAS), volti a ridurre l’afflusso non necessario ai pronto soccorso. Tuttavia, Marc Noizet avverte che senza una corretta armonizzazione tra la medicina di base e gli ospedali, questi servizi potrebbero sovraccaricare ulteriormente il sistema.
Infine, l’instabilità politica ha aggravato la situazione. Durante il mandato di Macron, ben sette ministri della salute si sono succeduti, impedendo l’implementazione di soluzioni durature per risolvere la crisi degli ospedali. Gli infermieri, come Stéphane Vielmas del CHU di Brest-Carhaix, denunciano che i finanziamenti stanziati dal governo, sebbene significativi, non sono stati distribuiti correttamente. Le nuove strutture costruite, seppur moderne e funzionali, restano inutilizzate a causa della mancanza di personale, alimentando ulteriore frustrazione tra i professionisti della sanità, molti dei quali finiscono per abbandonare la professione.
Una vergogna non solo nazionale a quanto pare.