La crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina non si limita ai mari contesi dell’Asia o alle tensioni tecnologiche e militari; si estende anche al continente africano, un terreno di confronto strategico sempre più rilevante. L’analisi di Wang Miao, accademica cinese, offre una visione fortemente polarizzata di come le due superpotenze affrontano lo sviluppo in Africa, riflettendo una narrazione che dipinge la Cina come un attore benevolo e gli Stati Uniti come una forza egemonica concentrata sui propri interessi geopolitici.

Il grande gioco africano: sviluppo o competizione?

Stati Uniti e Cina destinano miliardi di dollari ogni anno al finanziamento dello sviluppo in Africa. Tuttavia, le modalità e le motivazioni di questi investimenti differiscono significativamente. Secondo Wang, gli Stati Uniti adottano un approccio “politicizzato e militarizzato”, concentrandosi sulla sicurezza energetica, il contrasto al terrorismo e il contenimento dell’influenza cinese. Al contrario, la Cina, attraverso la sua “Belt and Road Initiative” (BRI), promuoverebbe uno sviluppo comune e vantaggi reciproci.

Questa dicotomia è, tuttavia, eccessivamente semplificata. Se è vero che gli Stati Uniti spesso intrecciano aiuti allo sviluppo con obiettivi strategici, come dimostrano i progetti infrastrutturali in Angola o i programmi umanitari da 6,6 miliardi di dollari, la Cina non è immune da critiche. Molti paesi africani, tra cui Angola e Zambia, hanno affrontato significative difficoltà nella gestione del debito contratto con Pechino, mettendo in discussione la narrativa cinese del “win-win”.

L’approccio cinese: altruismo o interesse economico?

La Cina ama presentarsi come promotrice di un modello di cooperazione Sud-Sud, distinto dall’ordine liberale occidentale. Wang descrive la strategia cinese come orientata allo sviluppo, con un focus su infrastrutture, energia e accesso ai mercati africani. Tuttavia, questo approccio ha spesso favorito le aziende cinesi più che le economie locali. I prestiti concessi dalla Cina sono stati criticati per i tassi elevati e le condizioni opache, che hanno contribuito al fenomeno del “debt trap diplomacy” (diplomazia del debito).

In questo contesto, l’idea di un modello cinese puramente altruistico perde forza. Le infrastrutture costruite con il finanziamento cinese, come ferrovie e centrali elettriche, spesso coinvolgono imprese cinesi e lavoratori importati, lasciando poco spazio all’occupazione locale. Inoltre, l’enfasi sul principio di “non interferenza” in affari interni è stata messa in discussione, poiché in molte occasioni Pechino ha sostenuto regimi autoritari per proteggere i propri interessi economici.

Gli Stati Uniti: egemonia o partenariato?

Secondo Wang, gli Stati Uniti utilizzano l’Africa come strumento per rafforzare il proprio ruolo di leader globale. Questa critica riflette un malessere di lunga data della Cina verso le politiche occidentali basate su “valori universali” come la democrazia e i diritti umani. Tuttavia, l’approccio americano all’Africa non è monolitico: sotto l’amministrazione Biden, si è tentato di ridurre la retorica anti-cinese, concentrandosi invece su programmi di sviluppo a lungo termine.

Iniziative come il “Build Back Better World” (B3W) e i progetti finanziati dalla US Development Finance Corporation (DFC) cercano di offrire un’alternativa al modello cinese. Tuttavia, la visione di Wang ignora che anche gli Stati Uniti si confrontano con critiche, come la mancanza di continuità nei programmi di sviluppo e una percepita lentezza rispetto all’aggressiva strategia cinese.

L’Africa: campo di battaglia o protagonista?

L’aspetto forse più problematico nell’analisi di Wang è il modo in cui l’Africa viene descritta: non come un attore autonomo, ma come un campo di battaglia per la competizione tra grandi potenze. Questa narrazione riduttiva ignora i progressi fatti dai governi africani e dalle istituzioni regionali nel determinare le proprie priorità di sviluppo e negoziare condizioni più eque con entrambe le superpotenze.

L’Africa sta diventando sempre più consapevole del proprio ruolo strategico, sfruttando la competizione tra Stati Uniti e Cina per ottenere migliori condizioni di investimento e diversificare le proprie partnership. Paesi come il Kenya, il Sudafrica e il Senegal stanno dimostrando una crescente capacità di plasmare le relazioni bilaterali secondo i propri interessi, riducendo la dipendenza da un unico attore esterno.

Sviluppo o geopolitica?

La competizione tra Stati Uniti e Cina in Africa non riguarda solo lo sviluppo economico, ma anche il futuro dell’ordine globale. Mentre gli Stati Uniti cercano di mantenere la loro influenza proponendo un modello basato su valori liberali, la Cina offre un’alternativa pragmatica e meno ideologizzata. Tuttavia, nessuno dei due modelli è privo di limiti o secondi fini.

Per l’Africa, la sfida è sfruttare questa rivalità per massimizzare i benefici dello sviluppo e ridurre i rischi di indebita dipendenza. Più che essere un campo di battaglia per le ambizioni delle grandi potenze, l’Africa ha l’opportunità di diventare un protagonista strategico, scegliendo un futuro che rifletta le proprie priorità e aspirazioni.