Le storie di Mauro Glorioso, ferito gravemente dalla bicicletta lanciata ai Murazzi, e di Maria Letizia Berdini, vittima di un sasso scagliato dal cavalcavia, raccontano il prezzo insostenibile dell’irresponsabilità giovanile. Gesti apparentemente senza pensiero che nascondono un vuoto profondo, quello di una generazione che vive tra la noia e l’illusione di un mondo senza conseguenze. Papa Francesco parla di “catastrofe educativa”: un grido d’allarme per una società chiamata a riscoprire il valore dell’educazione, della responsabilità e del rispetto per la vita.
Il caso dei Murazzi, con la condanna di Sara Cherici per concorso in tentato omicidio, non può che riportare alla mente episodi drammatici che negli anni passati hanno segnato l’opinione pubblica, come quelli legati alla “banda dei ragazzi” che lanciavano sassi dai cavalcavia. Episodi che, come il lancio della bicicletta ai Murazzi, sembrano nascere da un vuoto educativo, da una noia devastante e da una mancanza di consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni.
Le vittime, in entrambi i casi, ci ricordano quanto sia tragico e irreparabile il prezzo della superficialità e dell’irresponsabilità. Mauro Glorioso, il giovane colpito dalla bicicletta lanciata dai Murazzi, ha subito gravi lesioni che hanno segnato la sua vita e quella della sua famiglia. La violenza di un gesto che poteva sembrare insignificante si è trasformata in un incubo per un ragazzo che si trovava semplicemente al posto sbagliato nel momento sbagliato. Analogamente, le vittime dei lanci di sassi dai cavalcavia, come Maria Letizia Berdini, morta nel 1996 a causa di un sasso lanciato sull’autostrada, o il camionista Bruno Romano, rimasto gravemente ferito nel 2000, sono diventate simboli del dolore inflitto da gesti che non avrebbero mai dovuto accadere.
Questi episodi ci ricordano che le vittime non sono solo nomi su una lista, ma persone con sogni, vite e affetti che vengono spezzati dall’irresponsabilità di altri. Per ogni Mauro Glorioso e Maria Letizia Berdini, ci sono famiglie distrutte, vite interrotte e una comunità che deve affrontare le conseguenze di un gesto assurdo. È un costo umano altissimo che non possiamo ignorare.
Il pianto di Sara Cherici alla lettura della sentenza e il brusco risveglio alla realtà di molti dei giovani lanciatori di sassi dai cavalcavia ci mostrano il fallimento di un sistema educativo e sociale che non è riuscito a prevenire il loro disorientamento.
Come ha sottolineato Papa Francesco parlando di “catastrofe educativa”, questi giovani crescono in una società incapace di fornire modelli di riferimento solidi, spazi di ascolto e opportunità di crescita. La noia, allora come oggi, appare il motore principale di questi comportamenti devianti, il sintomo di un vuoto valoriale che lascia i giovani in balia di impulsi distruttivi.
Gli episodi dei sassi dai cavalcavia e dei Murazzi ci insegnano che non possiamo permetterci di ignorare il disagio giovanile. Che si tratti di un sasso lanciato da un cavalcavia o di una bicicletta dai Murazzi, il costo umano è devastante e irreversibile. Serve un rinnovato impegno collettivo per aiutare i giovani a ritrovare il senso delle loro azioni, a comprendere le conseguenze delle loro scelte e a costruire un futuro in cui la noia non diventi mai sinonimo di tragedia. Solo attraverso questa consapevolezza potremo trasformare storie di disagio in opportunità di rinascita, per loro e per l’intera società.