OPINIONE: Il 16 giugno 2024, la Russia ha vissuto una delle giornate più tragiche della sua recente storia con una serie di eventi violenti che hanno scosso il Paese. Gli attentati in Daghestan e il raid a Sebastopoli hanno lasciato una scia di morte e distruzione, sollevando interrogativi su chi siano i veri responsabili e sulle conseguenze a lungo termine di tali atti.

Gli attentati in Daghestan

Gli attacchi in Daghestan sono avvenuti in luoghi simbolo della coesistenza religiosa e culturale della regione. Uomini armati hanno preso di mira una chiesa ortodossa e una sinagoga a Derbent, uccidendo un prete ortodosso e una guardia giurata, e incendiando gli edifici religiosi. A Makhachkala, la capitale della regione, ulteriori scontri hanno provocato la morte di otto poliziotti e il ferimento di 25 persone. Gli attentatori, sei dei quali sono stati uccisi, sembrano essere parte di una più ampia rete terroristica internazionale, con legami presunti con organizzazioni jihadiste.

Il governatore del Daghestan, Sergej Melikov, ha commentato che gli attacchi miravano a destabilizzare la società, mentre alcuni funzionari locali hanno subito incolpato l’Ucraina e la NATO, suggerendo un coinvolgimento dei servizi segreti occidentali. Tuttavia, senza prove concrete, tali accuse rischiano di alimentare ulteriormente tensioni internazionali già elevate.

Il Daghestan, noto come “Paese delle Montagne”, è la più grande delle repubbliche autonome del Nord-Caucaso appartenenti alla Federazione Russa. Con una popolazione di circa due milioni e mezzo di abitanti, il Daghestan è caratterizzato da una grande diversità etnica e linguistica. La religione predominante è l’Islam, seguito dal 95% della popolazione, con una netta maggioranza di sunniti (circa 1% di sciiti). All’interno del sunnismo, vi è un conflitto tra i tradizionalisti sufi e gli estremisti wahhabiti di origine saudita, con il supporto ufficiale riservato all’Islam sufico.

Le élite del Daghestan hanno tradizionalmente governato secondo regole claniche, formando due grandi gruppi di clan e un sistema di relazioni reciproche e tradizioni che persiste anche dopo il periodo sovietico. La regione è composta da numerosi sub-etnie, ognuna con i propri leader e sistemi di governance interna.

Negli ultimi anni, il Daghestan era già stato teatro di intensa attività terroristica etnico-religiosa, contrastata dalle autorità russe con repressione altrettanto brutale. La corruzione è diffusa, spesso basata su legami familiari e clanici.

Il raid ucraino in Crimea

Lo stesso giorno, un raid missilistico delle forze armate ucraine ha colpito Sebastopoli, nella penisola di Crimea, annessa dalla Russia nel 2014. Il raid ha causato la morte di cinque persone, tra cui tre bambini, e il ferimento di oltre 140 civili. La Russia ha prontamente accusato gli Stati Uniti e le autorità ucraine di un deliberato attacco terroristico contro civili, promettendo ritorsioni.

Questi eventi si inseriscono in un contesto di conflitto in corso tra Russia e Ucraina, con la Crimea al centro delle tensioni geopolitiche. L’uso di missili Atacms di fabbricazione americana da parte dell’Ucraina, secondo le accuse russe, sottolinea il coinvolgimento occidentale e la complessità del conflitto.

La rivolta nel carcere di Rostov

A peggiorare la situazione, una rivolta in un carcere russo a Rostov ha portato alla morte di sei detenuti legati all’Isis che avevano sequestrato due guardie. Questo episodio mette in luce il problema persistente della radicalizzazione nelle prigioni russe e la presenza di elementi estremisti all’interno del sistema penale.

Considerazioni finali

La “domenica di sangue” in Russia evidenzia la fragilità della sicurezza interna e le tensioni politiche internazionali. Gli attacchi in Daghestan e il raid in Crimea rappresentano due facce di una medaglia complessa, dove religione, geopolitica e terrorismo si intrecciano in un mix esplosivo.

Le accuse rivolte all’Ucraina e alla NATO possono essere interpretate come parte di una narrativa russa volta a giustificare una possibile escalation militare e a rafforzare il consenso interno contro il nemico esterno. Tuttavia, è fondamentale che la comunità internazionale esiga prove concrete prima di accettare tali accuse e lavori verso una soluzione pacifica del conflitto.

In un contesto così volatile, è essenziale promuovere il dialogo interreligioso e la cooperazione internazionale per prevenire ulteriori tragedie. La stabilità della regione e la sicurezza globale dipendono dalla capacità delle nazioni di affrontare le cause profonde del terrorismo e di costruire ponti di comprensione reciproca.