La missione di Don Mattia Ferrari, giovane sacerdote cappellano della piattaforma umanitaria Mediterranea Saving Humans, è un cammino di fede e impegno per la vita. Il suo servizio a bordo delle navi di soccorso nel Mediterraneo Centrale è guidato dalla “compassione viscerale”, quell’amore evangelico che spinge a salvare chi è abbandonato nelle acque tra la Libia e l’Europa. Una scelta di coscienza che, come egli stesso afferma, «chi crede nel Vangelo non può non fare». Ma questa missione di salvezza, che Papa Francesco ha più volte lodato pubblicamente, si è trasformata in un obiettivo di sorveglianza e spionaggio da parte di entità governative non identificate.

Un prete in mare per salvare e farsi salvare

Don Mattia ha raccontato la sua esperienza nel libro Salvato dai migranti. Racconto di uno stile di vita (Edizioni EDB, 2024), con la prefazione di Papa Francesco e la postfazione del giornalista Marco Damilano. Un’opera che testimonia il suo cammino, dalle radici familiari nella sua Formigine (MO), al suo ministero sacerdotale che lo ha portato ad accompagnare le navi di soccorso nel Mediterraneo. «Noi li soccorriamo, loro ci salvano», dice spesso, ribaltando la narrazione che vede i migranti come soli destinatari di aiuto: il loro dolore e il loro coraggio, infatti, interrogano e trasformano chi li incontra.

L’esperienza di Don Mattia a bordo della Mare Jonio nasce nel 2018, pochi anni dopo la sua ordinazione sacerdotale e il suo incarico come viceparroco di Nonantola e assistente diocesano dell’Azione Cattolica Ragazzi. In quei mesi, alcuni centri sociali bolognesi come TPO e Labas, assieme a figure come Luca Casarini e Beppe Caccia, fondano Mediterranea Saving Humans, col sostegno di un gruppo di vescovi che autorizzano la presenza di un cappellano a bordo.

Da allora, la sua testimonianza è divenuta un simbolo di quell’azione concreta che Papa Francesco indica come la strada obbligata per la Chiesa: «Il soccorso e l’accoglienza non sono solo gesti umanitari essenziali, sono gesti che danno carne alla fraternità». Ed è proprio questa “carne” che viene continuamente messa in pericolo dalle politiche di respingimento e dai rapporti tra governi europei e la cosiddetta “guardia costiera libica”, accusata di essere in combutta con le mafie locali per la tratta di esseri umani.

Il sogno di Dio e la denuncia della mafia libica

Don Mattia non ha mai esitato nel denunciare questi accordi, affermando chiaramente che non si può combattere la mafia in Italia e finanziare la mafia in Libia. Lo ha ribadito in diverse occasioni, con parole dure contro quei governi che condannano i clan italiani ma trattano con gruppi criminali responsabili di stupri, torture e detenzioni illegali nei lager libici.

Per questo il giovane sacerdote si è guadagnato l’attenzione non solo della Chiesa e dei media, ma anche di chi lo considera un nemico. Nel febbraio 2024, infatti, Meta (la società proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp) lo ha avvisato di essere stato obiettivo di un sofisticato attacco di sorveglianza da parte di un’entità governativa non identificata. La notifica ricevuta da Don Mattia è simile a quella arrivata a Luca Casarini, segnalando che entrambi potrebbero essere stati bersagli di un’operazione di monitoraggio coordinata.

Il rapporto Adversarial Threat Report di Meta, pubblicato lo stesso mese, ha evidenziato la presenza di spyware attivi in diversi paesi, tra cui Italia, Spagna ed Emirati Arabi Uniti. Questi malware possono attivare microfoni e fotocamere, accedere a file, messaggi e geolocalizzazione, trasformando i dispositivi in strumenti di sorveglianza avanzata.

Un attacco alla Chiesa della fraternità

Quanto accaduto a Don Mattia Ferrari si inserisce in un contesto più ampio: le Ong di soccorso sono sempre più nel mirino di governi e apparati di sicurezza, che vedono nel salvataggio dei migranti un atto politico oltre che umanitario. Ma Don Mattia non è un attivista qualunque: è un sacerdote in piena comunione con la Chiesa e con il Papa, che in più occasioni ha ribadito la centralità dell’accoglienza nel messaggio cristiano. «La Chiesa non ha alternative», ha affermato il cappellano di Mediterranea, citando il Pontefice, «perché questa è la posizione di Gesù. Chi se la prende con le Ong se la sta prendendo con Gesù: è lui il mandante».

L’avvertimento lanciato da Meta solleva interrogativi inquietanti: chi ha deciso di spiare Don Mattia? E perché? L’ipotesi più probabile è che l’operazione sia collegata agli attacchi sistematici contro chi difende i diritti dei migranti e denuncia le collusioni tra stati e gruppi criminali.

Il Mediterraneo, specchio dell’umanità

Nel libro di Don Mattia si incontrano storie che fanno emergere il vero volto del dramma migratorio. Come quella di Pato, marito di Matyla e padre di Marie, le due donne ritrovate abbracciate nel deserto e divenute simbolo della crudeltà dei respingimenti. Pato, grazie all’aiuto di Mediterranea e Refugees in Libya, ha potuto raccontare la sua storia davanti a Papa Francesco, testimoniando il dolore di chi fugge e la speranza di chi, come Don Mattia, non si volta dall’altra parte.

Un futuro senza frontiere?

La rete di persone colpite da attacchi di sorveglianza si allarga, e con essa cresce l’urgenza di proteggere chi si impegna per la dignità umana. Ma Don Mattia non arretra. Il suo dialogo con Papa Francesco è costante – «quante volte ci sentiamo? Non posso dirlo» – e la sua missione è chiara: vivere il Vangelo nel cuore del dramma umano, senza compromessi.

Nel Mediterraneo, teatro di tragedie ma anche di miracoli quotidiani, il cappellano di Mediterranea continua a lottare. Perché, come dice lui stesso, “non si ha scelta”. O si sta dalla parte di chi salva vite, o si è complici di chi le lascia affondare.