Gaza è un cumulo di rovine. Dopo oltre un anno di guerra, la Striscia è ridotta a 50 milioni di tonnellate di macerie, un deserto di cemento e metallo contorto. Secondo l’ONU, ci vorranno almeno 14 anni solo per rimuoverle, mentre la ricostruzione, stimata in 40 miliardi di dollari, appare un’impresa colossale.
Le cifre della distruzione parlano chiaro: 47.000 morti, oltre 110.000 feriti, tra cui migliaia di bambini mutilati. Ma i danni non si misurano solo in termini fisici: una generazione intera è segnata da traumi psicologici profondi, dopo mesi vissuti tra bombardamenti incessanti, fame e paura.
La necessità di una tregua permanente
La guerra avrebbe potuto fermarsi mesi fa, limitando le perdite umane e materiali. Ora, il rischio è che la fine dei bombardamenti non significhi la fine della violenza. La Rete italiana pace e disarmo lancia un appello affinché la tregua non sia solo una pausa, ma un primo passo verso una pace duratura.
“La ricostruzione deve partire subito con un impegno forte della comunità internazionale”, si legge nel comunicato. L’apertura di tutti i valichi per l’ingresso degli aiuti umanitari è un’urgenza non più rimandabile. Non si può permettere che Gaza resti un’enclave isolata, sotto un assedio permanente.
Le ONG e le agenzie ONU, che per mesi hanno lavorato con il personale locale rimasto in vita, devono poter tornare a operare pienamente per garantire assistenza alla popolazione. Non si può lasciare Gaza senza aiuti, mentre centinaia di migliaia di persone sono sfollate e senza accesso a cibo, acqua e cure mediche.
Oltre Gaza: la questione della Cisgiordania
Il conflitto non si è mai fermato solo a Gaza. L’ultimo attacco su larga scala a Jenin, in Cisgiordania, ha provocato sei morti, scatenando la reazione di Hamas che ha invitato alla resistenza armata. L’espansione degli insediamenti israeliani e la violenza dei coloni aggravano una situazione già esplosiva.
“Bisogna fermare l’occupazione della Cisgiordania e avviare un negoziato reale per una pace giusta”, sostengono gli attivisti. Ma la politica israeliana sembra sempre più divisa tra chi vorrebbe consolidare un dominio permanente sui territori palestinesi e chi, anche all’interno della società israeliana, chiede una soluzione politica.
Pace e giustizia: il ruolo della comunità internazionale
Se c’è una lezione da trarre dal massacro di Gaza è che senza giustizia non ci sarà pace. Gli attacchi indiscriminati, il blocco della Striscia, la privazione di diritti fondamentali non faranno altro che alimentare nuovi conflitti.
La comunità internazionale deve prendere posizione con decisione, riconoscendo il ruolo del diritto internazionale e spingendo affinché le risoluzioni dell’ONU vengano rispettate. Senza un intervento deciso, il rischio è che il Medio Oriente resti intrappolato in un ciclo infinito di guerre e ritorsioni.
Il futuro è adesso
Alla gioia per la liberazione degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi si mescola l’amarezza per un conflitto che ha distrutto intere città e spezzato migliaia di vite. La pace non può essere solo un compromesso momentaneo tra due fazioni in lotta, ma deve diventare un percorso irreversibile verso la convivenza e la giustizia.
Non si può più aspettare. Ricostruire Gaza significa ricostruire un futuro di dignità per il popolo palestinese. Significa impedire che un’altra guerra, con la stessa devastazione e lo stesso dolore, si ripeta ancora.
Quest’articolo mi fa emozionare e indignare allo stesso tempo. Confidiamo nella resilienza del popolo palestinese.