Negli ultimi mesi, l’Italia è stata teatro di diversi tragici episodi di femminicidio. Da gennaio 2024 a ottobre, sono state almeno 30 le vittime, con una media di una donna uccisa ogni 10 giorni. La maggior parte di questi crimini è avvenuta all’interno di contesti familiari, spesso perpetrati da mariti, compagni o ex partner, in un crescendo di violenza che non si ferma neanche in presenza di denunce o tentativi di separazione.
Tra le vittime più recenti ci sono Maria Campai, uccisa a Viadana, e Roua Nabi, assassinata a Torino dall’ex compagno. A Nuoro, invece, una strage familiare ha visto un uomo sparare alla moglie e alla figlia prima di togliersi la vita, un episodio che si aggiunge alla lunga lista di delitti con una dinamica simile, in cui la fine della relazione o il controllo ossessivo sono stati i fattori scatenanti .
Il femminicidio più recente in Italia è avvenuto il 7 ottobre 2024 a Gravina di Puglia. La vittima è Maria Arcangela Turturo, 60 anni, brutalmente uccisa dal marito Giuseppe Lacarpia, 65 anni. L’uomo ha dato fuoco all’auto su cui si trovava la moglie e, quando lei è riuscita a uscire dalla vettura in fiamme, l’ha rincorsa e soffocata a mani nude. Nonostante fosse ricoperta di ustioni gravi, Maria è riuscita a denunciare il marito prima di morire, pronunciando le sue ultime parole agli agenti intervenuti: “È stato mio marito”. Questo tragico episodio si aggiunge alla lunga lista di femminicidi che stanno sconvolgendo il Paese, evidenziando una violenza che non accenna a fermarsi .
Perché avviene il femminicidio?
Il femminicidio è radicato in dinamiche di potere e controllo. Spesso, gli uomini responsabili di questi atti non accettano la fine della relazione o vedono la donna come un “possesso”. Alla base ci sono stereotipi culturali e modelli di comportamento che non riconoscono la parità tra i generi, con un’aggressività che esplode di fronte a qualsiasi perdita di controllo sulla partner. In molti casi, c’è un’escalation di violenza che viene sottovalutata o ignorata, sia dalla società che dalle stesse vittime, fino al punto di non ritorno.
Nessuna provocazione giustifica la violenza
La violenza contro le donne non è mai giustificata, indipendentemente dal contesto o dalle dinamiche relazionali. Anche se possono esserci conflitti o incomprensioni all’interno di una coppia, nessuna situazione autorizza un uomo a usare la violenza. La radice del problema sta nel comportamento violento dell’aggressore e nella sua incapacità di gestire rabbia, frustrazione o perdita di controllo. Spostare il focus sulle presunte “provocazioni” della vittima equivale a cercare giustificazioni inaccettabili per atti gravissimi.
Una cultura che minimizza e giustifica
Sostenere che ci sia una “responsabilità” della donna è parte di un discorso più ampio e pericoloso che tende a sminuire il fenomeno e a trasferire la colpa sulla vittima. Questo tipo di narrativa trova radici in una cultura sessista e patriarcale che, per secoli, ha cercato di giustificare il controllo e la subordinazione della donna rispetto all’uomo. È essenziale comprendere che, in un contesto di violenza, il colpevole è sempre e solo chi compie l’atto violento, mai chi lo subisce.
Le dinamiche di potere e il controllo
Il femminicidio non è solo un “atto impulsivo” scaturito da una lite: è spesso il culmine di un processo lungo, caratterizzato da controllo psicologico, manipolazione e, in molti casi, minacce e abusi precedenti. Anche quando il conflitto è evidente, la reazione violenta è frutto di un desiderio di riaffermare potere e dominio sulla donna.
Cosa bisogna fare?
Per contrastare il fenomeno, è necessario un cambiamento culturale profondo e un rafforzamento delle misure di prevenzione e protezione. Questo include:
1. Educazione e sensibilizzazione: Promuovere una cultura della parità e del rispetto già nelle scuole, combattendo gli stereotipi di genere.
2. Supporto alle vittime: Rafforzare i centri antiviolenza e rendere più accessibili i servizi di assistenza psicologica e legale.
3. Leggi più severe e protezione efficace: Incrementare l’uso di strumenti come il “codice rosso” e assicurarsi che le denunce vengano trattate con urgenza e serietà.
4. Monitoraggio dei soggetti violenti: I recidivi e coloro che hanno già manifestato comportamenti aggressivi devono essere seguiti con particolare attenzione dalle autorità.
5. Coinvolgimento della società: Tutti, dai familiari ai colleghi di lavoro, devono essere educati a riconoscere i segnali di allarme e a non minimizzare la violenza.
La violenza di genere è una questione di potere e controllo, non di responsabilità condivise. Parlare di “provocazione” significa giustificare l’ingiustificabile e alimentare una cultura che permette a questi crimini di continuare. Dobbiamo invece lavorare insieme per cambiare la mentalità e costruire una società in cui la violenza non sia mai una risposta.
È troppo uni schifo. Gente disturbata non dovrebbe neanche sposarsi.
come ha ben colto l’articolo, nessuna provocazione giustifica la violenza fino all’omicidio.