Negli ultimi decenni, il dibattito nelle scienze cognitive è stato caratterizzato da un crescente scetticismo nei confronti del cognitivismo classico, che descrive la mente come un elaboratore di simboli, capace di rappresentare il mondo esterno attraverso operazioni computazionali. L’enattivismo sensomotorio (ES), una branca dell’embodied cognition, propone una visione radicalmente diversa. Fondata sulla nozione che la percezione visiva non è un processo rappresentazionale ma una forma di azione, questa teoria sposta il focus dalla costruzione mentale di modelli del mondo alla relazione dinamica tra l’individuo e l’ambiente.

L’idea di base di enattivismo sensomotorio – ES,  introdotta da O’Regan e Noë nei primi anni 2000, è che la percezione visiva sia un’abilità pratica derivante dall’interazione continua tra stimolazione sensoriale e movimento. La teoria sfida non solo il paradigma computazionalista, ma anche le concezioni tradizionali della coscienza percettiva, offrendo un quadro teorico che integra neuroscienze, filosofia e psicologia. 

Il cognitivismo classico e l’emergere dell’enattivismo

Il cognitivismo classico ha dominato la filosofia della mente e le scienze cognitive per gran parte del XX secolo, descrivendo la mente come un “software” implementabile su diversi “hardware”. Questa visione si basa su tre pilastri fondamentali: la rappresentazione amodale, il computazionalismo e la modularità. Secondo questa prospettiva, la percezione visiva consiste nell’elaborazione gerarchica di stimoli sensoriali che culminano nella costruzione di rappresentazioni tridimensionali stabili del mondo esterno, come illustrato nel modello di Marr.

Tuttavia, l’enattivismo mette in discussione questo approccio, criticando la sua enfasi sull’astrazione e sulla separazione tra percezione e azione. L’ES affonda le sue radici nella teoria ecologica di Gibson, secondo cui la percezione è un processo diretto che non richiede rappresentazioni mentali. L’ambiente fornisce “affordances”, o opportunità d’azione, che l’individuo percepisce direttamente attraverso il movimento e l’interazione sensomotoria. Questa concezione ecologica ha ispirato O’Regan e Noë a sviluppare una teoria più articolata della percezione visiva come abilità sensomotoria.

Fondamenti dell’enattivismo sensomotorio

L’ES si basa su due principi chiave: la percezione come abilità pratica e il rifiuto delle rappresentazioni mentali tradizionali. Per O’Regan e Noë, vedere non è un processo passivo, ma un’azione esplorativa che richiede la padronanza delle contingenze sensomotorie, ovvero le regolarità che legano i cambiamenti nella stimolazione sensoriale ai movimenti corporei. Questa conoscenza implicita consente agli individui di navigare nel loro ambiente e di rispondere in modo adattivo alle variazioni percettive. Ad esempio, per percepire la forma tridimensionale di un oggetto, come una sfera, un individuo deve essere in grado di anticipare come l’apparenza dell’oggetto cambierà in base ai suoi movimenti. Questo processo non richiede la costruzione di una rappresentazione mentale dell’oggetto, ma si basa su una comprensione pratica e dinamica delle contingenze sensomotorie.

L’idea di “conoscenza sensomotoria” è centrale per l’ES. Non si tratta di una conoscenza proposizionale o esplicita, ma di un “know-how” che emerge dall’esperienza e dall’interazione continua con l’ambiente. Questo concetto implica una revisione radicale della relazione tra percezione, azione e coscienza.

Percezione, azione ed esperienza visiva

Uno degli aspetti più innovativi dell’ES è la sua reinterpretazione dell’esperienza visiva. A differenza delle teorie computazionaliste, che descrivono la coscienza visiva come il risultato di una elaborazione rappresentazionale, l’ES sostiene che essa emerga dall’integrazione tra sensibilità percettiva e conoscenza sensomotoria. Noë distingue tra due livelli di percezione: il contenuto prospettico, che si riferisce all’apparenza visiva degli oggetti in relazione alla posizione dell’osservatore, e il contenuto fattuale, che riflette le proprietà reali degli oggetti. L’esperienza visiva è il risultato della capacità di anticipare e interpretare i cambiamenti nel contenuto prospettico attraverso il movimento. Un esempio illuminante è la percezione di una moneta inclinata. La forma apparente della moneta è ellittica, ma un osservatore con conoscenza sensomotoria è in grado di percepire la sua forma circolare anticipando come l’apparenza cambierebbe se si muovesse intorno ad essa. Questo processo dimostra come la percezione visiva sia intrinsecamente legata all’azione.

Nonostante la sua originalità, l’ES è stato oggetto di numerose critiche. Una delle principali riguarda la sufficienza della conoscenza sensomotoria per spiegare la coscienza visiva. Alcuni critici sostengono che l’integrazione con la conoscenza concettuale sia indispensabile per generare un’esperienza cosciente. Questo dibattito è illustrato dagli esempi di “cecità esperienziale”, in cui pazienti con visione ripristinata dopo anni di cecità congenita riferiscono sensazioni visive prive di significato, suggerendo che la percezione visiva richiede non solo accoppiamento sensomotorio, ma anche capacità cognitive. Un’altra critica riguarda la compatibilità tra ES e le evidenze neuroscientifiche. La teoria delle due vie visive, che distingue una via ventrale per il riconoscimento degli oggetti e una dorsale per la guida dell’azione, sembra contraddire l’idea di una percezione unificata e dinamica proposta da ES. Inoltre, alcune ricerche neuroscientifiche indicano che le rappresentazioni neurali giocano un ruolo cruciale nella percezione visiva, sollevando dubbi sulla fattibilità di un approccio puramente non-rappresentazionale.

L’ES non è solo una teoria della percezione visiva, ma un paradigma che sfida le basi della filosofia della mente e delle scienze cognitive. Essa solleva domande fondamentali sulla natura della coscienza, sull’interazione tra mente e corpo e sul ruolo delle rappresentazioni mentali. Sebbene molte delle sue affermazioni rimangano controverse, l’ES ha stimolato un dibattito interdisciplinare che ha arricchito la comprensione della percezione e della cognizione. Futuri sviluppi potrebbero includere una maggiore integrazione tra ES e neuroscienze, nonché un approfondimento delle sue implicazioni pratiche in campi come la robotica, dove la comprensione delle contingenze sensomotorie potrebbe migliorare l’interazione uomo-macchina. Inoltre, la teoria potrebbe essere estesa ad altre modalità sensoriali, esplorando come l’udito, il tatto e l’olfatto interagiscano con l’azione per generare un’esperienza unificata.