L’Europa si trova oggi a un bivio esistenziale. Umiliata nei negoziati sulla pace in Ucraina, disgregata internamente e contestata per il suo atteggiamento verso la democrazia nei paesi vicini, si mostra fragile sul piano politico, economico e militare. Anche le recenti dichiarazioni del vicepresidente USA, J.D. Vance, che ha definito l’Europa “debole e destinata a esserlo sempre di più”, sono il riflesso di una realtà che l’Europa stessa ha contribuito a costruire. Tuttavia, da una prospettiva di Dottrina Sociale della Chiesa (DSC), il problema non è solo geopolitico, ma profondamente morale e sociale: l’Europa ha smarrito la sua anima e i suoi valori fondanti, rinunciando alla propria responsabilità storica.
L’umiliazione nei negoziati: dov’è la dignità delle nazioni?
I negoziati per la pace in Ucraina, monopolizzati dal dialogo bilaterale tra Stati Uniti e Russia, hanno relegato l’Europa al ruolo di spettatore impotente. Ancora una volta, il continente che dovrebbe essere protagonista della propria sicurezza è stato scavalcato. È ciò che Papa Francesco ha spesso definito come il dramma delle “guerre per procura”: decisioni prese altrove, ma pagate con il sangue e il sacrificio delle popolazioni locali.
Secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, la pace è un bene comune da costruire attraverso il dialogo autentico, il rispetto della sovranità dei popoli e il ripudio delle logiche imperiali. Eppure, l’Europa, invece di essere “artigiana di pace”(Papa Francesco, Fratelli Tutti), si è lasciata escludere, prigioniera di alleanze in cui non è protagonista, ma semplice esecutrice.
Contraddizioni democratiche: il nodo di Romania e Georgia
Se l’Europa è stata vittima dell’arroganza di Trump nei negoziati sull’Ucraina, essa stessa ha mostrato arroganza altrove, mettendo in discussione i risultati delle elezioni in Romania e Georgia. Da un lato predica la democrazia, dall’altro la contesta quando non è conforme alle proprie aspettative. È la stessa ipocrisia denunciata da San Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus, quando ammoniva l’Occidente a non imporre un modello di democrazia svuotato di valori, prigioniero di interessi geopolitici ed economici.
Democrazia, secondo la DSC, significa partecipazione reale e rispetto della sovranità dei popoli. Contestare elezioni legittime senza prove fondate è segno non di forza, ma di una crisi di fiducia nei propri stessi principi.
Un gigante economico con i piedi d’argilla
Il vicepresidente USA J.D. Vance, con toni arroganti, ha affermato che “l’Europa è debole e destinata a esserlo sempre di più”. Eppure, dietro l’arroganza c’è una verità amara: l’Europa è fragile perché non è mai diventata una vera comunità politica. La sua economia, pur potente, è frammentata. La crisi di settori industriali chiave – dall’energia alla tecnologia – è il risultato della mancanza di un’autentica unità federale.
Come ricorda Papa Benedetto XVI in Caritas in Veritate, “lo sviluppo autentico è integrale”, ossia politico, economico, sociale e spirituale. L’Europa, invece, ha costruito un’unione basata solo sulla moneta, ignorando l’anima politica e culturale. Ha perso il senso della solidarietà e del bene comune, principi cardine della DSC, smarrendo così la propria missione storica.
La questione militare: sotto il giogo della NATO per scelta, non per destino
Un altro nodo cruciale è quello militare. L’Europa, dopo le ferite della Seconda Guerra Mondiale, ha rinunciato a costruire una difesa comune, adagiandosi sotto il giogo della NATO. Non per necessità, ma per scelta politica: ha delegato la propria sicurezza agli Stati Uniti, sacrificando la propria sovranità strategica.
La DSC insegna il valore del principio di sussidiarietà: ogni comunità deve assumersi la responsabilità dei propri beni comuni. Delegare integralmente la difesa a un’alleanza esterna significa rinunciare a questa responsabilità. Papa Francesco, nel condannare la “terza guerra mondiale a pezzi”, ha più volte richiamato l’Europa a essere costruttrice di pace autonoma, e non un’appendice di altre potenze.
Verso una nuova Europa: riconciliare anima e potenza
Che fare, dunque? La Dottrina Sociale della Chiesa suggerisce tre strade per la rinascita dell’Europa:
1. Unione politica e non solo economica: Ritrovare il senso di comunità, che è diverso dalla mera somma di interessi nazionali. Un’Europa federale, capace di parlare con una sola voce, è l’unica strada per contare nel mondo.
2. Difesa comune come responsabilità morale: Costruire un esercito europeo non significa militarizzare l’Europa, ma renderla responsabile della propria pace. Un’Europa forte militarmente, ma guidata dai principi della giustizia e della solidarietà, può essere un autentico operatore di pace.
3. Sovranità democratica autentica: Rispettare la volontà dei popoli, sia in Europa che altrove. Democrazia non è imporre il proprio modello, ma accompagnare i popoli nel costruire il loro futuro.
L’Europa ritrovi la sua vocazione universale
L’Europa è stata la culla della civiltà cristiana, del diritto, della cultura e della solidarietà. Oggi rischia di diventare un campo di battaglia tra interessi esterni e divisioni interne. Ma la DSC ci ricorda che la politica è innanzitutto “forma eminente di carità” (Papa Paolo VI), e l’Europa deve tornare a praticarla: verso i suoi cittadini, verso i suoi vicini e verso il mondo.
Solo così potrà essere non solo un gigante economico, ma anche un faro morale. Non solo una potenza, ma una guida. Non solo una somma di nazioni, ma una comunità di destino.
L’Europa si autocondanna senza unità politica e imbevuto ancora degli egoismi del Congresso di Vienna del XIX secolo.