Paolo Gentiloni, terminato il suo mandato come commissario europeo all’Economia, si prepara ad affrontare una nuova sfida globale. Su richiesta del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha accettato di co-presiedere la task force incaricata di gestire la crisi del debito dei paesi in via di sviluppo. Questo incarico, di estrema rilevanza, riflette l’urgenza di una questione spesso ignorata ma cruciale per il futuro dell’intero pianeta.

Negli ultimi anni, il debito di molti paesi in via di sviluppo ha raggiunto livelli preoccupanti, superando i 1.500 miliardi di dollari nel 2023. Gentiloni sottolinea che si tratta di una crisi triplicata nel giro di un decennio, con il 40% dei paesi che fatica a sostenere il proprio debito e ben 11 nazioni che, dal 2020, hanno dichiarato default. Le cause di questa situazione sono complesse e molteplici: i costi della transizione climatica, la pandemia di covid-19 e le ripercussioni economiche dell’invasione russa dell’Ucraina. Questi fattori hanno aumentato l’inflazione e i tassi d’interesse globali, rendendo insostenibile la gestione del debito per molte nazioni.

La questione non riguarda solo i paesi direttamente coinvolti, ma ha implicazioni significative per l’Europa e il mondo intero. Gentiloni evidenzia come lo sviluppo sostenibile globale, già messo in difficoltà negli ultimi anni, rischi di essere compromesso. La cooperazione tra Europa e Africa, ad esempio, non è solo una necessità morale, ma una priorità strategica per garantire stabilità economica, gestire i flussi migratori e sostenere strategie di sviluppo condivise. Per l’Europa, la relazione con l’Africa è essenziale non solo per affrontare crisi immediate, ma per costruire un futuro sostenibile a lungo termine.

Una delle principali sfide emerse è il cambiamento nella natura del debito. In passato, i creditori principali erano rappresentati dai governi dei paesi ricchi riuniti nel Club di Parigi, che coprivano oltre la metà del debito africano. Oggi, il panorama è radicalmente diverso: oltre il 40% del debito è detenuto da creditori privati, come multinazionali, mentre il principale creditore pubblico è la Cina, che non fa parte del Club di Parigi. Questa frammentazione rende più complessa qualsiasi iniziativa per alleviare il debito, richiedendo strategie che coinvolgano attori diversificati.

Gentiloni accoglie con favore l’appello di Papa Francesco per la remissione del debito, riconoscendo il valore morale e pratico di tale proposta. Tuttavia, sottolinea la necessità di un approccio pragmatico che includa strumenti come la sospensione del servizio del debito, già sperimentata durante la pandemia, e una riforma del “common framework” del G20, considerato inefficace. Tra le soluzioni concrete, Gentiloni propone prestiti a lungo termine in valute locali, criteri di sostenibilità del debito condivisi con i paesi interessati e un maggiore coinvolgimento della Cina e dei creditori privati.

Questo impegno non è solo un dovere morale, ma una strategia geopolitica necessaria per l’Europa. In un mondo sempre più frammentato da protezionismi e tensioni globali, lo sviluppo dei paesi più vulnerabili rappresenta una priorità per garantire un equilibrio economico e politico stabile. Gentiloni insiste sulla necessità di un’Europa forte e coesa, capace di assumere un ruolo attivo nella promozione di un ordine multilaterale e inclusivo. Le crisi interne di singoli paesi, come Francia e Germania, non devono frenare le istituzioni comunitarie, che devono agire con determinazione in questo contesto.

In questo nuovo incarico, Gentiloni si pone al centro di una delle sfide più complesse del nostro tempo. La gestione del debito dei paesi in via di sviluppo non è solo una questione economica, ma un imperativo per costruire un futuro più equo e sostenibile. Il successo di questa missione dipenderà dalla capacità di coinvolgere attori globali e di promuovere una visione condivisa, dove lo sviluppo dei più vulnerabili diventi un valore universale.