L’intervento di Giorgia Meloni sulla vicenda della scarcerazione e rimpatrio del criminale libico Almasri è un esempio lampante della degenerazione del discorso politico in Italia. Invece di rispondere con trasparenza e responsabilità, la Presidente del Consiglio ha scelto la via della propaganda aggressiva, attaccando la magistratura, l’opposizione e chiunque osi mettere in discussione l’operato del suo governo.

Ma cosa è successo realmente? E soprattutto, cosa ci dice questa vicenda sul sistema di potere che sta governando il Paese? Proviamo a smontare pezzo per pezzo il discorso di Meloni, per rivelarne le contraddizioni e le strategie manipolatorie.

Un’aggressione scomposta alla magistratura

Meloni esordisce parlando del Procuratore della Repubblica di Roma, Francesco Lo Voi, definendolo come “lo stesso del fallimentare processo Salvini”. Un tentativo subdolo di delegittimarlo, riducendolo a un magistrato politicizzato che perseguita i leader della destra. Peccato che Lo Voi sia stato uno dei protagonisti delle inchieste contro Cosa Nostra, contribuendo a processi chiave come quello per l’omicidio di don Pino Puglisi e la strage di Capaci.

Meloni ignora volutamente questo passato e punta a screditare il procuratore con un riferimento fuorviante: il processo Salvini, che in primo grado si è concluso con un’assoluzione. Ma cosa c’entra questo con il caso Almasri? Nulla, se non il tentativo di creare un collegamento emotivo tra due situazioni totalmente diverse per alimentare la narrativa della persecuzione giudiziaria contro la destra.

Questo modus operandi è un classico della propaganda populista: non si affronta il merito delle accuse, si scredita chi le formula. È un metodo che abbiamo visto ripetutamente nella storia recente, da Trump a Bolsonaro, e che ora viene applicato sistematicamente anche in Italia.

La manipolazione sulla denuncia dell’avvocato Li Gotti

Dopo aver attaccato la magistratura, Meloni passa al secondo bersaglio: l’avvocato Luigi Li Gotti, colpevole di aver presentato la denuncia che ha portato all’apertura del fascicolo d’indagine. Anche qui, il trucco è sempre lo stesso: invece di rispondere sui fatti, si attacca la persona.

Meloni lo descrive come “vicino a Romano Prodi” e avvocato di pentiti di mafia come Buscetta e Brusca, suggerendo implicitamente che sia un personaggio losco. Ma la realtà è che essere avvocato di pentiti è una delle attività più delicate e pericolose nel mondo della giustizia. Difendere un collaboratore di giustizia significa contribuire a spezzare il legame tra criminalità organizzata e i suoi membri, un passaggio fondamentale nella lotta alle mafie.

Non solo: Li Gotti ha iniziato la sua carriera nel Movimento Sociale Italiano ed è stato l’avvocato della famiglia del maresciallo Oreste Leonardi, ucciso dalle Brigate Rosse. Una storia che, se letta senza pregiudizi, lo renderebbe tutt’altro che un simbolo della sinistra anti-Meloni. Ma per la premier, questi dettagli non contano: conta solo creare un nemico da abbattere.

Il trucco della vittima perseguitata

Dopo aver screditato magistrati e avvocati, Meloni passa alla fase successiva: presentarsi come una vittima di un complotto politico e giudiziario. “Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire”, proclama con enfasi, cercando di far passare l’idea che ci sia un’oscura cospirazione contro di lei.

Ma la realtà è esattamente l’opposto: Giorgia Meloni è sotto ricatto, solo che non lo subisce dalla magistratura o dall’opposizione, ma dai cartelli criminali libici.

E qui arriviamo al cuore della questione. La liberazione di Almasri non è un errore burocratico né una svista procedurale: è il risultato di un sistema di estorsione che lega il governo italiano alle milizie libiche. Da anni, l’Italia paga le milizie per gestire il flusso di migranti, delegando loro il lavoro sporco e chiudendo un occhio sui loro crimini. Questo legame è talmente profondo che, quando un loro capo finisce in manette, il governo si mobilita per liberarlo.

Un criminale protetto dal governo italiano

Meloni cerca di giustificare la scarcerazione di Almasri sostenendo che la richiesta di arresto della Corte Penale Internazionale non sia stata trasmessa correttamente. Ma la verità è che il governo aveva tutti gli strumenti per bloccarlo e non l’ha fatto. Perché?

La spiegazione più plausibile è che Almasri sapesse troppo e che la sua permanenza in un carcere italiano fosse considerata più rischiosa della sua liberazione. Meglio rimandarlo in Libia, dove potrà continuare a gestire indisturbato il traffico di esseri umani, garantendo al governo italiano un fragile equilibrio nei rapporti con le milizie.

Questa non è una semplice inefficienza amministrativa: è un atto politico deliberato. Un atto che dimostra come il governo italiano sia ostaggio delle stesse organizzazioni criminali che finge di combattere.

Una strategia costruita a tavolino

Tutto il discorso di Meloni è costruito per distogliere l’attenzione da questa verità imbarazzante. Il suo schema è sempre lo stesso:

1. Attaccare la magistratura, delegittimandone il lavoro.

2. Screditare chi la denuncia, cercando di dipingerlo come un avversario politico.

3. Presentarsi come una vittima, per spostare il dibattito dal merito delle accuse al complotto contro di lei.

4. Confondere il pubblico, raccontando mezze verità e omettendo i dettagli fondamentali.

E il risultato? Una politica che invece di rispondere agli italiani cerca di manipolarli, che invece di garantire la sicurezza dello Stato tratta con i criminali, e che invece di fare chiarezza si rifugia nell’autocelebrazione.

Il governo italiano sotto estorsione

Il caso Almasri è solo l’ennesima dimostrazione di come l’Italia sia ostaggio delle sue stesse scelte politiche sbagliate. Il governo Meloni, che aveva promesso di difendere i confini e combattere l’immigrazione clandestina, si trova ora nella condizione di dover proteggere e rilasciare un criminale legato ai trafficanti di esseri umani.

E nel tentativo di giustificarsi, Meloni ha mostrato il volto più pericoloso della sua leadership: quello di chi è disposto a piegare la realtà, a manipolare l’opinione pubblica e a indebolire le istituzioni pur di nascondere le proprie responsabilità.

Ma gli italiani non sono stupidi. E prima o poi si accorgeranno che dietro la propaganda e le dichiarazioni ad effetto, c’è un governo debole, ricattato e incapace di cambiare davvero le cose.