Il 2 febbraio 2025, la Giornata per la Vita si inserisce nel contesto del Giubileo, un anno di grazia e rinnovamento per la Chiesa e per l’intera umanità. Il messaggio scelto dalla CEI per questa occasione – “Trasmettere la vita, speranza per il mondo” – ci invita a riflettere su una realtà che oggi appare sempre più fragile: la volontà di generare, proteggere e custodire la vita.
Viviamo in un tempo in cui la vita sembra minacciata su più fronti: dalle guerre che colpiscono i bambini in tanti angoli del mondo, ai naufragi dei migranti, fino alla denatalità che segna profondamente l’Occidente e, in particolare, l’Italia. Il messaggio della Conferenza Episcopale pone un interrogativo cruciale: si può fare a meno della speranza?
La cultura della vita contro la cultura della paura
Oggi, molti giovani guardano al futuro con incertezza, scoraggiati da un mondo che sembra sempre più instabile e privo di certezze. La paura del domani, l’insicurezza economica e lavorativa, la fragilità delle relazioni e la mancanza di politiche familiari adeguate hanno generato una società in cui il desiderio di figli si è affievolito. Il crollo delle nascite non è solo una crisi demografica, ma una crisi di senso: abbiamo smesso di credere che il futuro valga la pena di essere generato.
A ciò si aggiunge un fenomeno paradossale: mentre la natalità crolla, cresce l’attenzione per altre forme di cura. Si moltiplicano gli animali domestici, si diffondono stili di vita incentrati sul benessere individuale, si investe in una vita più confortevole, ma si rinuncia alla generazione della vita umana. La CEI lo sottolinea con una provocazione forte: sempre più “pets”, sempre meno figli.
Questa sostituzione non è solo una questione anagrafica, ma rivela un profondo mutamento culturale: si preferisce prendersi cura di ciò che non implica una responsabilità a lungo termine, di ciò che è più facile e meno impegnativo. Si dimentica, però, che la vita non è mai un calcolo perfetto, ma una scommessa d’amore.
L’aborto: una scelta davvero libera?
Un altro tema centrale del messaggio della CEI è la questione dell’aborto. Nella narrazione dominante, l’interruzione volontaria di gravidanza è spesso presentata come un diritto acquisito, un simbolo di libertà e autodeterminazione. Ma il testo episcopale pone una domanda scomoda: una donna che abortisce per motivi economici o sociali sta davvero facendo una scelta libera?
Le statistiche dimostrano che la maggior parte delle donne che ricorrono all’aborto appartengono alle fasce più vulnerabili della società: lavoratrici precarie, madri sole, immigrate senza supporto. Se una donna sceglie di non portare avanti una gravidanza perché si sente sola o abbandonata, possiamo davvero dire che è stata libera di scegliere?
Il messaggio della CEI richiama l’importanza di un’alleanza sociale per la vita, capace di sostenere le madri in difficoltà e offrire alternative concrete all’aborto. Non si tratta solo di un principio morale, ma di una responsabilità collettiva: una società giusta non lascia sola una donna davanti alla scelta più difficile della sua vita.
L’impegno per la natalità: una sfida politica e culturale
Il calo delle nascite non è un destino inevitabile, ma una conseguenza di scelte politiche e culturali. Mentre si investe in riarmo e si moltiplicano le tensioni internazionali, si fa sempre meno per garantire alle nuove generazioni la possibilità di costruire famiglie. La CEI lo afferma chiaramente: la questione della natalità è una questione di speranza.
Se i giovani non vedono prospettive per il futuro, non metteranno al mondo figli. Se le famiglie non ricevono sostegno, saranno costrette a rinunciare alla gioia di accogliere una nuova vita. Se la genitorialità diventa un lusso per pochi, il destino di una società è segnato.
Serve un cambiamento radicale di mentalità: la natalità non può essere solo un tema di propaganda politica, ma deve diventare una priorità concreta. In questo senso, il richiamo all’impegno legislativo per rimuovere gli ostacoli alla nascita è un monito che riguarda tutti, credenti e non credenti.
La speranza si fa carne: un appello alla responsabilità
Il messaggio della Giornata per la Vita non è solo un’analisi della crisi in corso, ma un appello a invertire la rotta. La speranza non è un sentimento astratto, ma una scelta concreta che si manifesta in atti di fiducia: ogni bambino che nasce è una dichiarazione d’amore per il futuro.
Ecco perché il 2 febbraio 2025 non può essere solo un’occasione per parlare di vita, ma deve diventare un momento per difenderla, custodirla e promuoverla. Non possiamo restare indifferenti davanti a una società che smette di generare, a un mondo che perde la capacità di sperare.
La Giornata per la Vita ci ricorda che ogni esistenza è un dono e che la trasmissione della vita è il segno più tangibile della speranza. Se vogliamo un domani, dobbiamo scegliere oggi di amare la vita.