L’insediamento di Donald Trump per il suo secondo mandato ha inaugurato un’accelerazione senza precedenti nella sua strategia politica e comunicativa. L’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon, suo ex consigliere e ideologo dell’ultradestra populista, ha reso celebre un concetto ormai diventato il cuore del trumpismo: “inondare la stanza di merda”.

Si tratta di una tattica deliberata: sovraccaricare l’opinione pubblica con una quantità esorbitante di notizie, decisioni, dichiarazioni controverse e scandali, fino a rendere impossibile ogni resistenza efficace. È una strategia di guerra psicologica che mina la capacità di analisi critica della popolazione e spinge all’assuefazione.

Dopo appena due settimane dal suo insediamento, Trump ha già firmato una serie di ordini esecutivi che ridefiniscono gli equilibri del potere negli Stati Uniti. Ma uno di questi merita un’attenzione particolare: il provvedimento che, dietro la scusa della lotta all’antisemitismo, mira a colpire il dissenso pro-Palestina.

Un’ondata di repressione con la scusa della sicurezza

Il 29 gennaio 2025, Trump ha firmato un ordine esecutivo che prevede l’espulsione immediata degli studenti stranieri che partecipano a manifestazioni pro-Palestina o che esprimono opinioni critiche nei confronti di Israele. Nel documento si legge che il provvedimento è necessario per contrastare “l’esplosione di antisemitismo nei campus universitari” e reprimere “il vandalismo e le intimidazioni filo-Hamas”.

In sostanza, chiunque critichi Israele potrebbe finire nel mirino del governo federale. L’ordine esecutivo affida al Dipartimento di Giustizia il compito di applicare la legge federale sui crimini d’odio, sul terrorismo e persino sulla criminalità organizzata per colpire i movimenti pro-Palestina.

La misura, che richiama il famigerato maccartismo degli anni ’50, rappresenta un pericoloso precedente per la libertà di espressione.

Trump stesso ha rincarato la dose con un messaggio diretto:

“Troveremo e espelleremo tutti gli stranieri che hanno partecipato alle manifestazioni filo-jihadiste.”

L’accusa è chiara: chi difende la Palestina è automaticamente un terrorista. È un metodo classico dei regimi autoritari: ridefinire il perimetro della legalità per mettere a tacere le opposizioni.

Il legame con il “Progetto Ester” e la Heritage Foundation

Ciò che rende questa decisione ancora più inquietante è che non si tratta di un’idea improvvisata. L’ordine esecutivo ricalca fedelmente il “Progetto Ester”, un documento pubblicato dalla Heritage Foundation, il think tank ultraconservatore che ha ispirato il “Progetto 2025”, ossia il manuale per la trasformazione autoritaria dell’America.

Secondo il Progetto Ester, la causa palestinese non esiste in quanto tale: tutti coloro che la sostengono farebbero parte di un’inesistente “Rete di supporto ad Hamas”. Ne farebbero parte:

• Gruppi studenteschi pro-Palestina come Students for Justice in Palestine

• Organizzazioni ebraiche antisioniste come Jewish Voice for Peace

• Politici democratici progressisti come Rashida Tlaib, Ilhan Omar e Alexandria Ocasio-Cortez, accusate di essere “agenti dell’odio anti-americano”

L’obiettivo del piano è criminalizzare il dissenso, inquadrando ogni critica a Israele come atto di terrorismo e giustificando la sorveglianza, la repressione e persino l’arresto di attivisti, giornalisti e studenti.

In un passaggio inquietante, il documento suggerisce di usare leggi contro la criminalità organizzata (come il RICO Act), il terrorismo e i discorsi d’odio per colpire i simpatizzanti della causa palestinese. Il tutto accompagnato da una massiccia campagna di sorveglianza digitale e infiltrazione nelle università.

In poche parole: un piano per distruggere il diritto alla protesta negli Stati Uniti.

La strategia bannoniana: caos, repressione e distrazione di massa

Il tempismo con cui è stato firmato questo ordine esecutivo non è casuale. Fa parte della più ampia tattica di governo che Steve Bannon ha teorizzato e che Trump sta mettendo in pratica con precisione militare:

1. Creare una crisi dopo l’altra

L’obiettivo è sovraccaricare l’opinione pubblica con un flusso continuo di scandali, annunci e decisioni radicali, in modo da rendere impossibile un dibattito razionale. Quando le persone sono bombardate da troppe informazioni, finiscono per non reagire a nulla.

2. Ridefinire il linguaggio politico

Chi difende i diritti umani viene marchiato come terrorista. La repressione viene giustificata come necessità per la sicurezza nazionale. La lotta per la giustizia sociale viene etichettata come attività sovversiva.

3. Colpire il dissenso mentre l’attenzione è altrove

Mentre i media rincorrono l’ultimo scandalo o il tweet provocatorio di Trump, la macchina repressiva avanza in silenzio. Il risultato? Una società progressivamente anestetizzata, incapace di reagire di fronte alla graduale erosione della democrazia.

Un pericoloso precedente per il futuro degli Stati Uniti

Il nuovo ordine esecutivo non è solo un attacco ai movimenti pro-Palestina. È un test per vedere fino a che punto può spingersi la repressione del dissenso negli Stati Uniti.

Se questa misura passerà senza una forte opposizione, il prossimo passo sarà colpire altre forme di dissenso, dai movimenti per il clima agli attivisti per i diritti civili.

Trump ha già promesso che nel suo secondo mandato “eliminarà i comunisti, i marxisti e gli estremisti di sinistra”. Il nuovo maccartismo è già in marcia.

La domanda ora è: chi sarà il prossimo a finire nel mirino?