APPROFONDIMENTI: Il momento storico che stiamo vivendo è di complessa tensione g-locale, contemporaneamente globale e locale.
Un processo di relazioni e connessioni continue tra latitudini e longitudini diverse, alla ricerca di un equilibrio come risultante della tensione costante tra le varie parti. In tale prospettiva una modifica di un fattore politico, economico e sociale in qualsiasi parte del globo può ingenerare una risistemazione dell’intera struttura globale ovvero una riorganizzazione dell’insieme del sistema, che arriverà a un nuovo equilibrio relativo.
In tale direzione si declina il concetto di “tensegrità” richiamando con tale termine l’idea di una struttura vivente la cui peculiare stabilità è data dal continuo adattarsi al movimento e al cambiamento: un equilibrio dinamico e non statico. L’ingegnere Richard Buckminster Fuller nel solco del suo aforisma “Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta” coniò tale vocabolo per indicare un insieme di «tensione» e «integrità», una proprietà attribuita agli oggetti i cui componenti usano trazione e compressione in modo combinato, al fine di fornire loro stabilità e resistenza. Una diversa prospettiva di tensione possiamo individuarla in Gilbert Simondon che aspira ad elaborare una “assiomatizzazione” delle scienze naturali e sociali basata su di una teoria dei processi informazionali che attraversi tutti i regimi di individuazione: fisico, biologico, tecnico e psichico-collettivo.
Per tensegrità, ci si riferisce ad un modello che presenta “integrità tensionale”. È un sistema composto da elementi cilindrici ed elementi elastici, disposti in modo tale da stabilizzare la struttura che concorrono a creare. Avere tutti gli elementi discontinui, legati tra loro tramite cavi in perenne tensione, fa il modo che la struttura che si viene a creare sia autostabilizzante.
Nell’ Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium del Santo Padre Francesco si richiama la tensione tra la globalizzazione e la localizzazione. “Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra”. Un movimento di relazione, di empatia generativa, nell’impegno della cura delle interazioni, delle ricchezze culturali dell’umanità nel loro significato più ampio. L’approccio ecologico integrale alla lettura della complessità, chiede di prestare attenzione alle culture locali nel momento in cui si analizzano questioni legate all’ambiente, facendo dialogare il linguaggio tecnico-scientifico con il sentimento dei popoli. È l’approccio vivente della diplomazia delle relazioni, sguardi prospettici in cui si ripensa la relazione dell’essere umano con l’ambiente in chiave globale e locale. Bisogna ascoltare le differenti tradizioni, le sapienti consuetudini popolari e i desideri di pace delle ragazze e dei ragazzi delle periferie del mondo, ascoltando le roboanti voci provenienti dalle grandi potenze e gli assordanti silenzi delle comunità inascoltate.
Come evidenziato nel magistero “Il modello non è la sfera, che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità. Lì sono inseriti i poveri, con la loro cultura, i loro progetti e le loro proprie potenzialità. Persino le persone che possono essere criticate per i loro errori, hanno qualcosa da apportare che non deve andare perduto. È l’unione dei popoli, che, nell’ordine universale, conservano la loro peculiarità; è la totalità delle persone in una società che cerca un bene comune che veramente incorpora tutti.” Una convocazione costituente che promuove una ricerca costante di nuovo equilibrio, una tensione ad un futuro teso all’ isonomia sostanziale, al dovere di solidarietà politica, economica e sociale, che impatta sulle dinamiche della cooperazione spostando la prospettiva nella generatività moltiplicatrice delle connessioni tra diversità.
In tale direzione è possibile pensare il mondo come un insieme di eventi interconnessi, di processi viventi, consentendo una osservazione della complessità dal basso. Lo sguardo della complessità, la visione del noi, consente di recuperare la nozione di interdipendenza per ricostruire un multilateralismo operoso intorno agli ideali di giustizia sociale e responsabilità reciproca tra le nazioni e all’interno di esse. Nell’analisi dei futuri scenari di cooperazione istituzionale, la diplomazia delle culture è la chiave più avanzata per innescare un nuovo processo di relazione integrale, è la modalità tensegrale che ci permette di cogliere meglio i cambiamenti, di comprenderli e descriverli. Come indica il Vescovo di Roma “ Il tutto è più delle parti, ed è anche più della loro semplice somma” La vocazione all’ascolto, all’empatia, alla conoscenza delle culture si inserisce nel sentiero di incentivazione e promozione di una lettura ragionata della complessità propria dello sviluppo delle relazioni diplomatiche e culturali per le quali l’analisi, la ricerca e lo studio dell’essere umano, l’osservazione critica delle attività culturali e sociali, l’interpolazione transdisciplinare volta all’empatia generativa e di progetto, sono strumenti viventi, necessari per elaborare nuove strategie di policy per la casa comune.
Gli interrogativi intorno al bene e al male oggi sono più urgenti che mai, nella misura in cui gli esseri umani hanno preso maggiormente coscienza di formare una sola famiglia umana. I grandi problemi che si pone l’umanità hanno ormai una dimensione internazionale, planetaria, poiché lo sviluppo delle tecniche di comunicazione favorisce una crescente interazione tra le persone e le culture. L’ascolto polifonico delle problematiche, personali e istituzionali, consente di comprendere sul campo dell’agire il senso veramente soprannaturale ed insieme umano della sofferenza. È soprannaturale, perché si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, profondamente umano, perché in esso l’uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la propria dignità, la propria missione, come scrive Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Salvivici Doloris. Certamente, la riflessione giuridica proiettiva sull’argomento della sofferenza è di fondamentale stimolo per tentare di costruire una nuova visione di diplomazia della cultura con un approccio interdisciplinare, aperto al contributo di altre scienze, nella volontà di far crescere una sensibilità di analisi giuridica poliedrica come diritto sociale, vivente e costituzionalmente garantito. Riflettere intorno alle domande di senso innescate dalla sofferenza permette anche di entrare in una visione olistica del fenomeno, tesa all’isonomia e capace di considerare all’interno dell’elaborazione diplomatica la complessità delle azioni connesse all’eucrasia umana. Il movimento di pensiero che parte dalla sofferenza consente l’apertura prospettica sul valore del limite.
La percezione fondamentale e invariata che l’uomo ha di se stesso è di un essere fragile ed esposto alla precarietà. Come indicato nella Laudato si’: “La situazione attuale del mondo provoca un senso di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo. Quando le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità. Più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare. In tale contesto non sembra possibile che qualcuno accetti che la realtà gli ponga un limite”. Il confine esercita sempre una reale influenza nella nostra opera, nei nostri concetti, nei nostri problemi: quindi noi siamo ad un tempo attratti e respinti dal confine. In tale sentiero di riflessione è necessaria un’analisi transdisciplinare della tensione tra differenti culture e tradizioni per affrontare con una ragione plenaria le varie forme di sofferenza presenti negli scenari interni e internazionali, con una nuova metrica interpretativa fondata sull’interconnessione delle tradizioni.
Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale senza perdere di vista ciò che è locale. Dinanzi all’idea di una “globalizzazione sferica”, che livella le differenze e nella quale le particolarità sembrano scomparire, è facile che riemergano i fondamentalismi, pericolosi nazionalismi, mentre la globalizzazione può essere anche un’opportunità nel momento in cui essa è poliedrica, ovvero favorisce una tensione positiva fra l’identità di ciascun popolo, il Paese e la globalizzazione stessa, secondo il principio che il tutto è superiore alla parte. Appare necessario realizzare una nuova stagione di osservazione ed elaborazione di pensiero per combattere ogni forma di lesione alla dignità, puntando sull’Ecologia Integrale come motore del cambiamento, superando l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale, strutturando concretamente una visione integrata delle diverse dimensioni di un modello di sviluppo che sia realmente inclusivo, pacifico e rispettoso dei popoli e del pianeta.