Ci troviamo oggi in un’epoca di straordinarie trasformazioni, simile, per certi aspetti, a quella vissuta da Galileo Galilei nel XVII secolo. Mentre Galileo puntava il suo telescopio verso il cielo, rivelando verità che sfidavano i dogmi del suo tempo, oggi noi ci troviamo di fronte a un’altra rivoluzione: quella dell’intelligenza artificiale, un “telescopio” che ci consente di scrutare universi di dati e possibilità inesplorate.

Eppure, come accadde a Galileo, anche l’intelligenza artificiale è guardata con sospetto. La paura del nuovo, del diverso, e del cambiamento è un meccanismo umano naturale, ma rischia di diventare un freno alla conoscenza. Per questo, oggi, desidero riflettere non solo su Galileo e sulla sua vicenda, ma anche sul ruolo della Chiesa, spesso frainteso, e sulla nostra responsabilità di accogliere il progresso con saggezza.

Galileo, la Chiesa e il dialogo

Partiamo da Galileo, che non fu mai un nemico della Chiesa, come spesso si sente dire. Era un uomo profondamente credente, amico di figure di spicco del cattolicesimo come il cardinale Roberto Bellarmino, uno dei più grandi teologi del suo tempo. È vero, Galileo subì un processo, ma non fu mai torturato né imprigionato in senso stretto: visse gran parte della sua “pena” in residenze private, come villa Medici e la sua casa ad Arcetri. Il suo caso fu complesso, nato non solo da questioni scientifiche, ma anche da tensioni culturali e politiche dell’epoca.

La Chiesa, oggi, ha dimostrato di aver imparato da quella vicenda. Non è rimasta ancorata a vecchi paradigmi, ma ha saputo rinnovarsi, diventando una protagonista nel dialogo con la scienza. Lo dimostrano istituzioni come l’Accademia Pontificia delle Scienze, che riunisce i migliori scienziati del mondo, e la Specola Vaticana, uno degli osservatori astronomici più avanzati, dove scienziati e religiosi lavorano fianco a fianco per esplorare l’universo.

Questo spirito di apertura si riflette oggi anche nella riflessione sull’intelligenza artificiale, un tema che la Chiesa affronta con responsabilità e competenza, rifiutando sia il sensazionalismo che il rifiuto acritico.

Un frate in prima linea sul dialogo con l’IA

In questo contesto si inserisce una figura straordinaria: un frate, ingegnere e specialista di etica dell’intelligenza artificiale, che sta conducendo un programma sulla RAI dedicato proprio a questo tema. Attraverso il suo lavoro, ci invita a guardare all’intelligenza artificiale non con paura, ma con intelligenza, comprensione e senso critico.

Il suo programma non si limita a spiegare cosa sia l’intelligenza artificiale, ma ci aiuta a porci le domande giuste: Come possiamo usarla per il bene comune? Quali sono i rischi etici da evitare? Come possiamo assicurarci che la tecnologia serva l’uomo e non viceversa? Questo approccio, profondamente umano, riflette lo spirito della Chiesa che, anziché opporsi al progresso, cerca di accompagnarlo e orientarlo.

Il parallelo tra Galileo e l’IA

Come il telescopio di Galileo, l’intelligenza artificiale è uno strumento che ci permette di vedere oltre i limiti delle nostre capacità. Ma, come accadde al telescopio, anche l’IA è vista da alcuni con sospetto. Si teme che possa “sfuggire di mano”, che possa sostituire l’essere umano o manipolare la realtà. Questi timori, benché comprensibili, rischiano di farci ripetere gli errori del passato.

Non dobbiamo dimenticare che Galileo, con il suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, non cercava di distruggere una visione del mondo, ma di arricchirla. Allo stesso modo, l’IA non è una minaccia in sé, ma uno strumento potente che possiamo usare per il bene comune, se guidato da un solido senso etico e da una visione chiara.

Il ruolo della Chiesa nel progresso scientifico

Oggi la Chiesa non solo dialoga con la scienza, ma ne promuove lo sviluppo. Papa Francesco, nell’enciclica Laudato Si’, ha parlato della necessità di un’etica della tecnologia, sottolineando che il progresso deve essere orientato al rispetto della dignità umana e della creazione.

La presenza di un frate ingegnere sulla RAI è un segno di questo impegno: la Chiesa non si oppone alla scienza, ma lavora per assicurarsi che sia al servizio dell’umanità. Come Galileo si batteva per una verità più grande, così oggi la Chiesa e i suoi rappresentanti lavorano per aiutare l’umanità a navigare tra le opportunità e le sfide dell’intelligenza artificiale.

Un invito al coraggio e alla saggezza

Se c’è una lezione che possiamo imparare da Galileo, è che la paura non deve mai fermare la ricerca della verità. Come lui puntò il telescopio verso le stelle, così oggi dobbiamo puntare la nostra intelligenza verso il futuro, utilizzando strumenti come l’intelligenza artificiale per esplorare, capire e migliorare il mondo.

E, come ci ricorda il frate della RAI, non dobbiamo temere ciò che non conosciamo, ma imparare a comprenderlo con saggezza e umiltà. La Chiesa, lungi dall’essere un ostacolo, ci invita al dialogo, alla riflessione e alla responsabilità. Perché, come diceva Galileo, “La verità è figlia del tempo, non dell’autorità.”

Siamo chiamati, oggi come allora, a essere esploratori del sapere, con gli occhi aperti verso il cielo e il cuore aperto al bene comune.