Tripoli; Ogni tentativo di andare al voto in Libia è stato vanificato dalle continue lotte interne. La situazione nel paese nordafricano rimane estremamente tesa e frammentata. L’8 maggio scorso, la presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, si trovava a Cirenaica per incontrare il generale Khalifa Haftar, mentre nelle stesse ore il generale inviava i suoi emissari a Mosca.
Dalla caduta di Gheddafi, la Libia è rimasta intrappolata in un ciclo di faide tra clan e gruppi armati, caratterizzato da violenze, vendette e promesse non mantenute. L’inviato speciale delle Nazioni Unite a Tripoli, Abdoulaye Bathily, ha lanciato l’allarme attraverso una lettera di fuoco al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sottolineando la resistenza e le aspettative irragionevoli delle istituzioni libiche che ostacolano significativamente i progressi.
Le elezioni, previste per pochi mesi fa, non si sono mai tenute a causa delle rivalità interne. Il presidente Mohammed Dbeibah, accusato di aver comprato voti, è stato uno degli attori chiave in queste manovre. Oggi, la Libia gioca un ruolo cruciale nelle politiche energetiche europee, minacciando di bloccare l’invio di petrolio e gas in Europa.
Le posizioni consolidate degli attori principali, radicate e difficili da scardinare, complicano ulteriormente la situazione. Bathily ha denunciato l’influenza straniera che continua a peggiorare la crisi libica, con operazioni di mercenariato e ingerenze economiche.
Recentemente, l’Unione Europea ha promesso nuovi fondi per cercare di stabilizzare il paese, ma le dinamiche locali e internazionali rendono difficile qualsiasi progresso significativo. Nonostante gli sforzi diplomatici, le sfide rimangono immense e le prospettive di pace e stabilità sembrano ancora lontane.