Dal 7 ottobre 2023, gli attacchi di Hamas e la successiva guerra a Gaza hanno posto una domanda cruciale e ancora irrisolta: cosa accadrà dopo la fine del conflitto? Con l’intensificarsi delle operazioni militari israeliane, la possibilità che Gaza rimanga senza un’autorità governativa centralizzata apre scenari preoccupanti di instabilità, vuoti di potere e il rischio di una governance criminale.
La distruzione di Hamas e il vuoto di potere
L’obiettivo dichiarato di Israele è distruggere Hamas, responsabile di un regime repressivo a Gaza e di gravi attacchi terroristici contro Israele. Tuttavia, non è stato ancora presentato un piano per gestire il territorio una volta raggiunto questo obiettivo. La resistenza del governo di Netanyahu a coinvolgere l’Autorità Palestinese, nonostante le pressioni internazionali, lascia aperta la possibilità che Gaza si trasformi in un territorio senza governance, dominato da clan, bande armate e signori della guerra.
Questo scenario non è nuovo nella storia: conflitti in Somalia, Afghanistan, Haiti e persino nei Balcani hanno mostrato come l’assenza di un’autorità centrale forte porti a una frammentazione territoriale, con gruppi armati che assumono il controllo di porzioni di territorio. A Gaza, i clan familiari e le bande criminali, già radicati nell’economia del contrabbando, potrebbero riempire il vuoto lasciato da Hamas.
Mercati neri e governance criminale
La guerra crea sempre economie parallele. La scarsità di risorse e le restrizioni sulle importazioni hanno già dato vita a un fiorente mercato nero a Gaza, gestito principalmente da clan locali. Questi gruppi sono coinvolti in traffico di beni, droga e persino esseri umani. Durante il conflitto, convogli di aiuti delle Nazioni Unite sono stati saccheggiati non da civili disperati, ma da bande armate ben organizzate. Se Hamas venisse sconfitto senza un piano di transizione, queste bande potrebbero trasformarsi in nuovi centri di potere, alimentando una governance frammentata e criminale.
Conflitti di lunga durata e stabilità regionale
L’instabilità a Gaza non è un problema solo locale. Israele ed Egitto, che controllano i confini del territorio, hanno interesse a evitare che Gaza diventi una zona totalmente fuori controllo. Tuttavia, senza una visione chiara per il “giorno dopo”, la proliferazione di gruppi armati potrebbe portare a una situazione simile a quella di Haiti, dove bande armate dettano legge, o del Messico, dove i cartelli controllano interi territori.
L’esperienza dimostra che una governance criminale è resiliente e difficile da sradicare. In molte regioni del mondo, bande e gruppi paramilitari hanno sviluppato legami con funzionari politici, consolidando il loro potere. Nei Balcani, ad esempio, i traffici illeciti degli anni ’90 sono stati assorbiti in sistemi politici corrotti, mentre in Somalia e Afghanistan il controllo territoriale da parte di signori della guerra ha perpetuato decenni di violenza.
Conflitti di coscienza e la responsabilità dei militari
Un altro aspetto cruciale è il ruolo delle forze armate israeliane e dei militanti locali in questo contesto. I militari non possono essere semplici esecutori di ordini; devono confrontarsi con il conflitto tra il loro dovere e la realtà geopolitica. L’assenza di un piano per la transizione post-conflitto rischia di trascinare i soldati in operazioni che alimentano ulteriormente il ciclo di violenza, creando nuove vittime civili e rafforzando i gruppi armati.
Lezioni per Gaza: evitare gli errori del passato
La storia offre esempi di successo e fallimento nella gestione del “giorno dopo” un conflitto:
• Integrare gruppi armati nella governance: Sebbene rischioso, un modello come quello dei Balcani, dove ex combattenti sono stati integrati in sistemi politici, potrebbe fornire una transizione verso una governance più stabile.
• Supportare un’amministrazione civile: Coinvolgere l’Autorità Palestinese, con il sostegno internazionale, potrebbe aiutare a ristabilire un governo centralizzato.
• Evitare il caos delle governance criminali: L’instaurazione di un controllo internazionale temporaneo potrebbe prevenire l’ascesa di bande armate.
La distruzione di Hamas, senza un piano per il futuro, rischia di trasformare Gaza in un territorio frammentato e ingovernabile, con conseguenze disastrose per la popolazione e la regione. La domanda su cosa accadrà “dopo” non può essere ignorata. Israele e la comunità internazionale devono affrontare questa sfida con una visione strategica che combini sicurezza, giustizia e ricostruzione, evitando che Gaza diventi l’ennesimo esempio di caos post-conflitto.
Il conflitto a Gaza non si concluderà davvero con la sconfitta militare di Hamas. La vera battaglia sarà quella per costruire una pace duratura, che non può essere raggiunta senza un piano concreto e inclusivo
per il futuro del territorio e della sua popolazione.