ANNIVERSARI: Centonove anni fa, nell’oscurità della notte del 24 aprile 1915, l’Europa si trovò di fronte al primo grande genocidio del XX secolo: il massacro dei cittadini armeni cristiani perpetrato dall’Impero Ottomano e successivamente nascosto dalla Turchia di Kemal Ataturk. Questo orrore, che ha visto la deportazione e l’eliminazione di 1,5 milioni di armeni, insieme ad altre minoranze come quelle greche e assire, rimane uno dei capitoli più oscuri e ignorati del Novecento.
Papa Francesco ha definito questa tragedia come “Metz Yeghérn” (Il Grande Male), inaugurando una serie di atrocità che avrebbero segnato il secolo successivo. Tuttavia, la storia dei Armeni è stata per lungo tempo relegata nell’oblio, con poche tracce e ammissioni sparse. Questo genocidio perfetto, perpetrato nell’indifferenza della comunità internazionale e sostenuto dall’impunità di stato, rimane una ferita aperta nella coscienza globale.
Gli armeni, una minoranza cristiana con una ricca cultura millenaria, hanno sempre lottato contro nemici e invasori, ma fu la crisi dell’Impero Ottomano a segnare l’inizio della loro ora più buia. Nel 1894, il sultano Abdul-Hamid orchestrò il primo massacro sistematico, cercando di soffocare l’irredentismo armeno nel sangue.
Tuttavia, il genocidio del 1915 non fu motivato dalla religione, bensì dall’ambizione di potere, dal nazionalismo e dalla sete di omogeneità etnica. I Giovani Turchi del Comitato Unione e Progresso saliti al potere nel 1908, stabilirono una dittatura militare e avviarono una pulizia etnica su vasta scala, con l’obiettivo di eliminare gli armeni e creare un’etnia turca omogenea.
Questo piano fu attuato con metodi brutali e studiati, iniziando dall’arresto e l’eliminazione degli intellettuali armeni per arrivare alla deportazione e all’uccisione di intere comunità. La comunità internazionale rimase in gran parte indifferente, incapace o riluttante a fermare la macchina dello sterminio.
Anche se alcuni osservatori neutrali e funzionari occidentali fornirono testimonianze della brutalità del regime, nessuno intervenne efficacemente per fermare il massacro. Alla fine della guerra, gli armeni sopravvissuti furono costretti all’esilio, dando inizio alla diaspora armena.
Nonostante le prove schiaccianti e le testimonianze, la Turchia ha costantemente negato il genocidio, punendo persino coloro che osano sollevare la questione. L’articolo 301 del codice penale turco proibisce qualsiasi discussione sul tema, con il rischio di incarcerazione per chi osa dissentire.
Persino oggi, il genocidio armeno rimane un tabù in Turchia, con pochi coraggiosi che osano parlare apertamente della verità storica. Coloro che lo fanno, come il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk e il giornalista Hrant Dink, affrontano minacce e persecuzioni.
Il mondo ha il dovere di non dimenticare il Genocidio Armeno e di riconoscere la sua verità storica. Solo attraverso la conoscenza e la consapevolezza possiamo evitare che tali atrocità si ripetano in futuro. La verità può essere scomoda, ma è essenziale per la giustizia e la guarigione delle ferite del passato.