Negli ultimi anni, molti paesi, tra cui l’Italia, hanno investito miliardi di euro per l’acquisto degli F-35, il caccia di quinta generazione prodotto dalla statunitense Lockheed Martin. Un velivolo all’avanguardia, dotato di capacità stealth, avionica avanzata e sistemi d’arma sofisticati. Tuttavia, dietro la promessa di una superiorità tecnologica senza precedenti si cela una realtà meno rassicurante: la dipendenza assoluta dal controllo statunitense.

Un’arma “controllata a distanza” dagli USA

Uno degli aspetti più critici dell’F-35 è il suo sistema di gestione software, che non è completamente nelle mani dei paesi acquirenti. Gli aggiornamenti, la manutenzione e persino alcune funzionalità chiave dell’aereo sono gestite attraverso un’infrastruttura centralizzata negli Stati Uniti.

Il cuore di questo sistema è l’ALIS (Autonomic Logistics Information System), oggi in fase di transizione verso un nuovo sistema chiamato ODIN (Operational Data Integrated Network). Entrambi servono a monitorare lo stato operativo della flotta globale degli F-35, raccogliendo dati, aggiornando i software e gestendo la logistica. Ma questa tecnologia, che in teoria dovrebbe semplificare la manutenzione, introduce un problema strategico enorme: il Pentagono ha la possibilità di bloccare l’operatività degli F-35 a distanza.

Se un paese che possiede questi caccia decidesse di intraprendere un’operazione militare senza l’approvazione di Washington, gli F-35 potrebbero essere disattivati da remoto o resi inutilizzabili con il mancato invio degli aggiornamenti software necessari per il loro funzionamento. Non è un’ipotesi fantascientifica, ma un rischio concreto che mette in discussione l’autonomia militare delle nazioni che hanno acquistato questi velivoli.

Un’arma americana, non sovrana

L’Italia, come altri paesi europei, ha investito enormi risorse economiche negli F-35, con la prospettiva di rafforzare la propria capacità di difesa e proiezione militare. Ma cosa accadrebbe se, in un ipotetico scenario, il governo italiano volesse intraprendere un’azione militare non gradita agli Stati Uniti?

Gli Stati Uniti avrebbero il potere di bloccare l’intera flotta di F-35 italiani, rendendoli inservibili. Senza l’accesso al sistema di gestione del software, senza aggiornamenti e senza la possibilità di effettuare manutenzioni critiche, gli F-35 si trasformerebbero in costosi pezzi di ferro inutilizzabili. In altre parole, l’Italia (e gli altri paesi acquirenti) non possiede realmente questi aerei, ma ne ha solo un “diritto d’uso” condizionato dal volere di Washington.

Il precedente turco: una lezione dimenticata

Un caso emblematico è quello della Turchia. Dopo aver deciso di acquistare il sistema di difesa missilistico russo S-400, il governo di Erdogan è stato estromesso dal programma F-35 dagli Stati Uniti nel 2019. Gli F-35 destinati alla Turchia non sono mai stati consegnati, e gli esemplari già prodotti sono stati riassegnati ad altri paesi.

Questo dimostra che il Pentagono non esita a escludere o punire chi non segue la sua linea strategica, e chiunque pensi che i caccia acquistati dall’Italia siano al sicuro da simili interferenze si illude.

L’illusione dell’indipendenza militare europea

L’acquisto degli F-35 non è solo un’operazione commerciale, ma una scelta politica che rafforza la dipendenza europea dagli Stati Uniti. Mentre si parla di autonomia strategica europea, i principali paesi UE continuano a vincolarsi a sistemi d’arma che non controllano pienamente.

L’Italia avrebbe potuto investire in alternative europee, come il progetto FCAS (Future Combat Air System) sviluppato da Francia, Germania e Spagna, o il Tempest, in cui è coinvolta anche l’industria italiana (Leonardo). Ma la scelta di puntare sugli F-35 ha reso il nostro paese ancora più subordinato a Washington.

Un’arma che serve solo se gli USA lo vogliono

L’F-35 è senza dubbio un aereo tecnologicamente avanzato, ma non è un’arma veramente italiana. L’Italia, come gli altri acquirenti, non ha il pieno controllo sul suo utilizzo. Washington può decidere in qualsiasi momento di impedirne l’impiego, limitando di fatto la sovranità militare del nostro paese.

Il rischio è chiaro: in un conflitto o in una crisi internazionale, se gli USA non saranno d’accordo con le scelte strategiche italiane, basterà un comando remoto per lasciare la nostra flotta F-35 bloccata a terra. Un’illusione di potenza militare che potrebbe rivelarsi, nel momento cruciale, un’arma spuntata.