L’ultimo bollettino medico su Papa Francesco, al suo nono giorno di ricovero al Gemelli, lascia intravedere una situazione critica, nonostante il Pontefice continui a rimanere vigile e lucido. La crisi respiratoria prolungata, l’ossigeno ad alti flussi e le emotrasfusioni confermano che la polmonite bilaterale che lo ha colpito è una sfida seria per un paziente fragile come lui.

Di fronte a questa prova, il Papa continua a essere un testimone di resilienza e fede, ma la sua condizione apre interrogativi più ampi: quanto potrà reggere? Quanto inciderà questo ricovero sulla sua missione? E, inevitabilmente, come la Chiesa affronterà un papato sempre più segnato dalla sofferenza?

Un Papa malato, ma senza maschere

Se c’è una cosa che colpisce in questa vicenda è la trasparenza con cui il Vaticano sta gestendo la situazione. Il professor Sergio Alfieri ha detto chiaramente che il Papa è consapevole della gravità della sua condizione e non vuole bugie. Non si nasconde dietro illusioni di “lieve indisposizione” – come accadde con Giovanni Paolo II nei suoi ultimi anni – e non c’è nessuna “censura” sulle informazioni mediche.

Non è un dettaglio da poco. La Chiesa ha sempre avuto una gestione ambigua della malattia dei Papi. Nel passato, il corpo del Pontefice era quasi “sacro”, e le sue fragilità fisiche venivano minimizzate per evitare di mostrare debolezza. Francesco ha scelto la via della verità.

E la verità dice che il Papa è un uomo di 88 anni con una polmonite bilaterale, bronchiectasie croniche e bronchite asmatiforme. Non è in pericolo di vita immediato, ma la sua resistenza fisica è messa a dura prova.

Oltre il Gemelli: un pontificato segnato dalla fragilità

Non è la prima volta che Papa Francesco affronta gravi problemi di salute. Nel luglio 2021 fu sottoposto a un’operazione per una stenosi diverticolare al colon. Più volte ha sofferto di problemi respiratori, ed è noto che nel 1957 gli venne asportata una parte del polmone a causa di una grave infezione.

Eppure, ogni volta ha continuato a sorprendere per la sua resistenza e la sua volontà di non farsi fermare dalla malattia. Lo conferma anche il fatto che, pur non potendo celebrare l’Angelus in pubblico, ha comunque voluto diffondere il testo preparato.

Ma è lecito chiedersi: quanto ancora potrà portare avanti un pontificato così impegnativo?

Papa Francesco non è un uomo che delega facilmente. È un Pontefice che ama essere sul campo, viaggiare, incontrare persone, prendere decisioni dirette. Tuttavia, la sua salute impone un ripensamento. Non è irragionevole immaginare che nei prossimi mesi debba ridurre gli impegni pubblici e lasciare più spazio alla Segreteria di Stato e ai suoi collaboratori più stretti.

La Chiesa e il tabù della rinuncia

Ogni volta che un Papa si ammala seriamente, torna lo spettro della rinuncia, proprio come accadde nel febbraio 2013 con Benedetto XVI.

Papa Francesco ha sempre detto che non esclude la possibilità di dimettersi, ma ha anche chiarito che lo farebbe solo se non fosse più in grado di governare la Chiesa.

Il problema è che la fragilità non è una soglia netta, ma un processo. Fino a quando un Papa può dire di “essere in grado” di guidare la Chiesa?

Di certo, Francesco non ha ancora perso lucidità, né la forza di volontà per portare avanti il suo pontificato. Tuttavia, se questa polmonite lasciasse segni permanenti, rendendo difficile per lui viaggiare, parlare a lungo, lavorare come prima, si aprirebbe un dilemma serio su come conciliare la sua missione con i suoi limiti fisici.

Un pontificato che parla al mondo attraverso la sofferenza

C’è però un aspetto che non va sottovalutato: Papa Francesco sta testimoniando qualcosa anche attraverso la sua malattia.

Il suo pontificato ha sempre dato centralità ai poveri, ai malati, agli emarginati. Oggi, la sua stessa fragilità diventa un messaggio.

Non è il Papa “forte” dei primi anni, non è il leader vigoroso che cammina tra le folle. È un uomo anziano, che affronta il dolore con umorismo, che accetta di essere curato senza perdere il sorriso, che si lascia aiutare senza perdere la dignità.

Ed è proprio qui che si vede la vera forza del suo pontificato.

Se Giovanni Paolo II ha mostrato al mondo la sofferenza accettata come croce, Francesco mostra la fragilità vissuta con serenità e fiducia. Non si tratta di resistere fino alla fine a ogni costo, ma di vivere fino alla fine con autenticità e umiltà.

Il tempo della saggezza e della preparazione

Questo ricovero segna un punto di svolta nel pontificato di Francesco. Non è solo una malattia da superare, ma un segnale che qualcosa sta cambiando.

La Chiesa deve iniziare a prepararsi a un Papa che potrebbe essere meno presente fisicamente, ma non meno incisivo nel suo messaggio. E Francesco stesso dovrà decidere, con la sua consueta franchezza, come gestire i prossimi anni.

L’unica certezza, per ora, è che non si arrenderà facilmenteNon è uno che molla, come ha detto il suo medico personale. Ma forse, presto, dovrà trovare nuovi modi per continuare la sua missione.

Intanto, il mondo cattolico guarda al Gemelli con preghiera e attesa. Perché questa non è solo la malattia di un uomo, ma un momento decisivo per tutta la Chiesa.