SPECIALE SINODO: Il dibattito sull’ordinazione delle donne al diaconato nella Chiesa cattolica ha assunto una dimensione delicata e complessa, come evidenziato dall’ultimo aggiornamento del Sinodo. Il testo mette in luce un punto cruciale: la discrepanza tra le aspettative di un’ampia parte della comunità ecclesiale e la prudenza con cui le autorità vaticane stanno affrontando l’argomento. Questo approccio riflette non solo la diversità di vedute teologiche, ma anche la resistenza a ridefinire ruoli e responsabilità in una struttura millenaria come quella cattolica.

L’istituzione di più commissioni di studio, i cui esiti sono stati mantenuti riservati, rivela una tensione di fondo tra la volontà di approfondire la questione e il timore di suscitare divisioni. La metafora usata da Papa Francesco, che descrive i membri delle commissioni come “rospi provenienti da pozzi diversi”, evidenzia la pluralità di prospettive e, allo stesso tempo, l’incapacità di giungere a una sintesi comune. Questo potrebbe suggerire che, malgrado i tentativi di chiarimento, la Chiesa non sia ancora pronta per un cambiamento strutturale sul ruolo delle donne.

Il cardinale Fernández sembra voler anticipare un percorso più lento e meditato, che si orienta verso il riconoscimento dell’autorità storica e morale delle donne nella Chiesa, senza toccare il nodo sacramentale. Citare figure come Caterina da Siena, Teresa d’Avila o Dorothy Day non è solo un modo per legittimare la presenza delle donne nel contesto ecclesiale, ma anche per tracciare una narrazione che potrebbe, in futuro, fungere da base per un ripensamento più ampio della questione. Tuttavia, questa scelta pone il dibattito su un binario differente rispetto a quanto molti sostenitori del diaconato femminile avrebbero auspicato.

Se il lavoro delle commissioni sarà riassunto nel documento finale del sinodo, come dichiarato, è lecito chiedersi se il risultato finale non risulterà in una nuova dilazione, simile a quanto già avvenuto in passato. L’aggiunta di ulteriori figure femminili con ruoli significativi nella storia della Chiesa da parte del cardinale potrebbe essere vista come un tentativo di presentare un mosaico di testimonianze che, per quanto importanti, rimangono slegate dalla questione centrale: l’ordinazione sacramentale.

Questa cautela è stata ribadita dallo stesso Papa Francesco, che ha espresso pubblicamente la sua posizione contraria a “diaconi con ordini sacri”. Il rischio, quindi, è che il diaconato femminile venga ricondotto a una mera questione storica o di contingenza culturale, anziché essere considerato alla luce di un’interpretazione teologica più approfondita e attuale. Si potrebbe parlare di una sorta di “stallo strategico”, in cui la Chiesa riconosce la necessità di ampliare i ruoli delle donne, ma fatica a tradurre questo proposito in riforme concrete.

Ciò che emerge è una volontà di valorizzare le donne attraverso forme di ministero differenti, come indicato nel richiamo a “nuove forme di ministero” e a una “presenza femminile più incisiva”. Tuttavia, questo suggerimento può risultare ambiguo: se da un lato apre a una creatività pastorale che permetterebbe di superare alcune rigidità del passato, dall’altro rischia di perpetuare una visione che considera il diaconato femminile un “surrogato” piuttosto che una vocazione piena e riconosciuta.

In definitiva, il percorso delineato dal sinodo sembra ancora incerto, sospeso tra il desiderio di valorizzare l’apporto femminile e la volontà di non rompere l’equilibrio ecclesiale attuale. La questione del diaconato femminile, così come è stata finora trattata, appare quindi come un punto di tensione irrisolto, che rivela le difficoltà della Chiesa nel conciliare tradizione e innovazione.