La ripresa progressiva delle attività di Papa Francesco dopo i giorni di ricovero al Gemelli si manifesta con atti concreti e significativi per la vita della Chiesa universale. Il Concistoro per la venerabilità di Salvo D’Acquisto e la canonizzazione di Bartolo Longo ha mostrato come il Pontefice sia pienamente coinvolto nelle decisioni sulla santità, riconoscendo figure che incarnano la carità e la giustizia sociale. Ma un altro segnale altrettanto rilevante è arrivato con il Chirografo dell’11 febbraio, che istituisce la Commissio de Donationibus pro Sancta Sede.

Un nuovo passo nella trasparenza economica

Se qualcuno pensava che la convalescenza potesse rallentare il processo di riforma della Curia e della gestione finanziaria del Vaticano, la creazione di questa Commissione smentisce ogni dubbio. Francesco ha chiara la necessità di una gestione trasparente, ordinata e coordinata delle donazioni, affinché i fondi destinati alle opere della Santa Sede siano utilizzati con efficienza e onestà.

L’istituzione di questa nuova Commissione non è un’operazione burocratica, ma un passo decisivo nella riforma finanziaria avviata dal Pontefice fin dall’inizio del suo pontificato. La gestione delle donazioni è sempre stata un tema sensibile: il Papa sa bene che la generosità dei fedeli e dei benefattori deve essere onorata con rigore e trasparenza, evitando dispersioni, malversazioni o impieghi non finalizzati direttamente alla missione evangelica e caritativa della Chiesa.

Dal canone 1271 all’Obolo di San Pietro: un nuovo modello di coordinamento

Finora, le offerte alla Santa Sede si distribuivano in una molteplicità di canali, dalle donazioni spontanee dei fedeli, ai contributi previsti dal canone 1271 del Codice di Diritto Canonico, fino alla tradizionale Obolo di San Pietro. Il problema è che spesso queste raccolte avvenivano in modo scollegato, con una difficoltà a garantire una visione chiara e unitaria sulla destinazione delle risorse.

La Commissio de Donationibus avrà proprio questo compito: coordinare le diverse fonti di finanziamento, stabilire priorità, migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse e rendere più trasparente il loro impiego.

Non si tratta solo di centralizzare, ma di rendere più armonica la raccolta e la distribuzione dei fondi, evitando doppioni, sovrapposizioni e soprattutto il rischio di percezione negativa da parte dei fedeli. Il Papa sa bene che la fiducia nella gestione economica è essenziale per la credibilità della Chiesa, e questa Commissione ne è la dimostrazione concreta.

Una governance competente e rinnovata

La scelta dei membri della Commissione è un segnale forte della volontà di Papa Francesco di garantire competenza, equilibrio e inclusione. La presidenza è stata affidata a mons. Roberto Campisi, assessore per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, il che dimostra l’importanza strategica della riforma.

Ma ancora più significativo è il fatto che tra i cinque membri figurino due donne di spicco: suor Alessandra Smerilli, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e suor Silvana Piro, sottosegretario dell’APSA. Si tratta di figure di altissimo livello, che negli anni si sono distinte per rigore e capacità manageriale.

La presenza di mons. Flavio Pace, segretario del Dicastero per l’Unità dei Cristiani, e del giurista Giuseppe Puglisi-Alibrandi, segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano, completa una squadra che riunisce competenze economiche, giuridiche ed ecclesiali.

Un segnale di piena ripresa del governo papale

Il Chirografo dell’11 febbraio arriva in un momento in cui l’attenzione mondiale è ancora concentrata sulle condizioni di salute del Pontefice. Il fatto che una decisione così operativa e innovativa venga pubblicata in questi giorni è un segnale forte: il Papa non ha perso la presa sulla guida della Chiesa, né ha smesso di imprimere la sua visione riformatrice.

Francesco dimostra ancora una volta di non limitarsi a dichiarazioni di principio, ma di voler lasciare una Chiesa più trasparente, più responsabile e più credibile nell’amministrazione dei beni che le vengono affidati.

Questo non è un gesto di ordinaria amministrazione, ma un ulteriore tassello del suo pontificato, che ha sempre messo al centro la necessità di un governo ecclesiale libero da ombre finanziarie e più attento ai bisogni reali dei poveri.

La Chiesa del futuro non può permettersi opacità, e Francesco lo sa bene. La Commissio de Donationibus è un passo concreto in questa direzione: un segnale che il Papa è in piena ripresa e che il timone della Chiesa è ancora saldo nelle sue mani.