L’ultima proposta di Donald Trump riguardo a Gaza ha scosso la comunità internazionale. Il suo piano, che prevede lo sfollamento forzato dei palestinesi e la successiva “riqualificazione” della Striscia sotto il controllo statunitense, è stato accolto con sdegno e preoccupazione da leader mondiali, esperti di diritto internazionale e attivisti per i diritti umani. Trump insiste che il suo progetto sia “adorato da tutti”, ma la realtà è ben diversa: il piano è moralmente inaccettabile, politicamente destabilizzante e, soprattutto, costituisce una violazione del diritto internazionale.

Uno sgombero mascherato da “opportunità”

Secondo il piano rivelato da Trump, i palestinesi dovrebbero essere spostati in altri Paesi, mentre gli Stati Uniti, insieme ad alleati regionali, si occuperebbero di trasformare Gaza in un hub economico – un’idea che ricorda le retoriche colonialiste del passato. L’idea che si possa “comprare” la sofferenza di un popolo con promesse di prosperità economica è cinica e offensiva.

Il concetto stesso di spostare con la forza un’intera popolazione è in diretto contrasto con il diritto internazionale, che vieta trasferimenti forzati di popolazioni sotto occupazione militare (Convenzione di Ginevra, Articolo 49). Come ha dichiarato Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani:

“Qualsiasi trasferimento forzato o deportazione di persone dal territorio occupato è severamente vietato e rappresenta una violazione del diritto internazionale.”

L’idea di reinsediare milioni di palestinesi in altre nazioni arabe non tiene conto della realtà storica e della connessione identitaria che il popolo palestinese ha con la sua terra. Non è un caso che tutti i governi arabi abbiano respinto l’idea, a partire da Egitto e Giordania, che già ospitano milioni di rifugiati palestinesi.

Una catastrofe politica e umanitaria

Il progetto trumpiano è estremamente pericoloso, perché:

  • Accenderebbe ulteriormente il conflitto in Medio Oriente, alimentando nuove ondate di violenza.
  • Legittimerebbe la pulizia etnica di una popolazione che ha già subito sfollamenti di massa nel 1948 (Nakba) e nel 1967.
  • Infrangerebbe la possibilità di una soluzione a due stati, sancita dalle risoluzioni ONU e formalmente sostenuta da gran parte della comunità internazionale.

Anche figure moderate come il Re di Giordania Abdullah II hanno espresso una chiara opposizione, sottolineando che i palestinesi hanno diritto a vivere sulla loro terra e a non essere costretti a esili forzati.

La stessa amministrazione Biden ha preso le distanze, e persino alcuni repubblicani hanno espresso perplessità. Lindsey Graham, sostenitore storico di Israele, ha definito il piano “problematico”, mentre altri senatori hanno manifestato preoccupazione per un’occupazione militare statunitense di Gaza, che rischierebbe di trascinare gli USA in un’ennesima guerra senza fine.

Un’America costruttrice di pace o di colonialismo?

Il piano di Trump non è una novità nel suo modo di fare politica estera: la sua amministrazione ha sempre visto il Medio Oriente come un grande affare immobiliare, in cui gli Stati Uniti impongono soluzioni senza consultare le popolazioni coinvolte. Lo stesso Jared Kushner, genero di Trump e artefice degli “Accordi di Abramo”, ha più volte suggerito che i palestinesi dovrebbero semplicemente accettare di essere spostati altrove.

Ma la Palestina non è un appezzamento di terreno in vendita. Gaza è casa per milioni di persone. Gli abitanti della Striscia non vogliono essere “ricollocati”, vogliono diritti, dignità e giustizia.

Come ha dichiarato il politico palestinese Mustafa Barghouti:

“Trump sta legittimando un crimine di guerra. Nessun popolo al mondo accetterebbe di essere esiliato per fare spazio a un progetto turistico americano.”

L’idea di Trump rappresenta un tradimento dei valori democratici, una vergognosa riproposizione di schemi colonialisti e un tentativo di risolvere una crisi umanitaria con soluzioni che non fanno altro che perpetuare l’ingiustizia.

Il futuro di Gaza non può essere scritto da Washington

Il piano di Trump non è solo impraticabile, è un attacco diretto ai diritti dei palestinesi. Qualsiasi soluzione per Gaza deve partire dalla volontà del popolo palestinese, non da giochi di potere tra Washington e Tel Aviv.

Piuttosto che promuovere l’ennesima occupazione e deportazione di massa, gli Stati Uniti dovrebbero favorire un vero processo di pace, basato su:

a)  Il rispetto del diritto internazionale

b)  La fine delle ostilità e un cessate il fuoco duraturo

c)  Un percorso serio verso uno stato palestinese indipendente

Trump e i suoi sostenitori continuano a vendere sogni irrealistici travestiti da piani geopolitici, ma la realtà è chiara: i palestinesi non saranno mai una popolazione da trasferire a piacimento. La loro casa è la Palestina, e il loro diritto a viverci deve essere tutelato, non cancellato.