Le infrastrutture critiche dell’Unione Europea si trovano di fronte a una minaccia silenziosa ma devastante. Non solo il cyberspazio rappresenta un punto di vulnerabilità, ma anche il complesso sistema di interconnessioni sottomarine – gasdotti, cavi elettrici e di telecomunicazione – è emerso negli ultimi anni come un fattore di rischio sempre più rilevante. La guerra in Ucraina ha cambiato la percezione di sicurezza delle profondità marine, portando l’Europa a dover riconsiderare la protezione delle sue risorse strategiche.
Negli ultimi tre anni, almeno cinque gravi incidenti hanno messo in allarme le autorità europee e transatlantiche, evidenziando l’urgenza di rafforzare la sicurezza di questo intricato groviglio di tubature e cavi sottomarini. Fino al 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, il fondo marino europeo era considerato quasi inviolabile. Oggi, invece, è diventato un teatro di operazioni strategiche e possibili azioni di sabotaggio.
Incidenti e sospetti di sabotaggio: la risposta della NATO e dell’UE
Il crescente numero di tagli alle infrastrutture sottomarine ha spinto la NATO a intervenire direttamente, annunciando a gennaio 2024 il dispiegamento di fregate, aerei da pattugliamento marittimo e droni per la sorveglianza del Mar Baltico. Questa regione è diventata il fulcro delle preoccupazioni sulla sicurezza, dato che ha visto il maggior numero di incidenti gravi. Parallelamente, Bruxelles ha chiesto “misure rapide e decise” per rafforzare la protezione di queste infrastrutture critiche. Anche l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU), organismo dell’ONU, ha istituito un’entità specifica per garantire una maggiore resilienza dei cavi sottomarini.
Secondo l’ITU, ogni anno si verificano tra i 150 e i 200 incidenti su cavi sottomarini a livello globale, sia per cause accidentali che per azioni deliberate. Nel 2023, il numero ha raggiunto il massimo storico, con 200 incidenti registrati. In media, avviene un’interruzione ogni due giorni. Tuttavia, mancano dati specifici relativi all’Europa, il continente che sembra essere diventato il principale bersaglio di queste operazioni.
Gli esperti, pur mantenendo prudenza, riconoscono che la frequenza degli eventi nel Baltico suggerisce un possibile coinvolgimento umano. Camino Kavanagh, ricercatrice del Dipartimento di Studi di Guerra del King’s College di Londra, sottolinea che “gli incidenti dovuti alla pesca, agli ancoraggi o ai fenomeni naturali sono sempre esistiti, ma raramente in così grande numero e in così poco tempo”. Sidharth Kaushal, analista del Royal United Services Institute (RUSI), avanza un’ipotesi ancora più netta: “La frequenza e la localizzazione degli incidenti nel Baltico fanno pensare che ci sia un qualche tipo di intervento umano”.
Nord Stream e gli altri casi: una strategia di destabilizzazione?
L’elenco degli incidenti preoccupanti è lungo e variegato. Il caso più eclatante è stato quello del Nord Stream, il gasdotto che trasportava gas naturale dalla Russia all’Europa, distrutto nel settembre 2022 da esplosioni sottomarine. Questo evento ha causato la più grande perdita di metano mai registrata al mondo e ha innescato un acceso dibattito su chi potesse essere il responsabile. Mentre inizialmente i sospetti ricadevano sulla Russia, nel giugno 2023 la procura tedesca ha emesso un mandato d’arresto contro un cittadino ucraino, complicando ulteriormente il quadro.
Ma il Nord Stream non è stato l’unico caso. Nell’ottobre 2023, la nave NewNew Polar Bear, battente bandiera di Hong Kong, ha danneggiato il Balticonnector, un gasdotto tra Finlandia ed Estonia, insieme a tre cavi di telecomunicazione. A novembre, la nave cinese Yi Peng 3 ha tagliato due cavi tra Finlandia e Germania e tra Lituania e Svezia, un atto che il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha definito “difficile da considerare accidentale”.
Il giorno di Natale 2023, la nave Eagle S, proveniente dalla Russia e diretta in Egitto con un carico di petrolio illegale, ha tranciato il cavo elettrico Estlink2 tra Finlandia ed Estonia e quattro cavi di telecomunicazione. La polizia finlandese ha fermato la petroliera e otto membri dell’equipaggio sono stati accusati di aver deliberatamente danneggiato le infrastrutture con un’ancora. Tre di loro sono tuttora trattenuti in Finlandia.
A fine gennaio 2024, le autorità svedesi hanno bloccato la nave Vezhen, sospettata di aver danneggiato un cavo di telecomunicazione tra l’isola svedese di Gotland e la Lettonia. Anche se poi è stata rilasciata, l’episodio ha alimentato ulteriormente i timori su possibili sabotaggi.
Infine, pochi giorni fa, la Svezia ha aperto un’indagine preliminare su un possibile attacco alla rete idrica di Gotland. Secondo la polizia, qualcuno avrebbe manomesso l’impianto elettrico, staccando un cavo e interrompendo l’alimentazione delle pompe dell’acqua.
Una minaccia globale con un epicentro europeo
L’Europa non è l’unica regione a subire danni alle sue interconnessioni sottomarine, ma è certamente quella più esposta a causa della guerra in Ucraina e delle tensioni geopolitiche. Il Mar Rosso, per esempio, è diventato un altro teatro di attacchi alle infrastrutture: nel 2023, i ribelli Houthi dello Yemen hanno danneggiato cavi sottomarini, interrompendo il 25% del traffico dati tra Europa e Asia.
La vulnerabilità delle infrastrutture sottomarine è un problema strutturale. Il 99% del traffico Internet globale – dalle e-mail ai messaggi WhatsApp, fino ai video e ai dati finanziari – passa attraverso questi cavi. Con oltre 1,4 milioni di chilometri di cavi sottomarini, la loro protezione è un compito monumentale, reso ancora più complesso dal fatto che la proprietà è perlopiù privata, mentre la sicurezza è responsabilità degli Stati.
Secondo Kavanagh, “i governi devono assumere un ruolo più forte nella protezione di queste infrastrutture. L’investimento è ingente e non ha un ritorno economico immediato, ma senza sicurezza il costo dei danni potrebbe essere ancora più alto”. Il problema riguarda anche le capacità di riparazione: ci sono poche navi attrezzate per le operazioni sottomarine e molte di esse sono obsolete.
L’Europa è pronta?
La risposta è complessa. Da un lato, le misure di sicurezza sono state intensificate, con un maggiore coordinamento tra NATO, UE e operatori privati. Dall’altro, la capacità di proteggere tutte le interconnessioni sottomarine è limitata. “Non si può proteggere ogni cavo e gasdotto, ma bisogna essere più preparati”, avverte Kavanagh.
Per mitigare i rischi, gli operatori energetici stanno cercando di raddoppiare le interconnessioni, ma il costo è enorme. Anche le grandi aziende di telecomunicazioni stanno investendo in alternative come i satelliti, che però non possono sostituire completamente i cavi sottomarini a causa della latenza e della minore capacità di trasmissione.
Il nodo più critico rimane il gas. Secondo Kaushal, “il nord-est dell’UE è ancora poco integrato nella rete energetica europea e qualsiasi interruzione ha gravi conseguenze sulla sicurezza energetica”. Il problema si estende anche al Mare del Nord, rendendo il rischio ancora più ampio.
La lezione di questi ultimi tre anni è chiara: l’Europa non può più considerare il proprio fondale marino un territorio sicuro. Il rischio di sabotaggio è reale e crescente. La difesa di queste infrastrutture non è solo una questione di sicurezza economica, ma un tassello fondamentale della stabilità geopolitica del continente.