La Georgia, all’estremo margine orientale del continente europeo, si trova oggi al centro di una crisi politica e sociale che richiama preoccupanti similitudini con l’Ucraina di dieci anni fa, prima dell’inizio del conflitto con la Russia. Le strade della capitale Tbilisi sono invase da manifestanti che chiedono la caduta di un governo sempre più autoritario, accusato di voler riportare il paese sotto l’influenza di Mosca.

La protesta contro il ritorno alla sfera russa

Le manifestazioni sono scoppiate a seguito dell’annuncio, da parte del partito di governo Georgian Dream, di sospendere per quattro anni il processo di adesione all’Unione Europea. La decisione ha scatenato un’ondata di indignazione tra i giovani georgiani, che vedono nell’Europa la chiave per un futuro di dignità e libertà. Secondo un recente sondaggio, l’82% della popolazione sostiene l’ingresso nell’UE, un obiettivo sancito anche dalla costituzione del paese.

“L’Ucraina ci mostra che vale la pena lottare per la propria dignità, anche a costo di rischiare la vita”, ha dichiarato Lazare Maglakelidze, studente di informatica di 20 anni, brutalmente picchiato dalla polizia durante una protesta. Le sue parole riflettono la determinazione di una generazione che non vuole arrendersi.

Violenza e repressione

Le manifestazioni sono state affrontate con durezza. Video e testimonianze documentano la brutalità della polizia e, secondo alcuni, di milizie private reclutate dal governo. I manifestanti vengono picchiati, arrestati e intimiditi, mentre i giornalisti subiscono attacchi mirati. Tra le vittime, Guram Rogava, reporter televisivo, ha riportato la frattura della settima vertebra dopo essere stato colpito da un agente di sicurezza.

Le azioni del governo hanno attirato la condanna internazionale. Il Regno Unito ha ridotto il proprio sostegno al governo georgiano, definendo “scioccante” la violenza, mentre gli Stati Uniti hanno sospeso la collaborazione strategica, accusando il partito di governo di “azioni antidemocratiche”.

La trappola geopolitica del Caucaso

Situata tra Russia e Turchia, la Georgia è un corridoio strategico tra Oriente e Occidente. Tuttavia, la sua posizione la rende vulnerabile alla pressione russa. Mosca, che già occupa il 20% del territorio georgiano, considera l’allontanamento del paese dalla sua sfera d’influenza una minaccia diretta ai propri interessi. Il governo di Tbilisi, da parte sua, difende una “politica estera pragmatica”, ma molti critici vedono questa posizione come una resa ai diktat di Mosca.

La storica Cristina Florea della Cornell University avverte: “Il governo georgiano sta tentando di tornare nella sfera russa contro la volontà del popolo. È una situazione inquietante e pericolosa”.

Diritti umani e disillusione

La repressione non si limita alle proteste. La recente approvazione di leggi contro i diritti LGBTQ+ ha ulteriormente polarizzato la società georgiana. David Apakidze, artista e attivista gay, teme per la propria sicurezza: “Amo questo paese, ma non so se posso restare”. Le sue parole riflettono il dilemma di molti giovani, che vedono il sogno europeo svanire sotto il peso di un governo che guarda a est.

Un futuro incerto

La Georgia affronta una delle sue crisi più profonde. Divisa tra le aspirazioni europee e la pressione russa, il paese rischia di trasformarsi in un nuovo epicentro delle tensioni geopolitiche. Tuttavia, le proteste quotidiane dimostrano che una parte significativa della popolazione non è pronta a cedere.

Mentre la comunità internazionale osserva con apprensione, resta da vedere se la determinazione del popolo georgiano sarà sufficiente per cambiare il corso degli eventi o se il paese finirà nuovamente intrappolato nella lunga ombra di Mosca.