La recente escalation di violenza in Siria, culminata con l’offensiva del gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) contro le forze governative di Bashar al-Assad, riporta tragicamente alla ribalta un conflitto che sembrava essersi stabilizzato negli ultimi anni. L’attacco, che ha portato alla conquista di diverse aree nella provincia di Idlib e alle porte di Aleppo, ha causato centinaia di morti e migliaia di sfollati, riaccendendo le preoccupazioni per una crisi umanitaria di vasta portata.
L’operazione di HTS, nata da una costola di al-Qaeda, rappresenta una sfida significativa per il regime di Damasco, che dal 2018, grazie al supporto militare russo, aveva consolidato il controllo su gran parte del territorio nazionale. La capacità dei ribelli di lanciare una controffensiva di tale portata solleva interrogativi sulla reale stabilità del governo siriano e sulla sua capacità di mantenere l’ordine nelle regioni riconquistate.
La Turchia, confinante a nord, osserva con crescente preoccupazione l’evolversi della situazione. Ankara, che ha già subito perdite significative nel 2020 a causa degli scontri nella regione, teme una nuova ondata di profughi e un’ulteriore destabilizzazione dei propri confini. Nonostante il tentativo di mediare e dissuadere HTS dall’intraprendere l’offensiva, la Turchia si trova ora in una posizione delicata, dovendo bilanciare le proprie ambizioni regionali con la necessità di evitare un conflitto diretto.
L’intervento dell’aviazione russa, tornata a bombardare le postazioni ribelli, complica ulteriormente il quadro. Mosca, alleata chiave di Assad, non può permettersi di vedere eroso il proprio investimento politico e militare in Siria. Tuttavia, l’intensificazione dei bombardamenti rischia di aggravare la già drammatica situazione umanitaria, aumentando il numero di vittime civili e sfollati.
In questo contesto, la comunità internazionale appare divisa e incapace di formulare una risposta unitaria. Mentre alcune nazioni condannano le azioni di HTS, altre criticano le operazioni militari del regime e dei suoi alleati, evidenziando le violazioni dei diritti umani. Questa frammentazione impedisce l’adozione di misure efficaci per porre fine alle ostilità e avviare un processo di pace duraturo.
La ripresa dei combattimenti in Siria evidenzia la fragilità degli equilibri raggiunti e la complessità di un conflitto alimentato da molteplici attori con interessi divergenti. Senza un impegno concreto e coordinato della comunità internazionale, il rischio è quello di assistere a una nuova spirale di violenza, con conseguenze devastanti per la popolazione civile e la stabilità dell’intera regione.
APPROFONDIMENTO:
Hayat Tahrir al-Sham o HTC (Organizzazione per la Liberazione del Levante), è una delle principali forze che si oppongono al regime siriano..
- HTC è stata fondata nel 2017 da Abu Mohammed al-Joulani, un jihadista che si è fatto le ossa con il ramo iracheno dello Stato Islamico negli anni 2000. Successivamente ha fondato Jabhat al-Nosra poco dopo l’inizio della guerra civile siriana.
- Il Fronte al-Nosra è il ramo siriano di al-Qaeda. Al-Joulani aveva inizialmente giurato fedeltà all’emiro dell’organizzazione terroristica islamica, Ayman al-Zawahiri, ucciso nell’estate del 2022 da un drone statunitense.
- HTC, che oggi conta diverse migliaia di membri, combatte contro le forze del regime di Bashar al-Assad e le milizie sostenute dall’Iran. Il movimento sostiene di essere indipendente da al-Qaeda e da altre organizzazioni.
Molto inquietante. Riuscirà la Russi ad arginare questa situazione? Ha l’Ucraina, la Siria e il Sahel da controllare…