La caduta del governo di Michel Barnier, travolto dalla sfiducia parlamentare, segna un momento storico nella politica francese e nell’assetto europeo. Il primo premier sfiduciato del nuovo secolo non è caduto solo per il controverso utilizzo del famigerato articolo 49.3 della Costituzione. Il suo tracollo è il simbolo di una Francia che sta vivendo una crisi istituzionale, sociale ed economica profonda, incastrata tra gli estremismi di destra e sinistra che hanno trovato, seppur temporaneamente, un nemico comune: Emmanuel Macron.

Barnier è stato un “fusibile”, come qualcuno lo ha definito. Ma il vero bersaglio è l’Eliseo. Macron, il “Re Solo”, assiste impotente a una débâcle che lo priva di ogni parvenza di controllo e autorità. L’Assemblea Nazionale si è trasformata in un’arena dove non c’è spazio per la mediazione, ma solo per scontri senza esclusione di colpi. La politica francese, tradizionalmente capace di governare le tensioni attraverso la dialettica democratica, oggi è lacerata da un populismo galoppante che riflette il malessere di un’intera nazione.

Una Francia spezzata: sintomi di un male europeo

Questa crisi non riguarda solo la Francia. La fragilità di Parigi si riverbera inevitabilmente sull’Europa, soprattutto in un momento in cui l’asse franco-tedesco – il tradizionale motore dell’Unione Europea – vacilla. Una Francia senza bussola, colpita dalla disillusione dei cittadini verso le sue istituzioni (con un tasso di fiducia ai minimi storici), è un’Europa priva di leadership, che rischia di essere travolta dalle tempeste geopolitiche globali.

Con la Germania alle prese con la propria debolezza politica ed economica, il vuoto lasciato dall’asse carolingio è colmato da un’Europa burocratica che fatica a reagire alle sfide globali. La crisi del debito, il crescente populismo e l’instabilità delle politiche migratorie richiedono una guida forte e coesa. Ma quando due pilastri come Francia e Germania sono in difficoltà, l’intero progetto europeo scricchiola.

Macron e l’autonarrazione del potere

Macron, da sempre abile a costruire una narrazione che intreccia il suo destino a quello della Francia, oggi sembra prigioniero della sua stessa retorica. Si ostina a restare al timone nonostante una popolarità in caduta libera e un’opposizione parlamentare sempre più determinata a sconfiggerlo. Le dimissioni? Fantapolitica, secondo lui. Ma il vero pericolo è che questa resistenza si trasformi in immobilismo, lasciando il Paese – e l’Europa – in una pericolosa paralisi decisionale.

La Francia del 2024 non è quella che Macron aveva immaginato di guidare verso una nuova grandeur. È un Paese impaurito, impantanato in una crisi economica con un deficit pubblico preoccupante e un’insofferenza sociale che esplode nelle piazze e nelle urne. In questo contesto, Barnier – il vecchio statista incaricato di portare ordine – non poteva che fallire. Non per incapacità personale, ma perché la Francia di oggi non permette successi: è una nazione divisa, incattivita, che non riconosce più le proprie istituzioni come legittime.

Un’Europa fragile di fronte alle sfide globali

Il collasso del governo Barnier è un segnale d’allarme per tutta l’Unione Europea. La fragilità dei leader nazionali si traduce in una debolezza strutturale a livello comunitario. L’Europa deve affrontare una guerra alle porte, tensioni energetiche, crisi migratorie e sfide economiche globali. Eppure, con Parigi e Berlino azzoppate, il timone sembra vuoto.

La visita di Donald Trump a Parigi per la riapertura di Notre Dame aggiunge una nota ironica e sinistra a questo quadro. Trump, simbolo di un populismo che ha riscritto le regole del potere, incarna una leadership che Macron – e con lui molti leader europei – non riesce più a esercitare. La sua presenza sarà un monito: in un mondo di leader forti (nel bene o nel male), l’Europa non può permettersi di essere debole.

Il rischio del populismo e la necessità di una nuova visione

Il dramma politico di Parigi è un avvertimento per tutti noi. Il populismo, che si nutre delle crisi economiche e della sfiducia verso le istituzioni, non è solo una minaccia per la Francia. È un pericolo per la democrazia europea nel suo complesso. Ma la soluzione non può essere solo resistere: servono visioni nuove, leader capaci di ricostruire la fiducia dei cittadini e di affrontare le sfide con coraggio e pragmatismo.

Macron può ancora cambiare rotta? Forse. Ma il tempo stringe, e con esso la pazienza di un’Europa che non può più permettersi di aspettare.