Ad agosto 2023, Ronen Bar, capo dello Shin Bet, ha inviato una lettera che ha toccato il cuore della crisi interna israeliana: il crescente terrorismo ebraico contro i palestinesi in Cisgiordania rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale. Questo fenomeno, spesso minimizzato dai media, si inserisce in un contesto di crescente scontro tra l’establishment della sicurezza israeliana e l’estrema destra. Un’analisi lucida di questa situazione arriva dal prof. Alessandro Orsini, che ha spesso sottolineato come il terrorismo non sia solo opera di gruppi estremisti, ma anche di Stati che alimentano violenza e destabilizzazione attraverso azioni indirette e supporto a milizie radicali. Israele rischia di cadere in questa dinamica, lasciando che l’estremismo coloni comprometta la sicurezza e la stabilità della nazione.
La crescente spaccatura interna
Il conflitto tra l’estrema destra e l’apparato di sicurezza in Israele non è solo una questione di potere politico, ma rappresenta una battaglia per l’identità del paese. Da un lato, ci sono figure come Ronen Bar e il ministro della Difesa Yoav Gallant, che cercano di mantenere un certo equilibrio e stabilità. Dall’altro, ci sono esponenti dell’estrema destra, come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, che promuovono una politica sempre più aggressiva e radicale, alimentando tensioni interne ed esterne. Orsini ha sottolineato come il terrorismo di Stato possa manifestarsi anche attraverso il sostegno a gruppi estremisti che agiscono sotto l’ombrello della legittimità governativa, un fenomeno che vediamo ripetersi con l’impunità accordata ai coloni israeliani più violenti.
La Cisgiordania: un punto di rottura
La Cisgiordania è diventata un campo di battaglia non solo tra israeliani e palestinesi, ma tra diverse visioni del futuro di Israele. L’estrema destra israeliana spinge per l’annessione dei territori occupati, ignorando i richiami dell’establishment di sicurezza che vede in questa politica un fattore di destabilizzazione. Il sostegno indiretto ai coloni estremisti da parte di alcuni settori del governo non fa che alimentare la violenza, creando una spirale di terrore che danneggia sia i palestinesi che gli stessi israeliani. Come sottolinea Orsini, questo tipo di terrorismo sponsorizzato dallo Stato può avere effetti devastanti e imprevedibili, spingendo verso una guerra civile latente all’interno di Israele.
Il rischio di isolamento internazionale
Mentre la guerra a Gaza e le tensioni con il Libano dominano le prime pagine, la crisi in Cisgiordania rischia di trascinare Israele verso un crescente isolamento internazionale. La violenza dei coloni e l’espansione degli insediamenti stanno mettendo a dura prova anche le relazioni con gli Stati Uniti, tradizionale alleato di Israele. Secondo Orsini, il terrorismo di Stato può minare la legittimità internazionale di un paese, isolandolo politicamente e diplomaticamente. Il sostegno incondizionato di Washington potrebbe venire meno se Israele continuerà a ignorare i richiami alla moderazione, rischiando di compromettere la sua stessa sopravvivenza geopolitica.
Un futuro di incertezza
La lotta tra l’establishment della sicurezza e l’estrema destra in Israele non è solo una questione politica, ma una battaglia per il futuro del paese. Se Netanyahu continuerà a sostenere l’estrema destra, Israele rischia di precipitare in una crisi ancora più profonda, caratterizzata da isolamento internazionale e radicalizzazione interna. Il terrorismo di Stato, come descritto da Orsini, non si manifesta solo attraverso azioni dirette, ma anche attraverso la complicità nel permettere che forze estremiste prendano il sopravvento. Israele è a un bivio: scegliere la via della moderazione e della sicurezza, o cedere al radicalismo, con conseguenze disastrose per la stabilità regionale e interna.
Ormai si è capito che vogliono limitare il più possibile il numero dei palestinesi per chiuderla con la loro questione e farne dei ghetti come un tempo per i batustan in Sudafrica.