Mentre Israele conclude le operazioni nella Striscia di Gaza, emergono segnali sempre più chiari di una possibile invasione terrestre in Libano contro Hezbollah. Gli analisti militari e le dichiarazioni dei vertici israeliani suggeriscono che Tel Aviv potrebbe essere pronta a intraprendere un’azione di vasta portata anche oltre il suo confine settentrionale, nonostante il logoramento delle risorse dovuto a quasi un anno di guerra contro Hamas.

Questa prospettiva di espansione del conflitto solleva interrogativi fondamentali: fino a che punto Israele può sostenere un nuovo teatro di guerra e quale sarebbe l’obiettivo strategico di una campagna in Libano? Sebbene le forze israeliane abbiano già intensificato i bombardamenti sulla Dahiya e la Valle della Bekaa nelle ultime settimane, un’invasione terrestre potrebbe trasformare la situazione in una guerra prolungata con esiti imprevedibili, con il rischio di destabilizzare ulteriormente un Medio Oriente già fragile.

Una capacità militare intatta?

La capacità militare di Israele è senza dubbio formidabile, ma è anche messa sotto pressione. Dopo aver affrontato Hamas a Gaza con operazioni su vasta scala e aver intrapreso campagne militari in Cisgiordania, Israele non ha ancora esaurito le sue scorte. Secondo il generale Yaacov Ayish, ex comandante della Direzione delle Operazioni dell’IDF (Israel Defense Forces), “Israele ha risorse sufficienti per un’invasione terrestre” e il paese non può permettersi di cedere sul fronte settentrionale contro Hezbollah, un’organizzazione che rappresenta una minaccia strategica diretta.

Questa dichiarazione è supportata dalle recenti manovre militari e dalla mobilitazione di due brigate lungo il confine settentrionale. Ma l’escalation militare potrebbe facilmente trasformarsi in una guerra senza un chiaro obiettivo finale. Come ha sottolineato il generale Assaf Orion, l’invasione del Libano non può diventare un conflitto di lunga durata. Senza un fine strategico preciso, la presenza prolungata delle truppe israeliane potrebbe trasformarsi in un pantano, logorando le risorse militari e minando il sostegno interno ed esterno a un intervento del genere.

Hezbollah: un nemico diverso da Hamas

Hezbollah non è Hamas. Sebbene entrambe le organizzazioni abbiano una matrice comune nell’opposizione a Israele, Hezbollah è una forza paramilitare ben addestrata, armata e organizzata, che ha sviluppato una rete di infrastrutture sotterranee e un arsenale molto più sofisticato rispetto a quello di Hamas. Con decine di migliaia di missili e razzi accumulati negli ultimi anni, Hezbollah può infliggere danni significativi a Israele anche senza una presenza sul campo.

Il problema di fondo è che, mentre Hamas a Gaza può essere contenuto e isolato, Hezbollah in Libano rappresenta una minaccia più ampia, sostenuta direttamente dall’Iran. L’escalation con Hezbollah, infatti, rischia di trascinare nel conflitto anche Teheran, con ripercussioni su scala regionale che includerebbero milizie sciite in Siria e in Iraq, aumentando il rischio di una guerra su più fronti.

Qual è l’obiettivo di Israele?

Il rischio di un’invasione terrestre senza un obiettivo politico chiaro è alto. Il generale Ayish ha delineato una strategia che prevede un’offensiva rapida per “liberare” il confine settentrionale dagli attacchi di Hezbollah e distruggere le infrastrutture militari del gruppo, per poi ritirarsi. Ma questo approccio potrebbe semplicemente innescare una nuova fase del conflitto, senza risolvere la minaccia a lungo termine.

Anche se Israele riuscisse a distruggere temporaneamente la capacità operativa di Hezbollah lungo il confine, la questione rimarrebbe quella del “dopo”. Qualsiasi vantaggio militare guadagnato sul campo verrebbe probabilmente annullato nel momento in cui Hezbollah si riorganizzasse, come accaduto nel 2006. Questo implica che l’obiettivo principale di Israele non può essere la vittoria militare su Hezbollah, ma piuttosto un cambiamento nella dinamica regionale, che richiederebbe un supporto diplomatico internazionale molto più ampio di quello attualmente disponibile.

La necessità di una soluzione diplomatica

Molti esperti, tra cui Ofer Shelah, ex membro della Knesset, ritengono che qualsiasi incursione militare debba essere accompagnata da uno sforzo diplomatico per stabilizzare il confine settentrionale di Israele. “Non credo che Israele debba cercare di sconfiggere Hezbollah militarmente,” ha affermato Shelah, aggiungendo che la vera soluzione deve includere negoziati con il Libano e con le altre potenze regionali, inclusi gli Stati Uniti.

Israele ha il diritto di difendersi e di garantire la sicurezza dei suoi cittadini, ma il prezzo di un’invasione senza una chiara strategia politica potrebbe essere troppo alto. Mentre la minaccia immediata rappresentata da Hezbollah deve essere affrontata, Israele deve stare attento a non aprire un conflitto che potrebbe trascinarsi per anni, con esiti devastanti sia per il Libano sia per lo stesso Stato ebraico.

Evitare un nuovo pantano

La possibilità di un’invasione terrestre del Libano è reale, ma Israele deve ponderare attentamente i costi e i benefici. Se il conflitto in Libano si trasforma in una guerra di attrito, Israele rischia di ritrovarsi invischiato in un altro pantano militare, simile a quello del 2006, con perdite ingenti e senza una chiara via d’uscita. La vera sfida per Tel Aviv non è solo quella di distruggere i tunnel di Hezbollah o di “liberare” la frontiera settentrionale, ma di trovare un modo per stabilizzare la regione senza precipitare in una nuova guerra regionale.

L’ombra dell’Iran e la complessità della politica libanese rendono qualsiasi intervento militare in Libano un gioco ad alto rischio. Senza un chiaro sostegno internazionale e una strategia politica coerente, un’invasione potrebbe portare più problemi che soluzioni.