L’Italia sarebbe vicina a concludere un contratto di fornitura di telecomunicazioni sicure con SpaceX, la società di tecnologie spaziali di Elon Musk. L’accordo, dal valore di 1,5 miliardi di euro per cinque anni, riguarderebbe la gestione delle comunicazioni criptate del governo e dell’esercito italiano nell’area del Mediterraneo, includendo servizi satellitari per emergenze come calamità naturali o attacchi terroristici.

Secondo indiscrezioni riportate da Bloomberg, il tema sarebbe stato discusso nel recente vertice in Florida tra il presidente eletto statunitense Donald Trump e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Palazzo Chigi ha tuttavia precisato che si tratta di «normali approfondimenti» e che nessun accordo è stato ancora firmato.

Il nodo strategico e tecnologico

L’accordo con SpaceX si inserisce in un contesto delicato. Da una parte, offre la possibilità di sfruttare immediatamente la rete Starlink, con i suoi migliaia di satelliti già in orbita, per garantire comunicazioni resilienti e protette. Dall’altra, solleva interrogativi sull’opportunità di affidare informazioni sensibili a un’azienda statunitense strettamente legata all’amministrazione Trump, in un contesto geopolitico complesso e caratterizzato da forti asimmetrie nei rapporti tra alleati.

Il progetto europeo Iris2, una costellazione di satelliti sviluppata dal consorzio SpaceRise, rappresenta un’alternativa di lungo termine. Finanziato con oltre 10 miliardi di euro, mira a garantire comunicazioni sicure per i governi dell’Unione Europea, ma non sarà operativo prima del 2030. Nel frattempo, affidarsi a Starlink consentirebbe all’Italia di colmare un vuoto tecnologico, evitando di rimanere vulnerabile in uno scenario in cui le infrastrutture di comunicazione sono sempre più un obiettivo strategico nei conflitti moderni.

I rischi di un’alleanza asimmetrica

La scelta di collaborare con SpaceX non è priva di controversie. La storia delle relazioni tra gli Stati Uniti e i loro alleati, soprattutto nel campo dell’intelligence, è segnata da episodi di sfruttamento strategico. Uno dei casi più noti è l’operazione “Express Lane” della CIA, svelata da Wikileaks, in cui strumenti forniti agli alleati per il riconoscimento biometrico venivano utilizzati per accedere ai loro dati senza consenso. La possibilità che un’infrastruttura cruciale come quella delle comunicazioni governative venga gestita da un’azienda americana riporta alla luce timori di dipendenza tecnologica e vulnerabilità.

Una mossa necessaria?

L’adozione della rete Starlink risponde a esigenze immediate: garantire comunicazioni resilienti in caso di attacchi o crisi, come già dimostrato in Ucraina, dove i satelliti di Musk hanno sostituito le infrastrutture danneggiate. Tuttavia, l’Italia rischia di perdere l’opportunità di sviluppare una propria capacità tecnologica e infrastrutturale, optando per una soluzione chiavi in mano senza coinvolgimento operativo.

Questa scelta si intreccia con ritardi significativi nel Piano Italia 1 Giga, finanziato dal PNRR, che mira a portare la banda ultralarga in tutto il Paese. Coinvolgere SpaceX potrebbe accelerare alcune fasi del progetto, ma le prestazioni attuali della rete Starlink, con una velocità media di 100 mb/s, sono lontane dagli standard previsti dal piano.

Un bivio tra sovranità e pragmatismo

L’Italia si trova davanti a un dilemma strategico: scegliere una soluzione immediata ma potenzialmente rischiosa per la sovranità tecnologica, oppure attendere i tempi lunghi dell’Europa, contribuendo però a un progetto comune e proprietario. La posta in gioco non riguarda solo la sicurezza delle comunicazioni, ma il ruolo che il Paese intende assumere nel panorama tecnologico globale.

Se da un lato l’accordo con SpaceX potrebbe rappresentare un passo avanti verso l’innovazione, dall’altro evidenzia il rischio di una dipendenza strategica che l’Italia, e più in generale l’Europa, dovranno affrontare con visione e cautela.