La recente indagine del Censis sulla fede degli italiani ha rivelato che il 51,2% degli intervistati ritiene che la Chiesa non sappia parlare al mondo contemporaneo. Questo dato è particolarmente significativo tra le donne (52,2%) e i giovani sotto i 33 anni (57%). Tra i cattolici non praticanti, la percentuale sale al 56,1%, mentre tra i praticanti scende al 29%. Queste cifre evidenziano una difficoltà della comunità ecclesiale nel comunicare efficacemente oltre il proprio ambito, faticando a raggiungere coloro che sono considerati più lontani.

Spesso si attribuisce questa difficoltà a un problema di comunicazione, intesa però in senso riduttivo come mera strategia di marketing. Tuttavia, la comunicazione ecclesiale non può limitarsi a un “make up” per rendere attraente il messaggio della fede. Il Cammino sinodale ha avviato una riflessione profonda sul linguaggio e sulla comunicazione, riconoscendo che la questione riguarda ciò che la Chiesa è disposta a condividere con il mondo, l’immagine che ha di sé e ciò che desidera raccontare.

La forma logora del linguaggio rivela un nodo sostanziale da sciogliere. L’ascolto delle persone, con i loro diversi linguaggi dettati dalle situazioni di vita, invita la comunità cristiana a un esercizio spirituale di riconoscimento del vissuto umano come luogo teologico, in virtù del principio dell’incarnazione. Dio, facendosi carne, ha azzerato la distanza con la creatura, condividendo la strada per favorire una trasformazione del cuore.

Gesù, maestro di comunicazione, nei suoi incontri con l’umanità del tempo, ha adottato un metodo in cui la forma esplicita la sostanza. A chiunque incontrasse, offriva gratuitamente affetto, amicizia e considerazione, senza esigere il cambiamento come pre-requisito della sequela. Il suo sguardo vedeva oltre il peccato, riconoscendo la dignità intrinseca di ogni persona. Questa capacità di liberare l’altro dalla condizione di peccatore è la grande liberazione del Maestro, in grado di generare processi di conversione autentica.

Un altro dato significativo dell’indagine del Censis è che il 72,2% degli intervistati ritiene la dimensione spirituale molto o abbastanza importante. Nonostante la secolarizzazione, il cuore dell’umanità continua ad avere sete di infinito. La Chiesa è chiamata a innaffiare i germogli del Regno presenti nelle pieghe di questo cambiamento d’epoca, riscoprendo la propria missione di annuncio e testimonianza.

In questo contesto, il discernimento comunitario nel cammino sinodale diventa fondamentale. La teologia della comunicazione, che parte dalla Trinità e si estende all’automanifestazione perfetta di Dio in Gesù Cristo, offre una chiave di lettura per comprendere come la Chiesa possa comunicare efficacemente nel mondo contemporaneo. La comunione trinitaria è modello di relazione e dialogo, invitando la comunità ecclesiale a riflettere su come vivere e trasmettere il messaggio evangelico in modo autentico e coinvolgente.

La sfida è grande, ma la Chiesa ha in sé le risorse spirituali e teologiche per affrontarla, riscoprendo la propria vocazione a essere segno e strumento di comunione nel mondo.