La scorsa settimana ha fatto scalpore e commosso l’Italia la morte di una giovane del napoletano per le conseguenze di un chirurgia estetica. Proponiamo un’analisi sul fenomeno culturale in Occidente del non accettarsi per quello che si è e del voler modellare il volto e il corpo a colpi di bisturi.
Alessia Neboso è una ventiduenne morta il 22 settembre 2023 in seguito a delle complicazioni post-operatorie.
La giovane avrebbe dovuto sposarsi a breve e per sentirsi meglio nel suo abito da sposa si era sottoposta a una mastoplastica.
Una tragedia simile impone una riflessione che collochiamo nel quadrante della cultura e sensibilità della nostra società contemporanea in Occidente.
È l’ennesima vittima di una dittatura che impone il valore di sé sulla dimensione dell’avere e non dell’essere trasformando gli altri in un impietoso tribunale dove si va vestiti in maschera.
Accettarsi per quello si è, amarsi ed avere autostima è il punto di partenza per avere sane relazioni con gli altri e in definitiva con l’infinitamente Altro che è Dio.
La mancanza di un orizzonte verticale nell’esperienza umana sempre più secolarizzata rallenta al vittoria sui complessi e ci anestetizza dal fatto che è la nostra complessità e diversità che ci rendono persone uniche e irripetibili.
Guai a ridursi, o lasciarci ridurre, a una sola caratteristica, a un solo aspetto. In nessun caso una persona può definirsi nulla, incapace, brutta o senza interessi.
Nessuno è solo un campione o una star.
In nessun caso un comportamento, come una sola caratteristica, per negativa che sia, può definire una persona nella sua totalità.
I virus tossici che attentano all’autostima partono dal non accettare il proprio aspetto fisico.
Di fronte alla dittatura dell’immagine, non è sempre facile accettare il proprio corpo.
Voler migliorare il proprio aspetto fisico per sentirsi meglio è legittimo.
Ma voler cambiare per diventare un altro è pericoloso…
Abbiamo l’impressione di poter agire su questo corpo “colpevole”: cambiando acconciatura, stile, perdendo qualche chilo o ricorrendo alla chirurgia estetica.
Ciò, tuttavia, porta alla formazione di “complessi” che sono un focus su un’imperfezione, reale o immaginata, del nostro comportamento e molto spesso, del nostro fisico.
Quando l’immagine distorta del corpo colpevole invade la mente, questo meccanismo diventa patologico: lo troviamo all’opera nell’anoressia, quando le persone si vedono sempre troppo grasse o più in generale nella dismorfofobia, nell’odio per una parte del proprio corpo, che può portare a molteplici operazioni estetica, alla depressione, ecc.
Essere attraenti non è solo legato legato al nostro aspetto.
Ogni individuo, per svilupparsi, ha bisogno di essere rassicurato e valorizzato per la sua realizzazione personale.
Per smettere di soffrire si deve imparare ad accogliere la propria vera identità, spogliandosi di tutte quelle ferite che danneggiano.
È mettendo a nudo l’anima, che finalmente si sarà in grado di guardarsi negli occhi senza alcun artificio.
Quando si riesce a toccare questo stato di totale accettazione, finalmente le paure legate all’apparenza che impedivano di stare bene con sé stessi scompaiono e trasformano la crisalide giovanile in una farfalla adulta.
La bellezza è il gusto di essere sé stessi, quella intensa sensazione di appartenere a se stessi indipendentemente dal fisico.
Bisogna infine imparare a rendere grazie a Dio in ogni momento per ciò che si è, non per ciò che si ha o si vorrebbe essere.
I sogni e i modelli di bellezza o realizzazione proiettati sugli altri o condizionati dal presunto giudizio altrui creano dei clichés autodistruttivi.
Il nome Alessia deriva dal greco alexein che significa difendere e proteggere.
Purtroppo, la nostra comunità umana e il suo ambiente non è stato in grado in grado di difenderla da un bisturi letale maneggiato con eccessiva disinvoltura non più per curare ma per ritoccare e trasformare l’essere umano in un nuovo ambito predatorio della “chirurgia”.
Il volto di Cristo, sfigurato e trasfigurato aiuti gli uomini e le donne della nostra società a guardarsi allo specchio con più benevolenza per ripetere a se stessi: “Dio mi ama per come sono”.
Ho letto sui giornali che il papà candidamente diceva che la figlia voleva solo una taglia di seno in più. Con tutto il rispetto verso la vittima e la famiglia, visto il chiasso che comunque si sta facendo su una tragedia, non era forse meglio dire alla figlia di lasciar perdere?
Il fidanzato – futuro marito – che ruolo ha avuto in tutto questo? Ne siamo usciti tutti sconfitti da questa morte prematura.
Il problema è complesso. Certamente per una persona giovane non si capisce il motivo di mettersi sotto i ferri e spendere soldi per essere diversi da qual che si è e forse diventare in definitiva anche più brutti. È una questione di educazione. La cultura dell’apparire.
Io me la prendo con il fidanzato. Doveva incoraggiarla a piacersi per quello che è a questa ragazza.