La Pace cinese tra Iran e Arabia Saudita porterà alla fine delle divisioni tra sunniti e sciiti ? 

La storica pace tra il Paese guida dei sunniti : l’Arabia Saudita e il Paese guida dei sciiti : l’Iran è il frutto di una mediazione della Cina che dal 2020 ha condotto le trattative tra i due storici rivali politici e religiosi nel massimo segreto escludendo accuratamente gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Per rafforzare le trattative segrete tutti gli incontri avvenuti nel Oman e Iraq non sono stati resi noti ai media e si sono svolti usando esclusivamente le lingue arabo, persiano e mandarino sia per i colloqui che per la redazione dei documenti.  

Come gesti di buon volontà per permettere il buon esito degli incontri l’Arabia Saudita ha interrotto il sostegno politico e finanziario alle recenti proteste antigovernative iraniane, mentre l’Iran ha interrotto il suo sostegno ai ribelli Houthi dello Yemen. L’abbandono dei rispettivi alleati è avvenuto tra dicembre 2022 e gennaio 2023.  

La Cina ha sottoposto ad entrambi incentivi significativi. All’Iran è stato concesso di riappropriarsi dei 20 miliardi di dollari americani congelati nelle banche cinesi dopo la re-imposizione delle sanzioni USA e offerto un supporto politico internazionale e collaborazione tecnica per l’avvio del nucleare civile. All’Arabia Saudita Pechino ha offerto la possibilità di sganciarsi dal dollaro americano come moneta di acquisto delle risorse energetiche e una maggior indipendenza dall’influenza anglosassone tramite un appoggio politico in sede ONU e altre sedi internazionali.  

Ad entrambi i Paesi è stata offerta la possibilità di entrare nel blocco economico politico alternativo all’Occidente : BRICS, formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Un’offerta presa al volo. Riad e Teheran hanno presentato richiesta di adesione lo scorso gennaio. L’ingresso di Iran e Arabia Saudita nel gruppo dei BRICS apre le porte alla nascita del petroyuan, l’alternativa cinese al petrodollaro.  

L’accordo raggiunto verte anche sulla riattivazione della cooperazione tra i due Paesi in materia di sicurezza militare e nei settori dell’economia, del commercio, degli investimenti, della tecnologia, della scienza, della cultura, dello sport e della gioventù. Ha una grande valenza politica per la maggioranza dei Paesi non occidentali che vedono la Cina confermare il ruolo diplomatico di primo piano che intende assumere proponendo la cooperazione e il reciproco rispetto come armi preventive per guerre future e la risoluzione pacifica su basi di compromessi politici dei conflitti in corso.  

La pace Iran Arabia Saudita precede il piano di pace cinese per porre fine al conflitto in Ucraina. Messaggi forti che hanno maggior attrattiva alla risposta occidentale dinnanzi ai conflitti che si basa, al momento, sull’appoggio militare di una delle due parti conflittuali e sulla vendita di tonnellate di armi.  

L’accordo Riad – Teheran segna un importante primo passo che potrà portare a una riduzione delle tensioni di molti focolai di conflitto mediorientali e a costringere Israele a rivedere  drasticamente la sua politica in Palestina e nel Medio Oriente ; ma non porta automaticamente ad una Pace Definitiva tra i due Paesi in quanto in questi colloqui la diatriba sunniti sciiti è stata solo accennata, preferendo rinviare la soluzione dopo gli accordi politici, militari ed economici. Tuttavia entrambi i Paesi sono consapevoli che nessun accordo e nessuna collaborazione possono avere garanzie di durabilità se la disputa  delle due correnti antagoniste del Islam, rea di conflitti che durano da  millequattrocento anni, non viene risolta.  

Controversia storica tra Sunniti e sciiti

Tutto inizia nel 632 d.c. (ovvero nell’anno zero del calendario islamico), anno della morte del Profeta Maometto. L’influenza dell’Islam si rafforza dopo la morte del Profeta attraverso la conquista della sponda meridionale del Mediterraneo. Nel 711 fu oltrepassato lo stretto di Gibilterra e, gran parte della penisola iberica fu assoggettata in un paio d’anni, ma nel 732, a Poitiers, l’esercito cristiano di Carlo Martello sconfisse gli invasori. 

Fu durante questo secolo di rapide e travolgenti conquiste che il Corano assunse la sua forma definitiva, ma sorse anche la disputa che ancora oggi divide il mondo musulmano, ovvero tra sunniti e sciiti. La stesura definitiva del testo avvenne infatti in tre fasi: la prima nel 632, a pochi mesi dalla morte del profeta, fu realizzata da Abu-Bakr, primo califfo o «vicario» del profeta; la seconda sotto il terzo successore Othman tra il 644 e il 665, e infine l’ultima agli inizi del VIII secolo, dopo di che, per evitare confusioni, i testi precedenti furono distrutti. 

In questo contesto maturò anche l’altra grande questione, ovvero la divisione tra sunniti, ‘tradizionalisti’ e legati cioè alla Sunna, la pratica religiosa tradizionale, e sciiti, ‘legittimisti’ legati cioè ad Ali, genero e legittimo successore di Maometto, il cui figlio Hussein era stato sconfitto e ucciso nel 680 dopo la battaglia di Kerbela (oggi in Iraq) da Yazim, successore di Abu-bakr. 

La disputa sunniti e sciiti è diventata la chiave di lettura politica potente e radicata, quanto semplicistica e fuorviante, di una guerra atavica tra le due correnti del Islam di cui Arabia Saudita e Iran rappresentano i Paesi Guida. Una guerra fratricida dove l’Occidente, capitanato dagli Stati Uniti, si è inserito parteggiando per il mondo sunnita con l’intento di controllare le risorse naturali del Medio Oriente e detronizzare definitivamente la minoranza sciita tramite la caduta del Iran.   

« Negare l’esistenza e la profondità della frammentazione tra Sciiti e Sunniti sarebbe un paradosso. Le due correnti si formano e fronteggiano praticamente agli albori dell’Islam a seguito di una diatriba essenzialmente politica sulla natura della successione di Maometto. Il percorso storico ha senza ombra di dubbio solidificato il potere dei Sunniti, relegando la minoranza sciita in uno stato di più o meno forzata marginalizzazione e irrilevanza politica, almeno fino alla Rivoluzione Iraniana del 1979. » fa notare l’esperto mediorientale Jacopo Sciita. Da Kohmeini in poi il movimento sciita ha acquistato sempre maggior vigore avviando una duplice politica : scontro con l’Arabia Saudita tramite innumerevoli guerre di procura (dallo Yemen all’Iraq) e gli appelli ad una rinnovata unità di tutto l’Islam. 

Il terrorismo islamico

Dagli anni ottanta la corrente estremista islamica si è inserita in questa diatriba con l’avvento prima di al-qāʿida  (la Base del Corano) e successivamente del ad-dawla al-islāmiyya (Paese Islamico) – DAESH, conosciuto in occidente con il nome di ISIS (Islamic State of Iraq and Sham).  Questi due gruppi estremistici e i loro sottoprodotti (Al-Sahabaab, Boko Haram, Tanzim al-Qâ’ida bi-Bilâd al-Maghrib al-Islâm, e altri) rappresentano una degenerazione violenta del Sunnismo – Wahab Abita. Sopratutto il DAESH trae la sua ragione di esistere come bandiera del Sunnismo incaricato di realizzare un disegno regionale e globale per imporre l’Islam tramite la destabilizzazione e destituzione dei governi sciiti in Iran, Iraq, Siria e Yemen, prima di lanciarsi alla conquista e alla sottomissione del mondo cristiano.  

Il fenomeno dell’estremismo Wahab Abita è assai controverso e complesso rispetto alla semplice lettura offertaci dai media occidentali. Ad esclusione di qualche attentato clamoroso come l’11 settembre americano, a Parigi e in qualche altra capitale europea, i Wahababiti hanno prevalentemente massacrato mussulmani sia sciiti che sunniti accusati di supportare i sciiti. I loro leader, da Bin Laden a Abou Bakr al-Baghdadi, (auto proclamatosi successore di Maometto) hanno avuto documentati contatti con gli Stati Uniti che li hanno utilizzati contro i sovietici nell’Afghanistan e contro il governo di Assad (protettore della minoranza cristiana mediorientale) in Siria.   

La narrativa dei nostri media, che vede le potenze democratiche lottare contro l’Islam radicale, si infrange dinnanzi alla complessità del rapporto. Se da una parte abbiamo assistito a seri tentativi di eradicare il terrorismo islamico, dall’altra abbiamo notato alleanze insolite. A titolo di esempio, gli Stati Uniti occupano parte del territorio siriano ricco di petrolio (da loro illegalmente estratto e venduto) coabitando con gruppi armati legati al DAESH. Nel 2014 il governo del Camerun arrestò due agenti speciali dell’esercito francese intenti a fornire armi a Boko Haram al confine con la Nigeria. Israele, alfiere occidentale della lotta a DAESH e però alleato dei sauditi il cui legame con l’ISIS appare sempre più evidente. Queste strane connessioni vengono sistematicamente negate dall’Occidente eppure sono ben documentate.  

In ultima analisi sempre più forti sono i dubbi che la divisione tra Sunniti e Sciiti sia di fatto perpetuata fin dalla problematica successione al Profeta Maometto da interessi economici, politici e sopratutto di potere che fanno leva sugli aspetti identitari dei fedeli in buona fede, rappresentando la corrente islamica antagonista come eretica e nemica del vero Islam.  

Secondo vari esperti arabi del Nord Africa e mediorientali, lo scontro tra sciiti e sunniti, (come quello tra mussulmani e sionisti) non è altro che uno scontro tra Stati che, a seconda dei casi, agiscono per massimizzare la propria sicurezza o per costruire ed esportare il proprio modello identitario usando indebitamente la religione.  

Uscire dallo scontro tra Sciiti e Sunniti significa abbandonare il porto sicuro di una semplificazione teologica comoda per i potentati che possono facilmente manipolare, plagiare e spingere i fratelli mussulmani ad uccidersi tra loro. Significa mettere da parte visioni etiche e teologiche distorte, costruite sul bisogno di definire chi è buono e chi è cattivo. Significa in ultima analisi focalizzarsi sui veri insegnamenti del Corano ed estirpare le erbacce violente che rendono alcuni mussulmani non-islamici nel loro ricorso alla violenza. Occorre lavorare sulla teologia per superare le ancestrali divisioni (fondate da interessi pratici della famiglia del Profeta dopo la sua morte) per recuperare l’essenza del messaggio divino.  

Se si riuscirà a risolvere la divisione sunniti e sciiti, il mondo arabo si troverà rafforzato grazie ad una unica visione religiosa di un Islam unito per la prima volta dopo la morte del Profeta Maometto. L’unione delle due correnti islamiche si rifletterà sull’attenuarsi dei conflitti del mondo arabo. Anche l’arma del terrorismo islamico usata per decenni dall’Arabia Saudita e (probabilmente) anche dall’Occidente potrebbe disciogliersi tramite il Takfīr, la cacciata dalla comunità del mussulmano ritenuto un grave reprobo, una sorte di «morte civile » e delegittimazione religiosa tramite la fatwā decisa e pronunciata dai Muftī, i dotti, gli unici legittimati a esprimersi in materia dell’Islam.  

Il futuro dell’islam

L’Islam unito deve spaventare noi cristiani ? Non necessariamente. Occorrerà attentamente esaminare se questa auspicata pacificazione tra sunniti e sciiti si baserà su uno spirito di rivincita temporale contro cristiani e sionisti o sulle origini storiche e teologiche dell’Islam che trovano in Ibrahim (Abramo) il patriarca fondatore delle tre religioni abramitiche. Lo stesso Profeta Maometto nel suo Ashtiname (testamento) indicò come fondamentale la tutela dei cristiani, considerando cTorah e Vangelo libri dettati da Dio.  

L’aspetto abramitico di una futura unificazione dell’Islam è nell’interesse anche della Cina laica e atea, in quanto nel nuovo ordine mondiale progettato da Pechino non trova posto una guerra di religione che destabilizzerebbe il mondo al posto di pacificarlo e unirlo.  

Il prevalere della sorgente di Ibrahim deve essere facilitato e incoraggiato anche da noi cristiani, aprendo le porte ai fratelli mussulmani se sinceri e privi di intenti totalitari e, nello stesso tempo diffidando di cristiani che potrebbero avere interesse ad una conflittualità religiosa per interessi personali.  

L’aspetto abramitico da incoraggiare sembra essere stato la base ispiratrice dell’omaggio del presidente della Cei, card. Matteo Maria Zuppi reso alle vittime mussulmane dell’orribile naufragio di nostri fratelli a Cutro, presso il cimitero islamico di Bologna. Il Cardinale Zuppi è stato accolto dal Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, Yassine Lafram. Entrambi hanno dimostrato che l’amore e la tolleranza tra figli di Abramo non solo è possibile ma necessaria per garantire la pace, un dono di Dio di cui l’umanità è oggi più che mai bisognosa.  

 

Fulvio Beltrami