L’inquietante complicità tra il governo guidato da Fratelli d’Italia e il Partito Democratico, principale forza di opposizione, solleva interrogativi profondi sulla natura del sistema politico italiano. Se l’alternanza di governo è il principio fondante di ogni democrazia, la convergenza tra esecutivo e opposizione su temi cruciali mina alla radice la possibilità di un autentico dibattito pubblico.

L’episodio dello spionaggio contro Fanpage ha rivelato non solo l’uso illecito di strumenti di sorveglianza da parte delle istituzioni, ma anche l’atteggiamento ambiguo del PD, che avrebbe dovuto denunciare con fermezza la violazione della libertà di stampa. Invece, la sua reazione è stata tiepida, quasi complice. Perché? La risposta più plausibile è che lo stesso Partito Democratico abbia un interesse a limitare il dissenso e a controllare l’informazione, come dimostrano le sue ripetute campagne contro giornalisti considerati “non allineati”.

Un’alleanza sotterranea per il controllo dell’informazione?

Quello che sta emergendo è un inquietante allineamento politico tra governo e opposizione su temi fondamentali, che vanno oltre il singolo caso dello spionaggio contro Fanpage. Questa convergenza è evidente su diversi fronti:

• Il sostegno incondizionato al governo ucraino, nonostante la presenza documentata di elementi neonazisti nelle sue forze armate. Qualsiasi voce critica su questo argomento viene rapidamente silenziata.

• L’appoggio acritico al governo israeliano, anche di fronte ai crimini contro la popolazione palestinese, con una narrazione che esclude sistematicamente ogni critica alla politica di Tel Aviv.

• La vendita di armi a Paesi in guerra, in violazione della Costituzione e della legge 185/90, che vieta l’esportazione di armamenti verso Stati coinvolti in conflitti. Mentre si predica la pace, l’Italia continua a essere un esportatore di morte, con la benedizione di entrambe le principali forze politiche.

Questa sinergia tra FdI e PD crea un consenso blindato che trasforma il dibattito pubblico in una pura formalità, svuotando di senso la democrazia rappresentativa. Se entrambi i principali partiti si trovano d’accordo su questioni fondamentali, allora non esiste una reale alternativa politica.

Dove finisce la libertà di informazione?

Lo spionaggio contro Fanpage non è un caso isolato, ma un sintomo di una tendenza più ampia: la crescente repressione nei confronti del giornalismo indipendente. Giornalisti che indagano su temi scomodi vengono etichettati come “filo-russi”, “antisemiti” o “complottisti”, subendo campagne di diffamazione e, in alcuni casi, vere e proprie azioni di sorveglianza illegale.

media mainstream si sono ormai trasformati in megafoni del governo, e spesso anche della politica estera di potenze straniere come Washington, Londra, Bruxelles, Kiev e Tel Aviv. Ogni narrazione alternativa viene bollata come disinformazione o propaganda nemica. Questo meccanismo ricorda da vicino le strategie di manipolazione dell’informazione adottate nei regimi autoritari, dove la verità ufficiale non può essere messa in discussione.

Se il governo Meloni può permettersi di usare spyware contro i giornalisti, e se il PD promuove campagne di repressione contro media considerati non allineati, allora la libertà di stampa in Italia è in pericolo.

Difendere il diritto al dissenso prima che sia troppo tardi

Di fronte a questa deriva, è fondamentale che la società civile, gli organismi di tutela della stampa, la Magistratura e l’opinione pubblica prendano una posizione chiara e decisa.

La sorveglianza illegale di oggi contro i giornalisti potrebbe presto trasformarsi nella sorveglianza su ogni cittadino. Quando il controllo dell’informazione diventa uno strumento di potere condiviso tra maggioranza e opposizione, la democrazia si trasforma in un’illusione.

È necessario un risveglio collettivo, prima che l’Italia si ritrovi a vivere in una dittatura della verità unica, dove non esiste più spazio per il dissenso.