CULTURA: La filosofia presocratica si sviluppò nel cuore del mediterraneo a partire dal VI secolo a.C. Gli sforzi dei presocratici furono rivolti all’indagine del fondamento ultimo e della natura essenziale del mondo. Essi ricercarono il principio (archè) delle cose e il metodo della loro origine e della loro scomparsa. I pensatori presocratici presentarono un discorso relativo ad ambiti fondamentali della ricerca filosofica quali l’essere e il cosmo, la materia primaria dell’universo, la struttura e la funzione dell’anima umana, i principi basilari che regolano i fenomeni percepibili, la conoscenza e la moralità umana.
La filosofia presocratica rappresenta una fase fondamentale nello sviluppo del pensiero mediterraneo, caratterizzata dalla ricerca dei principi primi, o archè, che governano l’universo. In questo contesto, i filosofi ionici svolgono un ruolo di primo piano, iniziando con Talete di Mileto. Talete, vissuto tra il VII e il VI secolo a.C., è spesso considerato il primo filosofo della storia occidentale. Sebbene non ci siano pervenuti scritti diretti, la sua reputazione è stata tramandata attraverso gli aneddoti e le testimonianze di altri pensatori. Talete identificò l’acqua come il principio fondamentale di tutte le cose, non solo in quanto materia ma anche come anima vivente e divinità, cioè come espressione della natura nel senso più completo del termine. Secondo Talete, l’acqua era il nutrimento di tutte le cose e il principio della vita, osservando che i semi, da cui ogni vita germoglia, contengono in sé una natura umida. Questo primo tentativo di spiegare la realtà attraverso un principio unico e universale segna un passaggio cruciale dalla mitologia alla filosofia. Anassimandro, un altro filosofo di Mileto e discepolo di Talete, visse tra il 610 e il 545 a.C. circa sviluppando ulteriormente il pensiero del suo maestro, proponendo come archè una sostanza diversa dall’acqua, che chiamò àpeiron, ossia l’indeterminato o l’infinito. L’àpeiron, secondo Anassimandro, è una sostanza eterna e incorruttibile, immortale e indistruttibile, capace di abbracciare e governare tutte le cose. Da questa sostanza originaria, in cui non esistono differenze qualitative, emergono tutte le realtà del mondo attraverso processi di rarefazione e condensazione. Il suo pensiero rappresenta un passo avanti rispetto a Talete nella concettualizzazione di un principio cosmico astratto, che supera la limitatezza dei singoli elementi naturali. Un altro importante filosofo ionico, Anassimene, vissuto tra il 588 e il 528 a.C., continuò la tradizione della scuola di Mileto. Anch’egli astronomo e filosofo, identificò l’aria come principio di tutte le cose. A differenza dell’acqua di Talete e dell’àpeiron di Anassimandro, l’aria secondo Anassimene è un principio determinato ma allo stesso tempo infinito. Dall’aria derivano tutti gli altri elementi, attraverso i processi di rarefazione e condensazione: il fuoco, che è più rarefatto, e l’acqua e la terra, che sono più dense. Anassimene attribuì inoltre all’aria una natura divina, considerandola non solo come causa materiale, ma anche come principio vitale, poiché l’anima stessa è fatta d’aria. Questa visione del mondo, in cui l’aria è la forza generatrice e sostentatrice di ogni cosa, riflette una concezione dinamica e unitaria della realtà. La figura di Eraclito di Efeso, vissuto tra il 540 e il 476 a.C., si distingue per la sua visione originale e complessa del mondo, che ha influenzato profondamente il pensiero successivo. Eraclito, considerato un autodidatta, sviluppò una filosofia del divenire, secondo la quale tutte le cose sono in continuo mutamento. Nel suo pensiero, il principio fondamentale non è una sostanza materiale, ma il fuoco, che rappresenta il cambiamento costante e la trasformazione perpetua. Tuttavia, l’elemento più caratteristico della visione eraclitea è il concetto di lògos, che significa parola, discorso, ragione. Il lògos è la legge universale che governa tutte le cose e ne costituisce la struttura razionale, è presente in tutte le cose e le connette in un’unità indissolubile di opposti. Infatti, nella visione eraclitea, la realtà è caratterizzata da una tensione continua tra forze contrarie, come la guerra e la pace, il giorno e la notte, la vita e la morte. Questa opposizione non è una contraddizione, ma piuttosto il motore del cambiamento e della trasformazione. Il filosofo esprime questa idea attraverso l’immagine del fiume, affermando che “tutto scorre” e che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, poiché l’acqua in cui ci si immerge è sempre diversa. Il fuoco, come principio mobile e trasformante, è dunque l’espressione del lògos, che regola il continuo divenire dell’universo. Parallelamente ai filosofi ionici, la scuola pitagorica sviluppò una concezione del mondo basata sui numeri e sulle proporzioni matematiche. Pitagora di Samo, vissuto tra il 580 e il 490 a.C., fondò una scuola che univa filosofia, scienza e un rigoroso stile di vita ascetico. I pitagorici credevano che il numero fosse il principio di tutte le cose e che l’universo fosse strutturato secondo leggi matematiche. Essi distinguevano due principi supremi, il Limite e l’Illimitato, dai quali derivano tutte le realtà opposte, come il dispari e il pari, l’uno e il molteplice, il maschile e il femminile. La dottrina pitagorica influenzò profondamente la concezione dell’universo come un ordine armonico, retto da leggi numeriche. Inoltre, i pitagorici credevano nella reincarnazione delle anime e praticavano una rigorosa disciplina morale e ascetica, basata sul dualismo tra anima e corpo. Questo dualismo si esprimeva nella denigrazione del corpo, considerato un ostacolo alla purezza dell’anima, e nella ricerca della perfezione spirituale attraverso la conoscenza e la contemplazione. Tra i filosofi presocratici, anche la scuola eleatica, fondata da Senofane e rappresentata da Parmenide e Zenone, ha avuto un impatto duraturo sul pensiero filosofico. Senofane, vissuto tra il 570 a.C. e il 475 a. C., criticò aspramente la tendenza dei poeti a rappresentare gli dèi in forme antropomorfe, proponendo invece una concezione razionale della divinità. I senofanei sostenevano l’esistenza di un unico Dio, eterno, immutabile e omogeneo, identificato con l’intero universo. Parmenide, suo discepolo, è considerato il vero fondatore della scuola eleatica e sviluppò una dottrina radicalmente diversa da quella dei filosofi ionici. Secondo Parmenide, l’essere è uno, immutabile, eterno e omogeneo, e il divenire è solo un’illusione dei sensi. Egli affermava che la via della verità consiste nel riconoscere l’essere come l’unica realtà, mentre la via dell’opinione conduce all’errore e alla confusione tra essere e non essere. Da questa concezione dell’essere, si dedussero una serie di caratteri che lo definiscono come eterno, unico, immutabile e finito. La dottrina parmenidea rappresenta un rifiuto radicale del divenire e della molteplicità, ponendo l’essere al centro di una visione monistica e razionalistica della realtà. Zenone di Elea, discepolo e difensore di Parmenide, sviluppò una serie di argomenti contro la molteplicità e il divenire, utilizzando la dialettica come strumento per dimostrare l’assurdità delle concezioni comuni. Tra i suoi argomenti più famosi vi sono il paradosso di Achille e la tartaruga e il paradosso della freccia, in cui Zenone mostra l’apparente contraddizione insita nel movimento e nella divisione all’infinito. Questi argomenti, sebbene speciosi, contengono importanti intuizioni sulla relatività del moto e sulla natura del continuo, che hanno suscitato grande interesse nella fisica e nella matematica moderne. Infine, Empedocle di Agrigento, vissuto tra il 484 e il 424 a.C., rappresenta una figura di transizione tra il pensiero eleatico e quello pluralista. Empedocle sostenne che tutte le cose sono costituite da quattro elementi fondamentali: fuoco, aria, terra e acqua, che chiamava radici e che identificava con quattro divinità. Questi elementi, secondo Empedocle, si mescolano e si separano in base a due forze cosmiche contrarie: l’Amore e l’Odio. L’Amore unisce gli elementi, mentre l’Odio li separa, determinando così la nascita e la morte delle cose. Sebbene influenzato da Parmenide, Empedocle recupera il concetto di molteplicità e divenire, introducendo una visione dinamica del mondo in cui gli elementi si combinano e si trasformano incessantemente. Empedocle sviluppò anche una teoria originale della conoscenza sensibile, secondo cui ogni organo di senso è in grado di percepire i suoi simili negli oggetti esterni, in base alla legge secondo cui “il simile conosce il simile”. Nel suo poema “Purificazioni”, Empedocle riprese la dottrina pitagorica della metempsicosi, fornendo una base razionale al mito della reincarnazione. La filosofia presocratica, nel suo insieme, rappresenta un ricchissimo patrimonio di idee e riflessioni che ha posto le fondamenta per lo sviluppo del pensiero filosofico occidentale. Attraverso la ricerca dei principi primi e la riflessione sulla natura dell’essere, questi primi filosofi hanno inaugurato un nuovo modo di pensare, basato sulla ragione e sull’osservazione, che ha profondamente influenzato la tradizione filosofica successiva. Sebbene le loro teorie siano state in molti casi superate o rielaborate, l’eredità dei presocratici rimane un punto di riferimento imprescindibile per comprendere l’evoluzione della filosofia.