Il 22 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Terra (Earth Day) per promuovere la salvaguardia del pianeta.
Paolo VI ne elogiò l’iniziativa durante il suo fecondo pontificato che coincise con un periodo storico di emergenza ambientale incipiente.
L’idea di istituire l’Earth Day, infatti, nasce nel 1969, quando il senatore americano Gaylord Nelson fu testimone oculare del disastro naturale causato dallo scoppio di un pozzo di petrolio vicino a Santa Barbara, in California.
Più tardi, con il magistero di Giovanni Paolo II, si incominciò a parlare di “ecologia integrale”.
Papa Francesco, con l’enciclica Laudato si’ del 2015, evidenzia oggi il nesso tra crisi ecologica e povertà, e quindi l’urgenza di giustizia e di carità nei diversi settori: ambientali, sociali, culturali ed economici.
L’uomo è custode della creazione e come tale non può diventarne predatore.
Riflettere sulla creazione significa imparare a scoprire il vero volto del Creatore, le cui tracce sono presenti nel giardino della creazione e impegnano le creature a salvaguardarne la bellezza.
In ebraico la parola “giardino” (gan) deriva dal verbo ganan, che significa proteggere. Un giardino recintato, non nel senso che oltre i suoi confini vi sia il nulla, ma per indicare lo spazio entro il quale l’essere umano è chiamato ad esercitare la sua cura, al fine di trasmettere ai propri discendenti un giardino non ferito e sfigurato, ma simbolo della vita ricevuta e donata.
Nell’antichità il simbolo dell’ouroboros rappresentava il serpente che si morde la coda, formando così un cerchio, in cui il serpente (Daimon) diventa il simbolo dell’autosufficienza, della completezza senza l’alterità. La colpa dell’uomo (Adamo) e della donna (Eva) è l’aver ceduto all’autosufficienza (ouroboros), al desiderio, mangiando con avidità il frutto senza aver lavorato e senza preoccuparsi dell’armonia del giardino che era stato loro affidato. Il giardino è il simbolo biblico dell’incontro dell’uomo con Dio.
Siamo diventati la più implacabile macchina di distruzione del pianeta e procediamo a un ritmo tale da dar vita, secondo gli scienziati, addirittura a una nuova era geologica, l’Antropocene, caratterizzata proprio dall’impatto senza precedenti dell’azione umana sull’ambiente terrestre, in un sempre più drammatico stravolgimento degli equilibri naturali.
La stragrande maggioranza dell’umanità è totalmente ignorante dei processi naturali, della complessità della natura, della sua profonda vita di relazione reciproca, della sua tendenza verso l’alto e verso l’interno, verso la complessità, la consapevolezza e lo spirito.
«Quanto più cerco nella materia, tanto più incontro lo Spirito», diceva Teilhard de Chardin.
La maggior parte di noi, comprese le persone colte, a malapena sa poco o nulla di queste dimensioni che la nuova scienza ci rivela al giorno d’oggi.
Circa 400 anni fa, i vertiginosi progressi scientifici portarono alcuni a credere di essere ormai sul punto di conoscere tutto quello che c’era da sapere sulla Terra e che questo ci avrebbe trasformato in «padroni e signori della Natura», secondo la memorabile frase di René Descartes.
Diventarlo, dicevano, era quello che Dio aveva sempre voluto.
Quest’idea si mantenne per lungo tempo, finché ulteriori sviluppi della scienza ci insegnarono qualcosa di molto diverso.
Se sappiamo che il mondo non è come avevamo immaginato; se percepiamo noi stessi in altro modo; se la nostra condotta sbagliata ci ha messo su un cammino di autodistruzione… dobbiamo essere coerenti con questa nuova visione ecologica: è urgente abbandonare l’attuale modello di civiltà, volto interamente verso la «crescita economica», a costo della vita – che stiamo distruggendo nella nuova estinzione di massa che abbiamo scatenato.
L’ultima conferenza del clima, la COP21 di Parigi nel 2015, è stata una vergogna.
È stata fatta una buona diagnosi, ma non è stata adottata alcuna misura concreta per controllare il capitale. Al contrario, sono stati creati altri meccanismi affinché il capitale possa continuare a saccheggiare la natura, fino all’estremo di trasformare l’ossigeno delle nostre foreste in una nuova merce da vendere ai capitalisti che emettono l’anidride carbonica che ci uccide.
Gli Stati nazionali e i governi locali non hanno più la forza per controllare la furia del capitale.
Da qui l’irreversibilità della crisi mondiale.
La Santa Sede non si sta facendo intimidire, sapendo, come sa, che dire verità potenti provoca nemici potenti.
Viviamo in un tempo in cui manca il coraggio politico.
Siamo abituati a vedere i politici fare marcia indietro al primo segnale di contrarietà.
Per questo, dire verità controverse e non tirarsi indietro, quando a contrastarle sono interessi potenti, è qualcosa di profondamente innovativo nello scenario politico e assolutamente necessario nella realtà che stiamo vivendo.
Se l’epoca della scienza meccanicistica e riduzionista ha sottratto al mondo l’incanto, presentandolo come un mero deposito di risorse materiali, senz’anima, valide soltanto perché al nostro servizio, la scienza attuale è ben diversa, scoprendo ovunque i tratti della sua mirabile bellezza, la sacralità del mistero che attraversa tutto e il nostro stesso radicamento nel mistero cosmico.
Serve una presa di coscienza ecologica a favore di un’ecologia integrale con la quale trasformare e riconvertire tutto: stili di vita, sistema energetico e di produzione, pensiero…
Serve un nuovo modo di intendere il mondo, la materia, la vita, e noi stessi come parte di un universo pieno di mistero e di incanto, cogliendone la sacralità.