Il titolo dell’ultimo libro di Luciano Canfora, La grande guerra del Peloponneso, 447-394 a.C. (Laterza, 2024), rivela già nel sottotitolo una reinterpretazione radicale del più celebre conflitto dell’antica Grecia. La scelta di ampliare la cronologia tradizionale della guerra del Peloponneso, abitualmente fissata tra il 431 e il 404 a.C., invita a riflettere non solo sulla durata del conflitto, ma anche sulla sua natura e sul coinvolgimento di attori politici ed economici ben oltre i confini dell’Ellade.

Un nuovo paradigma storico: l’estensione cronologica

Canfora non si limita a reinterpretare la guerra come un evento trentennale, seguendo la narrazione di Tucidide. La sua scelta di estenderne la durata a quasi cinquant’anni, partendo dalla battaglia di Coronea nel 447 a.C. e concludendosi con lo scontro navale di Cnido nel 394 a.C., modifica la comprensione del conflitto. La battaglia di Coronea, segnata dalla perdita ateniese del controllo sulla Beozia, e la vittoria della flotta persiana a Cnido sotto il comando di Conone, sono i nuovi poli di un racconto che supera i limiti del tradizionale confronto Sparta-Atene.

Questa revisione non è solo temporale ma sistemica: Canfora amplia il numero e la qualità degli attori coinvolti, suggerendo che la guerra del Peloponneso possa essere vista come un “conflitto di frontiera” dell’impero persiano. Questa prospettiva restituisce al ruolo persiano una centralità spesso marginalizzata, riconoscendo la strategia persiana di sostenere alternativamente le due principali potenze greche per indebolirle entrambe.

Le domande universali della guerra

Nel lavoro di Canfora, la guerra del Peloponneso emerge come paradigma di tutte le guerre, un prisma attraverso cui osservare i conflitti di ogni epoca. Le domande fondamentali che Tucidide pone – perché scoppiò il conflitto e perché Atene soccombette – riecheggiano in ogni contesto storico. È inevitabile chiedersi: la guerra era davvero necessaria? I massacri potevano essere evitati?

Queste domande non riguardano solo il passato remoto, ma attraversano le epoche e giungono fino a noi. Canfora lega esplicitamente la guerra del Peloponneso al suicidio geopolitico dell’Europa del XX secolo, evocando analogie tra la Grecia classica e le guerre mondiali. Come l’Ellade, l’Europa di inizio Novecento, nel suo desiderio di dominio globale, implose, distruggendo sé stessa e declassandosi da centro del mondo a potenza di seconda fila.

Tucidide e la lezione della storia europea

La prospettiva tucididea di una “guerra trentennale” con una lunga interruzione interna è per Canfora applicabile alla storia moderna, in particolare al rapporto tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. Nel 1914, il conflitto tra la Germania guglielmina e il blocco anglo-francese sfociò in una guerra totale, le cui conseguenze furono devastanti a livello morale, materiale e sociologico. L’umiliazione imposta ai vinti, seguita dall’ascesa di regimi politici folli e irresponsabili, ripropose uno schema ciclico di violenza e distruzione.

Canfora evidenzia come la democrazia imperfetta di Atene, “imperialistica, rissosa e autodistruttiva”, sia stata la causa principale della sua sconfitta. Una democrazia che rifiuta la pace non è, secondo lo storico, una democrazia compiuta. Questo giudizio si presta a riflessioni anche sul presente: le democrazie contemporanee, spesso coinvolte in conflitti lontani, sono davvero in grado di perseguire il bene comune e la pace?

Le implicazioni contemporanee

La grande guerra del Peloponneso non è solo un’opera di revisione storica, ma anche una riflessione sulla politica e sui conflitti del nostro tempo. Canfora ci ricorda che le guerre, sebbene appaiano inevitabili per chi le scatena, sono sempre il risultato di scelte politiche. Anche nel 431 a.C., l’assemblea spartana decise di dichiarare guerra solo a maggioranza, ignorando gli appelli alla pace del re Archidamo.

Questo insegnamento appare universale: i conflitti non nascono per caso, ma per calcoli di convenienza che spesso si rivelano catastrofici. Come Tucidide aveva previsto, il logoramento reciproco tra Sparta e Atene lasciò il campo aperto a nuove potenze. Analogamente, le guerre europee del XX secolo spianarono la strada al dominio di potenze extraeuropee, in particolare Stati Uniti e Unione Sovietica.

La grande guerra del Peloponneso di Luciano Canfora non è solo una rilettura della storia antica, ma una lezione politica e morale per il presente. Allargando la prospettiva storica e geografica del conflitto, Canfora invita a riflettere sulle dinamiche di potere, sulle scelte politiche e sulle conseguenze della guerra. L’opera dimostra che, come nel V secolo a.C., anche oggi i conflitti sono frutto di decisioni umane che avrebbero potuto essere diverse. Una democrazia matura, conclude Canfora, non può prescindere dalla ricerca incessante della pace.