A cento anni dalla di Franco Basaglia (1924-2024) il suo lascito sociale e scientifico verso i malati psichiatrici è più che mai rilevante. Questo non solo per la sua eredità in campo medico, ma anche per l’impatto profondo che il suo pensiero ha avuto sulla nostra comprensione della dignità umana e della giustizia sociale. 

Nasceva infatti a Venezia l’11 marzo 1924 e avrebbe rivoluzionato il mondo della psichiatria e cambiato per sempre il modo in cui la società percepisce e tratta la malattia mentale. 

Prima di Basaglia, la malattia mentale era spesso trattata come un problema da isolare e nascondere. I manicomi, strutture in cui i pazienti venivano segregati e dimenticati, erano la manifestazione fisica di una società che preferiva ignorare la complessità della mente umana piuttosto che affrontarla con compassione e comprensione. Basaglia, attraverso la sua esperienza e il suo acume filosofico, comprese che la follia non era semplicemente una condizione clinica, ma spesso il prodotto di una società che non riusciva a tollerare la diversità e che imponeva rigide norme comportamentali.

L’intuizione di Basaglia, che “la cosiddetta follia è un prodotto della società”, fu rivoluzionaria. Egli non negava l’esistenza della malattia mentale, ma contestava con forza il modo in cui essa veniva trattata. Secondo Basaglia, la società stessa, con le sue regole costrittive e i suoi ritmi ossessivi, era complice nella creazione di molte delle condizioni che portavano alla “follia”. Questa visione lo portò a combattere strenuamente per chiudere i manicomi e restituire dignità ai pazienti, proponendo un modello di cura che mettesse al centro l’individuo, non come malato, ma come persona.

La sua opera culminò con la legge 180 del 1978, nota come “legge Basaglia”, che portò alla chiusura degli ospedali psichiatrici in Italia e alla creazione dei servizi territoriali pubblici di igiene mentale. Questa legge non solo trasformò il sistema sanitario italiano, ma ispirò un movimento globale per i diritti delle persone con malattie mentali.

Un aspetto cruciale della rivoluzione di Basaglia fu il suo rifiuto dell’idea che i pazienti psichiatrici dovessero essere trattati con sbarre, mezzi di contenzione o elettroshock. Al contrario, egli sosteneva che per “far tornare umani” questi individui fosse necessario restituire loro la dignità di cittadini, coinvolgendoli in attività quotidiane come il lavoro, la partecipazione a assemblee, e la vita sociale. Questo approccio, che mirava a creare “una società umana” sia dentro che fuori dall’ospedale, rappresentava una sfida diretta non solo al sistema sanitario, ma all’intera struttura sociale che lo sosteneva.

Ispiratore della legge 180 del 1978, con lui nacquero i servizi territoriali pubblici 
di igiene mentale. «Non negava la malattia, che conosceva bene,
ma seppe cogliere i rapporti tra malattia e società»

La pubblicazione del suo libro “L’istituzione negata” nel 1968 fu un ulteriore passo avanti nella diffusione delle sue idee. Questo testo divenne un manifesto per una nuova concezione della psichiatria, e la sua critica al sistema istituzionale si allargò fino a includere una critica alla società stessa. Basaglia, infatti, non vedeva la sua battaglia come isolata, ma come parte di un più ampio movimento per la giustizia sociale, che includeva la lotta degli operai, degli studenti, delle donne e dei popoli oppressi in tutto il mondo.

Oggi, a distanza di cent’anni dalla nascita di Basaglia, il suo insegnamento rimane attuale. La sua critica alla riduzione puramente biologica delle patologie psichiatriche ci ricorda che è fondamentale distinguere tra manifestazioni psichiatriche come espressioni di patologie neurologiche e comportamenti che sono il risultato di disadattamenti sociali. Questa distinzione non solo è essenziale per un trattamento medico etico e adeguato, ma anche per garantire che la società stessa non contribuisca alla stigmatizzazione e all’emarginazione di coloro che soffrono.

Il percorso tracciato da Basaglia ha portato alla nascita di Psichiatria Democratica, un movimento che continua a lottare per una psichiatria più umana e inclusiva. I cinquant’anni di questo movimento, celebrati lo scorso anno, sono una testimonianza vivente del potere delle idee di Basaglia e del loro impatto duraturo.

Ricordare Franco Basaglia significa celebrare un uomo che ha avuto il coraggio di sfidare l’establishment per restituire dignità e umanità ai più vulnerabili tra noi. La sua eredità ci invita a continuare a lottare per una società più giusta, in cui la malattia mentale non sia un motivo di esclusione, ma un’opportunità per dimostrare la nostra capacità di compassione e solidarietà.