Con la lettera apostolica in forma di motu proprio “Ad theologiam promovendam”, Papa Francesco ripristina il paradigma della teologia restituendola a una finalità evangelizzatrice che non prescinda dal popolo di Dio come luogo teologico e riveda la sterilità delle elucubrazioni disincarnate, motivo di divisione e segregazione ecclesiale a rischio di gnosticismo.
Il 1° novembre 2023, papa Francesco ha ufficializzato la lettera apostolica “Ad theologicam promovendam”.
Dopo la costituzione apostolica “veritatis gaudium” che trattava la formazione dei futuri chierici e teologi secondo il paradigma dell’interdisciplinarietà, il pontefice ribadisce che per promuovere la teologia non ci si può limitare a riproporre astrattamente formule e schemi del passato.
La bolla di chi vorrebbe rifugiarsi nella sicurezza scientifica dottrinalista viene sgonfiata dall’acume dell’uomo contemporaneo in una società e cultura in rapida e costante evoluzione.
Non è più possibile, ad esempio, affrontare da un punto di vista morale le questioni legate al rispetto della vita nascente o in fase terminale, riducendosi all’aspetto ontologico e ignorando la scienza biologica.
Il “Doctor communis” S. Tommaso d’Aquino, ad esempio, riteneva che l’anima informasse lo zigote dopo quaranta giorni dal concepimento e che la donna fosse un uomo mancato.
Tali interpretazioni culturalmente insostenibili, rischierebbero addirittura di legittimare l’aborto e il famigerato gender gap.
Sin dal suo primo discorso alla Curia Romana nel 2013, Papa Francesco raccoglieva la sfida di “un cambiamento d’epoca” e non solo di semplici cambiamenti epocali.
La Pontificia Accademia di Teologia, sorta agli inizi del XVIII secolo ha costantemente incarnato l’esigenza di porre la teologia a servizio della Chiesa e del mondo, modificando quando necessario la propria struttura e ampliando le proprie finalità: da iniziale luogo di formazione teologica degli ecclesiastici in un contesto in cui altre istituzioni risultavano carenti e inadeguate a tale scopo, a gruppo di studiosi chiamati a indagare e approfondire temi teologici di particolare rilevanza.
A una Chiesa sinodale, missionaria ed “in uscita” non può che corrispondere una teologia “in uscita”.
L’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Bergoglio, nella Lettera al Gran Cancelliere dell’Università Cattolica di Argentina, rivolgendosi a professori e studenti di teologia fià aveva le idee chiare e scriveva: «Non accontentatevi di una teologia da tavolino. Il vostro luogo di riflessione siano le frontiere. […] Anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini».
L’apertura al mondo, all’uomo nella concretezza della sua situazione esistenziale, con le sue problematiche, le sue ferite, le sue sfide, le sue potenzialità, non può però ridursi ad atteggiamento “tattico”, adattando estrinsecamente contenuti ormai cristallizzati a nuove situazioni, ma deve sollecitare la teologia a un ripensamento epistemologico e metodologico.
Partendo dal mistero trinitario del creatore e la fitta trama di relazioni essenziali che partecipa nello stesso senso alle creature, il Papa parla di transdisciplinarietà pensata «come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio».
Questo spiega anche la scelta della data poiché esiste un nesso tra la sapienza e la santità, la conoscenza e la libertà, il sapere e l’amore.
Il Beato Antonio Rosmini – che il Papa cita nel documento – «considerava la teologia una espressione sublime di “carità intellettuale”, mentre chiedeva che la ragione critica di tutti i saperi si orientasse all’Idea di Sapienza».
Una novità del documento è il “timbro” pastorale che la teologia nel suo insieme deve assumere.
È un’espressione di sano umanesimo del Terzo Millennio che porta a Dio con il metodo induttivo; è un’esperienza maieutica dal basso che è la stessa pedagogia di Cristo con i suoi discepoli.
Per questa via, la teologia può contribuire all’attuale dibattito di “ripensare il pensiero”, mostrando di essere un vero sapere critico in quanto sapere sapienziale, non astratto e ideologico, ma spirituale, elaborato in ginocchio, gravido di adorazione e di preghiera; un sapere trascendente e, al contempo, attento alla voce dei popoli, dunque teologia “popolare”, rivolta misericordiosamente alle piaghe aperte dell’umanità e del creato e dentro le pieghe della storia umana, alla quale profetizza la speranza di un compimento ultimo.
La teologia si pone in questo modo al servizio della evangelizzazione della Chiesa e della trasmissione della fede, perché la fede diventi cultura, cioè ethos sapiente del popolo di Dio, proposta di bellezza umana e umanizzante per tutti.