La visita di Papa Francesco in Belgio è stata accolta con speranza e attesa da molte vittime di abusi sessuali commessi da membri del clero. Tra loro c’è Jean-Marc Turine, scrittore e testimone oggi settantottenne di un passato oscuro che continua a tormentare la sua esistenza. La sua storia di sopravvissuto agli abusi perpetrati da alcuni padri gesuiti del Collegio Saint-Michel d’Etterbeek, a Bruxelles, è emblematica non solo del dolore personale, ma anche di un intero sistema che per decenni ha occultato e ignorato il grido di chi è stato vittima di violenze all’interno della Chiesa. Papa Francesco lo incontra questo pomeriggio a Bruxelles.

Jean-Marc Turine ha deciso di affrontare questo dolore scrivendo un libro, Révérends Pères, nel quale racconta il trauma e la sofferenza che lo hanno accompagnato dall’età di tredici anni. La scrittura, pur non avendolo completamente salvato, è stata uno strumento per esprimere una rabbia e un dolore altrimenti inenarrabili. Ma oggi, Turine e molte altre vittime non chiedono più solo di essere ascoltati: esigono azioni concrete, cambiamenti strutturali e, soprattutto, riconoscimenti pubblici e ufficiali da parte del Papa e della Chiesa. Questo appello è ben espresso nella lettera aperta indirizzata a Papa Francesco, firmata da Turine e da molte altre vittime nel mondo.

Un Messaggio di Verità e Coraggio: La Lettera Aperta al Papa

La lettera inviata a Papa Francesco non è solo un atto di accusa: è una richiesta di verità e di giustizia. Le vittime chiedono al Papa di fare ciò che nessun altro Pontefice ha fatto prima: parlare a tutte le vittime in modo diretto, riconoscendo la gravità e la sistematicità degli abusi come una “piaga universale” nella Chiesa, e non come episodi isolati. Turine e le altre vittime sottolineano che gli abusi sessuali non sono stati l’eccezione, ma una pratica diffusa e tollerata per decenni. Questo grido di dolore è accompagnato dalla richiesta di non sottrarsi alle responsabilità, ma di affrontare con coraggio le conseguenze di questi crimini.

Un passaggio chiave della lettera afferma: “Non sarebbe ammirevole che il suo viaggio in Belgio restasse nella storia come il momento decisivo in cui il capo della Chiesa cattolica si rivolge a tutte le vittime in tutto il mondo e riconosce la colpa della Chiesa?”. Le vittime sperano che Papa Francesco, noto per la sua sensibilità e la sua schiettezza nel parlare di questi temi, possa andare oltre i consueti discorsi di condanna e pentimento. Le parole, per quanto potenti, non sono più sufficienti: occorrono azioni tangibili, come l’introduzione di sistemi di compensazione e di memoriali permanenti per le vittime.

Le Richieste di Jean-Marc Turine e delle Vittime: Un Percorso di Giustizia

Nella lettera, le vittime avanzano alcune proposte specifiche per la Chiesa, che potrebbero rappresentare un punto di svolta nella gestione del problema degli abusi. Queste proposte meritano di essere analizzate nel dettaglio, poiché rappresentano il frutto di decenni di dolore e di riflessione:

1. Mandato Universale per le Iniziative Diocesane: Le vittime chiedono al Papa di dare mandato a tutti i vescovi, in ogni parte del mondo, di avviare iniziative locali che affrontino i crimini passati e presenti. In Belgio, i vescovi spesso si sono giustificati dicendo che le decisioni spettano solo al Papa e che non hanno il potere di agire. Questo immobilismo deve essere superato con un chiaro segnale da parte del Pontefice, che permetta alle diocesi di operare con trasparenza e tempestività.

2. Prevenzione e Formazione del Clero: È fondamentale che la Chiesa investa nell’educazione e nella formazione di tutto il clero, creando un ambiente in cui vittime, testimoni e persino potenziali autori di abusi si sentano incoraggiati a parlare liberamente. Ad oggi, il numero di vittime che ha avuto il coraggio di denunciare è ancora troppo basso. Questo dimostra che la cultura del silenzio e della paura è ancora forte. Cambiare questa cultura richiede non solo nuove leggi, ma un cambiamento radicale nel modo di percepire e affrontare il problema.

3. Sistema Universale di Riparazione Indipendente: Le vittime propongono la creazione di un organismo internazionale, esterno e indipendente dalla Chiesa, che gestisca i risarcimenti per i sopravvissuti. Le riparazioni finanziarie sono un atto dovuto, ma devono essere accompagnate da un riconoscimento pubblico della colpa. Questo organismo dovrebbe essere in grado di garantire un processo equo, trasparente e accessibile per tutte le vittime, indipendentemente dal luogo e dal contesto in cui sono avvenuti gli abusi.

4. Riflessione sul Celibato Obbligatorio: Le vittime, pur riconoscendo che il celibato obbligatorio non è la causa unica degli abusi, chiedono al Papa di avviare una seria riflessione su questa prassi. È paradossale che un sacerdote che si sposa legalmente sia immediatamente rimosso dal ministero, mentre un prete abusatore venga semplicemente trasferito o, nel peggiore dei casi, coperto. Questa discrepanza è inaccettabile e richiede una revisione dei criteri di idoneità al ministero.

5. Un Memoriale Permanente in Vaticano: La richiesta finale è quella di erigere un memoriale a Roma, in Piazza San Pietro, dedicato a tutte le vittime degli abusi commessi dalla Chiesa. I memoriali alle vittime delle guerre sono presenti in molte nazioni come segno di rispetto e riconoscimento del dolore e del sacrificio. Le vittime degli abusi nella Chiesa meritano lo stesso trattamento: un luogo visibile e accessibile, dove il loro dolore possa essere ricordato e dove la Chiesa possa impegnarsi a non dimenticare mai.

Il Ruolo della Speranza: “En Route Vers l’Espérance”

Il motto della visita, “En route vers l’Espérance”, è al tempo stesso un invito e una sfida. La “E” maiuscola sottolinea la dignità e la centralità di questa Speranza che non può essere semplicemente evocata, ma deve essere incarnata con gesti concreti. Come Jean-Marc Turine ha sottolineato, le vittime non cercano più discorsi ispirati: cercano giustizia e verità.

La Speranza per queste persone non è un concetto astratto. Essa si realizza solo quando le parole si traducono in azioni. La “E” maiuscola diventa allora il simbolo di una Speranza che nasce dalla verità, dalla giustizia e dalla riparazione. La Chiesa, se vuole davvero intraprendere questo “cammino verso la Speranza”, deve avere il coraggio di fare i conti con la propria storia e trasformare il dolore delle vittime in un punto di partenza per un rinnovamento autentico.

Una Chiesa in Cammino: Da Vittima a Sopravvissuta

Jean-Marc Turine si definisce un “sopravvissuto”, non una semplice vittima. Questo termine racchiude la forza di chi è riuscito a emergere dal proprio trauma e a farne una testimonianza di vita. La Chiesa dovrebbe assumere la stessa prospettiva: da istituzione ferita e colpevole, deve diventare essa stessa una “sopravvissuta”, che ha imparato dai propri errori e che si impegna a non ripeterli mai più.

Il futuro della Chiesa passa attraverso la capacità di ascoltare e di rispondere in modo concreto a queste richieste. Solo così la visita di Papa Francesco potrà realmente essere ricordata come un momento decisivo di riconciliazione e di Speranza con la E maiuscola.