In Italia, il diritto alla salute potrebbe presto diventare una questione di classe. La nuova manovra, all’esame del Parlamento, parla chiaro: diminuiscono gli stanziamenti per la sanità pubblica, mentre cresce il sostegno alla sanità privata. Il Fondo sanitario nazionale, destinato al settore pubblico, è in costante riduzione e si avvicina pericolosamente alla soglia del 6% del Pil, con prospettive di ulteriore calo fino al 5,9% entro il 2027. A fronte di questo taglio, la sanità privata sembra “brindare” ai nuovi finanziamenti, come sottolineato dalla soddisfazione di Gabriele Pelisserio, presidente dell’Aiop, associazione che rappresenta le strutture ospedaliere private.

Dov’è la centralità della salute?

Nel dibattito acceso tra governo e opposizione, non manca chi solleva dubbi. La segretaria confederale della Cgil, Daniela Barbaresi, critica la retorica del ministro Schillaci che parla di “salute al centro” per il governo. Ma i dati lo smentiscono: l’Italia, oggi il Paese del G7 con la spesa sanitaria più bassa rispetto al Pil e una delle spese pro capite minori d’Europa, sembra scivolare verso un modello che privilegia chi può permettersi cure private. Nel 2023, oltre 4 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi: tra i motivi, tempi di attesa lunghi e difficoltà economiche. A pagarne il prezzo sono i più vulnerabili.

Emergenza personale e risorse insufficienti

Aumentano i fondi per il settore privato, ma il personale medico e sanitario nel pubblico è in emergenza. Andrea Filippi, della Fp Cgil Medici, parla di una legge di bilancio che ignora la necessità di nuove assunzioni e di un intervento concreto sui contratti. Mentre il governo blocca il turnover, si prevede che nei prossimi anni mancheranno circa 40.000 medici e altrettanti infermieri, solo per coprire i pensionamenti. Questo taglio, unito alla carenza di investimenti in formazione e specializzazione, rischia di spingere la sanità pubblica verso il collasso.

Autonomia differenziata e disuguaglianze regionali

In un contesto in cui si parla di autonomia differenziata, le disuguaglianze già esistenti tra le regioni rischiano di acuirsi. Come evidenziato dal rapporto dell’Agenas sugli esiti delle cure ospedaliere, il divario regionale nella dotazione di personale sanitario è marcato, con regioni come Lombardia e Calabria che soffrono di gravi carenze rispetto a altre come il Trentino-Alto Adige. Se l’autonomia differenziata verrà attuata, c’è il rischio che il diritto alla salute dipenda sempre più dal luogo di residenza.

Lo sciopero generale: un segnale forte per difendere la sanità pubblica

La manovra 2025 viene percepita come un passo deciso verso una sanità per pochi, allontanando il sistema pubblico dall’obiettivo di universalità conquistato nel 1978. Davanti a questo scenario, la Cgil e la Uil hanno proclamato uno sciopero generale per il 29 novembre. Non si tratta solo di una rivendicazione salariale: è la difesa del diritto alla salute per tutti, senza distinzioni di reddito. Braccia incrociate e piazze piene saranno il segnale di una società che non vuole vedere la sanità pubblica relegata a una funzione marginale.