Il riarmo globale è tornato a essere il mantra del nostro tempo. Dopo anni in cui la parola “pace” sembrava ancora avere un peso, oggi si moltiplicano gli investimenti in armi, si torna a parlare di “ombrello nucleare” e si accarezza l’idea della deterrenza atomica come unico strumento per garantire la stabilità mondiale.

La retorica ufficiale è sempre la stessa: il mondo è instabile, le minacce sono crescenti, l’unico modo per difendersi è avere più armi dell’avversario. Un ragionamento che ha alimentato decenni di Guerra Fredda e che oggi, in un contesto ancora più frammentato e imprevedibile, viene riproposto come l’unica strada possibile. Ma davvero abbiamo bisogno di più testate nucleari, di più missili, di più bombe, di più eserciti?

Papa Francesco non ha dubbi: no, non ne abbiamo bisogno.

La profezia di Francesco: l’illusione della sicurezza attraverso il terrore

Con una lucidità che la storia purtroppo sta confermando, il Papa ha messo in guardia da anni contro il falso mito della deterrenza nucleare. Già nel 2017, Francesco denunciava la spirale della corsa agli armamenti, sottolineando come l’enorme quantità di risorse spese per le armi sottragga fondi a ciò che davvero servirebbe per costruire un mondo più giusto: la lotta alla povertà, la sanità, l’educazione, la tutela dell’ambiente, il rispetto dei diritti umani.

Nel 2019, da Nagasaki, una delle città martiri dell’atomica, ha ribadito il concetto:

“Il possesso di armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa non è la migliore risposta al desiderio di pace. Al contrario, sembra metterlo continuamente alla prova”.

In altre parole, la logica della deterrenza non garantisce la pace, ma alimenta la paura, il sospetto, la sfiducia tra i popoliSe la pace si fonda sulla paura della distruzione reciproca, possiamo davvero chiamarla pace?

Oggi, a distanza di pochi anni, quelle parole suonano più attuali che mai. La corsa agli armamenti nucleari non è più solo una minaccia latente, ma una realtà in espansione: Stati Uniti, Russia e Cina accumulano testate, l’Europa discute di un esercito comune, il Giappone e la Corea del Sud valutano nuove strategie difensive basate sulla deterrenza nucleare.

Intanto, la guerra è già tra noi: Ucraina, Medio Oriente, Africa, Asia. Non si combatte più tra blocchi contrapposti, ma in una frammentazione crescente che mina ogni possibilità di stabilità globale.

Il fallimento della diplomazia e l’ossessione per le armi

La vera tragedia di questa fase storica è che si è rinunciato alla diplomazia. Il dialogo tra Stati si è fatto fragile, le Nazioni Unite sembrano sempre più marginali, i negoziati vengono visti come un segno di debolezza invece che come una strada necessaria.

Il risultato è una spirale perversa: più tensioni ci sono, più si giustifica il riarmo; più ci si arma, più aumenta la tensione; più aumenta la tensione, più si parla di guerra.

Papa Francesco ha denunciato con forza questa logica autodistruttiva. Da Hiroshima, nel 2019, ammoniva:

“Se vogliamo costruire una società più giusta e sicura, dobbiamo lasciare che le armi cadano dalle nostre mani. Non si può amare con armi offensive in pugno”.

E ancora, con un appello che oggi suona drammaticamente attuale:

“Come possiamo proporre la pace se usiamo continuamente l’intimidazione bellica nucleare come ricorso legittimo per la risoluzione dei conflitti?”

Francesco non si è limitato a condannare l’uso delle armi nucleari, ma ha fatto un passo ulteriore: ha dichiarato immorale persino il loro possesso. Eppure, il mondo continua a credere che il deterrente nucleare sia una necessità, quasi un male minore.

Ma la domanda è: fino a quando?

Una follia senza fine: il peso delle armi nucleari nel mondo

Oggi nel mondo ci sono oltre 12.000 testate nucleari. Secondo la Federation of American Scientists, il quadro è inquietante:

• 88% delle testate è nelle mani di USA e Russia, con più di 5.000 ordigni ciascuno.

• In Europa, Francia e Regno Unito controllano circa 515 testate.

• Cina, India, Corea del Nord, Pakistan e Israele possiedono arsenali in crescita.

• Alcuni missili oggi hanno una potenza distruttiva mille volte superiore alle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.

In questo scenario, anziché cercare la denuclearizzazione, gli Stati stanno investendo miliardi nel potenziamento delle proprie capacità di attacco. Ci stiamo preparando alla guerra, non alla pace.

Disarmare la paura: un mondo senza armi nucleari è possibile?

La Chiesa non è ingenua. Francesco sa bene che la sicurezza internazionale è una questione complessa, che il rischio di aggressioni e conflitti è reale, che esistono minacce concrete.

Ma il Papa non propone un pacifismo ideologico o utopico. Egli invita il mondo a cambiare mentalità, a sostituire la logica della paura con una cultura della fiducia e della cooperazione.

Nel 2019, sempre a Nagasaki, disse:

“Un mondo senza armi nucleari è possibile e necessario”.

Non è un’utopia. È l’unica strada per evitare il baratro. Non possiamo costruire il futuro sulla paura, sulla minaccia della distruzione, sulla fiducia in un bottone che nessuno dovrebbe mai premere.

Eppure, oggi siamo ancora qui, a investire in arsenali, a giustificare la deterrenza, a credere che le armi siano la risposta.

Abbiamo bisogno di più armi? O di più coraggio?

Ogni giorno il mondo si avvicina sempre più al punto di non ritorno. Il rischio di una catastrofe nucleare è più alto di quanto vogliamo ammettere.

Di fronte a tutto questo, la voce di Francesco è una delle poche che parla di pace con radicalità. Non come uno slogan, ma come un imperativo morale, politico e umano.

La vera domanda che dobbiamo porci non è quante armi ci servono per difenderci, ma:

• Perché continuiamo a credere che la pace possa essere garantita dal terrore?

• Quale futuro stiamo costruendo se ci affidiamo solo alla paura e alla minaccia reciproca?

• Abbiamo ancora il coraggio di pensare alla pace senza armi?

Francesco ci sfida a scegliere. Tra un mondo sempre più armato, e un mondo finalmente libero dalla logica della guerra.

La strada è aperta. Abbiamo il coraggio di percorrerla?